L'alienista recensione serie tv

L’alienista, tratta dall’omonimo romanzo del 1994 di Caleb Carr, mette in scena le vicende legate ad alcuni misteriosi omicidi che a partire da quello del tredicenne Giorgio Santorelli, vede coinvolti bambini dediti alla prostituzione. in una New York del 1896, caratterizzata da una coltre nebbiosa in cui sembra che la verità rimanga imprigionata, si muove l’ambigua figura dell’alienista (Daniel Brühl), che nell’epoca in cui è ambientata la serie si occupa del trattamento di malattie mentali (o presunte tali).

 

Guardato spesso con sospetto, il personaggio del Dr. Laszlo Kreizler sembra essere l’unico in grado di combattere contro una spietata criminalità organizzata e la corruzione della polizia. Stando alle premesse, la serie dovrebbe immettersi nel redditizio filone che nel recente passato ha visto imporsi opere dimostratesi valide nella disamina di rinomati crimini storici (Peaky Blinders, American Crime Story), così come nel seguire da vicino le gesta e soprattutto i ragionamenti portati avanti da investigatori tutt’altro che ordinari (True Detective, Mindhunter). Ma se è vero che con tutta probabilità è questo uno dei migliori periodi per lanciare prodotti del genere, proprio alla luce del successo che riscontrano, va altrettanto considerato che lo spettatore è oggi più attento ed esigente di fronte ad un prodotto di questo tipo, il cui standard qualitativo ha raggiunto livelli degni di nota.

Forse è anche per questi termini di paragone che L’alienista fatica ad essere incisiva. Tra i personaggi principali oltre a quello dell’alienista Laszlo Kreizler, troviamo quello dell’illustratore John Moore (Luke Evans) e della segretaria della polizia Sara Howard (Dakota Fanning). Un primo punto di debolezza è proprio rappresentato dal personaggio dell’alienista, che risulta forse dotato di una caratterizzazione non abbastanza complessa da renderlo, come dovrebbe essere, il carismatico motore degli eventi. Prevale piuttosto lo stereotipo dell’investigatore che per individuare il colpevole deve riuscire ad immedesimarsi nella sua realtà, entrargli nella mente per comprenderne il disegno. L’aura di saggezza che lo circonda sembra sin troppo caricata, finendo così paradossalmente ad inficiare la credibilità e il fascino del personaggio stesso.

L'alienistaQuesta tendenza all’eccessiva enfatizzazione la si ritrova spesso anche su altri livelli della messa in scena, ben esemplificata già nella prima sequenza con un complesso movimento di macchina che, partendo dall’alto, arriva fin dentro un’orbita oculare di un corpo tragicamente mutilato. Si tratta di espedienti che anziché accrescere la tensione e lo sdegno favoriscono esattamente l’effetto opposto, rivelando la finzione di cui sono costituiti. Ciò non toglie che, seppur con qualche accento di troppo, complessivamente la serie risulti godibile.

Diverse sono le tematiche affrontate che rendono variegata la narrazione. Si parla di una società in cui è vivo lo scontro fra tradizione e nuove tendenze, di cui l’alienista stesso si erge come rappresentante, così come il personaggio interpretato da Dakota Fanning, prima donna a lavorare per il corpo di polizia della città. John Moore è invece colui che maggiormente rimane vittima di ciò che accade, sopraffatto dai sentimenti e la cui visione del mondo, coincide con quella dello spettatore.

 

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RASSEGNA PANORAMICA
Francesco Bianco
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