Alexander: la spiegazione del finale del film

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Con Alexander (2004), Oliver Stone affronta uno dei soggetti più ambiziosi della sua filmografia, confrontandosi con il mito di Alessandro Magno dopo aver già esplorato figure storiche e politiche complesse come JFK, Nixon e Jim Morrison. Questo film storico si inserisce coerentemente nel percorso di Stone come autore interessato ai grandi personaggi che hanno segnato la Storia, osservati però da una prospettiva problematica, contraddittoria e spesso intima. Alexander rappresenta così il tentativo di trasporre su scala epica le ossessioni del regista per il potere, l’eredità e il rapporto tra individuo e Storia.

La principale fonte d’ispirazione del film è costituita dalle opere degli storici antichi, in particolare Plutarco, Arriano e Quinto Curzio Rufo, filtrate però attraverso una sensibilità moderna. Stone non punta a una ricostruzione puramente didascalica, ma a un racconto soggettivo e frammentato, che alterna grandi battaglie, intrighi di corte e riflessioni interiori. Il film si colloca nel genere del kolossal storico, ma lo contamina con elementi del biopic psicologico, allontanandosi dal modello classico del peplum per proporre una visione più ambigua e meno celebrativa dell’eroe.

Al centro di Alexander emergono temi ricorrenti nel cinema di Stone: l’ambizione smisurata, il desiderio di trascendenza, il conflitto tra destino personale e responsabilità politica, oltre al rapporto irrisolto con le figure genitoriali. La conquista del mondo diventa progressivamente una discesa nella solitudine e nell’incomprensione, mentre l’idea di impero universale si scontra con i limiti umani del protagonista. Nel resto dell’articolo, ci concentreremo sulla spiegazione del finale del film, analizzando come Stone chiuda il racconto di Alessandro e il senso ultimo della sua parabola.

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Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander
Angelina Jolie e Colin Farrell in Alexander

La trama e il cast di Alexander

Il faraone Tolomeo narra alla sua corte la storia di Alessandro (Colin Farrell), figlio del re macedone Filippo (Val Kilmer) e di Olimpiade (Angelina Jolie). Quest’ultima vorrebbe plasmarlo sul modello dell’indomito Achille e assicurarsi che sia un re glorioso. Il giovane Alessandro intraprende quindi l’addestramento militare con Efestione (Jared Leto), studia i miti antichi e la filosofia con il maestro Aristotele (Christopher Plummer) e rende orgoglioso suo padre, addomesticando il fiero cavallo Bucefalo. Olimpiade, inoltre, suggerisce a suo figlio di creare una propria discendenza prima di partire per la guerra, così da non dover temere di perdere il trono.

Il ragazzo, tuttavia, rifiuta poiché innamorato di Efestione. Alla morte di FilippoAlessandro gli succede e diventa deciso a conquistare il mondo. Tuttavia, i generali mostrano ben presto i primi segni di malcontento e Olimpiade invita suo figlio a guardarsi dai suoi alleati. Ad eccezione di Efestione e dell’eunuco Bagoa (Francisco Bosh), infatti, nessun generale condivide il pensiero di Alessandro sullo scopo della guerra: portare cultura e libertà a tutti i popoli. Alessandro si ritrova così sempre più isolato, a contemplare la sua vita, consumata dai suoi sogni e dalle sue ambizioni.

La spiegazione del finale del film

Nel terzo atto Alexander spinge l’esercito oltre ogni limite, convincendo soldati esausti a seguirlo nella battaglia dell’Idaspe, la più sanguinosa e simbolica del film. Ferito gravemente da una freccia, sopravvive e viene celebrato come semidio, ma il trionfo è già incrinato. Il ritorno dall’India segna l’inizio della fine: la morte di Efestione, colpito dal tifo, spezza definitivamente l’equilibrio emotivo del sovrano. A Babilonia, tra banchetti e vino, Alexander crolla improvvisamente, mentre il suo impero resta sospeso tra ambizione divina, solitudine assoluta e presagi di una caduta inevitabile che nessuno può arrestare.

Il film si chiude sul letto di morte di Alexander, circondato da generali pronti a spartirsi il potere più che a piangere il loro re. Bagoas veglia il corpo, mentre l’impero inizia a dissolversi ancora prima dell’ultimo respiro. È Tolomeo, ormai anziano, a rivelare la verità: Alexander fu avvelenato dagli stessi uomini che lo seguirono nelle conquiste. Tuttavia, la Storia registrerà una morte per malattia. L’epilogo sulle memorie perdute della Biblioteca di Alessandria suggella la fine del mito, lasciando solo frammenti, interpretazioni e una leggenda destinata a sopravvivere nei secoli.

Jared Leto e Colin Farrell in Alexander
Jared Leto e Colin Farrell in Alexander

Il finale di Alexander ribalta la retorica del conquistatore invincibile, mostrando come l’espansione infinita coincida con un progressivo svuotamento umano. La vittoria militare dell’Idaspe non è un compimento, ma l’ultimo atto di hybris, preludio alla perdita più dolorosa: Efestione. Con la sua morte, Alexander perde il legame affettivo che lo ancorava alla realtà. Stone suggerisce che l’impero universale nasce da un desiderio intimo e irrisolto, destinato a consumare chi lo insegue fino all’autodistruzione. La grandezza storica diventa così una maschera fragile, incapace di proteggere l’uomo dalle proprie ossessioni interiori profonde.

La rivelazione finale di Tolomeo introduce un’ulteriore ambiguità, centrale nel cinema di Oliver Stone: la distanza tra verità e racconto ufficiale. Il possibile avvelenamento non serve a riscrivere i fatti, ma a sottolineare come la Storia sia costruita dai vincitori e dai sopravvissuti. Alexander muore due volte, come uomo e come mito, manipolato anche dopo la fine. La perdita delle memorie nella Biblioteca di Alessandria rafforza l’idea di un’eredità frammentata, in cui il senso ultimo resta irraggiungibile tra potere, memoria e narrazione politica che sopravvive al tempo e agli uomini.

Alexander lascia allo spettatore un messaggio amaro e profondamente moderno: nessuna conquista esterna può colmare un vuoto interiore. Il film invita a guardare oltre l’epica delle battaglie per interrogarsi sul costo umano del potere e dell’ambizione assoluta. La figura di Alexander diventa un monito sulla solitudine di chi si crede predestinato e sulla fragilità dei sogni imperiali. Ciò che sopravvive non è l’impero, ma il bisogno umano di raccontare, interpretare e dare senso a ciò che resta, anche quando la verità si perde nella leggenda e nel tempo storico collettivo.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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