Bugonia, il nuovo film del regista Yorgos Lanthimos, non lascia molti punti oscuri al suo pubblico. La storia, adattamento di un film sudcoreano del 2003 intitolato Save the Green Planet!, segue Teddy (Jesse Plemons) e suo cugino Don (Aidan Delbis), che rapiscono Michelle Fuller (Emma Stone), la celebre amministratrice delegata di una grande azienda farmaceutica. Teddy, ossessionato dalle teorie del complotto, è convinto che Fuller sia in realtà un’aliena che lavora segretamente per distruggere il pianeta.
Il teso confronto tra Teddy e Michelle solleva molte domande, e per la maggior parte il film offre delle risposte. Tuttavia, una cosa che Bugonia non spiega è proprio il titolo – e non è stato scelto soltanto perché “suona bene”.
Il significato letterale di Bugonia e perché i cineasti l’hanno scelto
La parola “bugonia”, che in greco antico significa letteralmente “nascita dal bue”, si riferisce a un rituale descritto in alcuni testi del Mediterraneo antico, tra cui il poema Georgiche di Virgilio. Il rito consisteva nel sacrificare una mucca affinché dal suo corpo potessero generarsi spontaneamente delle api.
Secondo un commento alle Georgiche scritto da Elizabeth Manwell per il Dickinson College, la bugonia ha una qualità misteriosa: è descritta nei testi agricoli come una pratica istruttiva e concreta per aiutare gli apicoltori a ripopolare gli alveari, anche se è improbabile che persone così attente alla natura credessero davvero nella sua efficacia. Inoltre, a differenza della maggior parte dei sacrifici animali, questo non prevedeva lo spargimento di sangue, e per questo comportava una grande sofferenza per l’animale.
Perché scegliere questo titolo per il film? Il collegamento con le preoccupazioni di Teddy per la moria delle api è evidente, e in un’intervista con The Independent, lo sceneggiatore Will Tracy conferma che il termine può essere letto anche in senso metaforico:
“Si può considerare come una metafora della vita contemporanea — certamente americana — o, se si vuole, della civiltà umana in generale. Qualcosa di nuovo, una nuova forma di vita, potrebbe sorgere dalle ceneri di ciò che è corrotto. È un modo possibile di vederla.”
Nella stessa intervista, Tracy ammette però che la parola aveva anche un valore estetico per i cineasti, indipendentemente dal suo significato. Come titolo, l’assenza di una conoscenza diffusa del termine gli conferisce un fascino particolare:
“Penso che ci piacesse anche l’ambiguità del titolo. Sembra un insetto, o forse un fiore, o qualcosa di alieno, ma anche un luogo che potrebbe trovarsi sulla Terra. Potrebbe perfino sembrare il nome di una malattia. Quindi sì, la sua vaghezza ci attirava molto.”
In un certo senso, dunque, Bugonia è stato scelto anche perché “suona bene”. Ma l’ambiguità di cui parla Tracy è parte integrante del suo fascino. È comunque interessante riflettere sul legame tra il titolo e la trama del film, soprattutto in relazione al rituale che esso descrive, perché può offrire una chiave di lettura per il finale.
Il finale di Bugonia non è così cupo come sembra
Attenzione: seguono importanti spoiler sul finale di Bugonia
Il titolo si collega in modo diretto all’interesse del film per le api e per il fenomeno del collasso delle colonie, che Teddy attribuisce a un complotto alieno proveniente dalla galassia di Andromeda, attuato attraverso un composto chimico prodotto dall’azienda di Michelle. Quest’ultima respinge l’accusa, sostenendo invece che la colpa sia dell’umanità e della sua indifferenza verso l’ambiente, aggiungendo che la situazione delle api sta migliorando proprio grazie ai suoi interventi.
Nonostante sia difficile stabilire quanto delle sue parole sia vero, la rivelazione che Michelle sia davvero un’aliena dà una certa credibilità alla sua versione dei fatti. Dopo aver tentato di dare agli esseri umani la possibilità di cambiare e convivere in armonia con la natura, gli Andromedani decidono infine che la nostra specie non merita di essere salvata. Il film si conclude con l’eliminazione simultanea di ogni essere umano sulla Terra, i cui corpi collassano dovunque si trovino.
Molti spettatori hanno interpretato Bugonia come un film dal messaggio particolarmente cupo, e questo finale ne sarebbe la prova principale. In questa lettura, l’annientamento della specie umana appare quasi una speranza per il resto della vita sulla Terra: un sacrificio incruento, simile alla bugonia, attraverso cui le api e la natura possono rigenerarsi. In fondo, sembra dire il film, ce la siamo cercata.
Tuttavia, il film potrebbe non essere così pessimista come appare. Il commento di Manwell alle Georgiche contiene un passaggio che sottolinea non solo l’impossibilità del rituale, ma anche la sua natura di illusione:
“Solo in questa terra del mai i problemi umani del lavoro e della fatica che definiscono la vita del contadino potrebbero risolversi così facilmente. Per l’agricoltore reale che perde le sue colonie di api, non esiste una soluzione magica. Il lavoro è duro, il tempo è lungo, e le tempeste e le pestilenze dei libri precedenti mostrano che ciò che Giove dona è altrettanto facile che lo riprenda. E, come hanno notato più studiosi, se hai la fortuna di possedere un vitello forte e sano, perché mai dovresti sacrificarlo per un alveare?”
Bugonia è profondamente immerso nel mondo delle teorie del complotto, e la convinzione di Teddy riguardo a un piano alieno può rappresentare tutti i falsi nemici cui le persone attribuiscono la colpa dei propri mali. Egli crede che basti negoziare la pace con un impero intergalattico per fermare il cambiamento climatico. Tuttavia, facendolo avere ragione su quasi tutto alla fine, il film rafforza l’irrealismo del suo punto di vista.
Nel mondo reale, non esiste una soluzione semplice a un problema tanto complesso. Anzi, come suggerisce Lanthimos, la soluzione più “semplice” per il pianeta sarebbe la sparizione improvvisa dell’umanità — ma neppure questo accadrà.
In definitiva, Bugonia non vuole dirci che siamo condannati, bensì che cedendo al pensiero magico invece di affrontare la realtà, rischiamo di condannarci da soli.
Nella nostra recensione, scriviamo di Bugonia: “Le tinte da thriller cospirazionale, già parzialmente esplorate nel secondo segmento di Kinds of Kindness, diventano in Bugonia spunto di indagine emotiva: dietro a ogni complotto intravisto, a ogni manipolazione effettuata, si nasconde in realtà un’enorme sofferenza, almeno da parte di chi inizialmente avremmo solo disprezzato.”

