Inferno: la spiegazione del finale del film con Tom Hanks

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Diretto da Ron Howard, Inferno (qui la recensione) è la trasposizione cinematografica dell’omonimo romanzo di Dan Brown, pubblicato nel 2013. Quarto libro con protagonista il professore di simbologia Robert Langdon, è il terzo a essere adattato per il grande schermo dopo Il codice da Vinci (2006) e Angeli e Demoni (2009). Il romanzo, come i precedenti, combina enigmi storici, arte e scienza in una narrazione densa di colpi di scena, ma rispetto ai titoli precedenti si spinge più in là nella riflessione sul presente, affrontando tematiche legate alla sovrappopolazione e alle sue conseguenze globali.

Inferno rappresenta infatti il capitolo più visionario della trilogia, con l’azione che si sposta dal mistero archeologico alla crisi globale. Rispetto ai capitoli precedenti, il film introduce una riflessione più profonda e urgente su tematiche globali. Il fulcro è il dilemma bioetico legato al destino dell’umanità in un pianeta sovrappopolato: si tratta di una minaccia astratta, ma più che mai attuale, che il film esplora attraverso un’oscura rete di simboli danteschi e teorie futuristiche. Il riferimento all’Inferno dantesco non è però soltanto scenografico o metaforico, ma funziona come struttura simbolica che richiama l’idea di un’umanità in caduta libera, in cerca di redenzione.

 

Inferno pone dunque lo spettatore di fronte a domande inquietanti: è giusto sacrificare parte dell’umanità per salvarne il futuro? Chi ha il diritto di decidere? In questo senso, il film si colloca in una tradizione di thriller etici che interrogano i limiti della scienza e il ruolo della responsabilità individuale. Anche se travestita da intrattenimento ad alta tensione, la narrazione del film richiama con forza la necessità di un pensiero critico e consapevole, capace di affrontare i dilemmi del presente. In questo articolo, esploriamo dunque tali dinamiche con la spiegazione del finale del film.

Tom Hanks e Felicity Jones in Inferno
Tom Hanks e Felicity Jones in Inferno. Foto di Jonathan Prime – © 2016 CTMG, Inc. All Rights Reserved.

La trama e il cast di Inferno

Il professore di simbologia, Robert Langdon (Tom Hanks), si sveglia in un ospedale di Firenze afflitto da una grave amnesia, dopo essere stato raggiunto da un colpo d’arma da fuoco. Pochi giorni prima, il miliardario Bertrand Zobrist (Ben Foster) era stato intercettato dalla polizia italiana, prima che potesse provocare un’epidemia di peste nel capoluogo toscano. L’uomo, completamente ossessionato da Dante Alighieri e dal terrore per l’incontrollabile crescita demografica, si era gettato da un campanile pur di non cedere le fiale con il potente virus. In ospedale, la dottoressa Sierra Brooks (Felicity Jones) si prende cura di Langdon ma la quiete è interrotta dall’arrivo di una donna in uniforme che ha intenzione di uccidere lo studioso.

Sienna riesce a portare Langdon al sicuro, mentre l’uomo ha apocalittiche visioni sul futuro, incentrare sull’Inferno di Dante. Approfittando del computer di Sienna, Langdon trova una mail inviata dall’amico Ignazio Busoni, che lo informa di essere ricercato dalla polizia e nomina Zobrist, senza tuttavia spiegare le dinamiche della vicenda. Non potendo ricordare cosa accaduto, l’uomo compie una serie di ricerche che conducono all’indizio “Paradiso 25” e ad un micro-proiettore, contenente la mappa dell’inferno dantesco disegnata dal Botticelli. Confuso dalle visioni, dai ricordi che tornano a galla e dai simboli, Langdon parte per Venezia dove coglie un collegamento tra i suoi studi e Zobrist. L’uomo, tuttavia, ignora di  essere terribilmente vicino al pericolo.

La spiegazione del finale

Nel concitato atto finale di Inferno, Robert Langdon e la dottoressa Sienna Brooks arrivano infine a Istanbul, dove scoprono che il virus creato dal miliardario Bertrand Zobrist è stato nascosto all’interno della Cisterna Basilica, un antico sito sotterraneo della città. Il piano di Zobrist, già suicidatosi all’inizio del film, prevedeva la diffusione di un virus capace di sterilizzare una parte significativa della popolazione mondiale, come risposta estrema al problema della sovrappopolazione globale. La corsa contro il tempo per fermare la diffusione del virus si fa sempre più frenetica: Langdon, aiutato dall’OMS e da Elizabeth Sinskey, deve decifrare gli ultimi indizi contenuti nel poema dantesco per localizzare il virus prima che venga rilasciato.

Felicity Jones e Tom Hanks in Inferno
Tom Hanks e Felicity Jones in Inferno. Foto di Jonathan Prime – © 2016 CTMG, Inc. All Rights Reserved.

La rivelazione decisiva avviene quando si scopre che Sienna, presentatasi inizialmente come alleata, è in realtà una seguace di Zobrist e intende completarne il piano. Convinta che l’umanità sia destinata all’autodistruzione se non si interviene drasticamente, Sienna si oppone a ogni tentativo di neutralizzare il virus. Tuttavia, il suo piano subisce una battuta d’arresto: l’intervento dell’OMS, coadiuvato da Langdon, riesce a individuare la sacca contenente il virus all’interno della cisterna, sommersa nell’acqua, dove un dispositivo a rilascio temporizzato avrebbe disperso l’agente patogeno. Dopo un confronto fisico e psicologico all’interno del sito, Langdon riesce a evitare il disastro: la borsa viene messa in sicurezza e il virus non si diffonde.

Sienna muore durante il tentativo di portare a termine la missione, sacrificandosi per una causa che riteneva giusta ma che il film, nella sua morale, condanna come estrema e disumanizzante. Il finale di Inferno pone così il dilemma morale al centro della narrazione: da una parte, la razionalità scientifica portata all’estremo, che giustifica la sterilizzazione di massa come soluzione a un problema globale; dall’altra, la fede nell’umanità e nella cooperazione internazionale come unica via etica per affrontare le crisi del presente. Langdon rappresenta la coscienza critica, la figura che, pur comprendendo la gravità del problema, rifiuta soluzioni radicali e irreversibili.

Infine, la pellicola chiude con un tono riflessivo: Langdon restituisce un oggetto simbolico – la maschera di Dante – al museo di Firenze, completando il cerchio dell’arte come memoria e monito. L’epilogo non celebra un trionfo eroico, bensì sottolinea la fragilità del nostro equilibrio globale e la necessità di affrontare i dilemmi etici con trasparenza e responsabilità. Il virus non è stato liberato, ma la minaccia resta viva sotto forma di domande aperte: come conciliare progresso scientifico e umanità? Chi decide il destino collettivo? Inferno, nel suo finale, si fa portavoce di un messaggio inquietante ma necessario: il futuro non si può salvare con la paura, ma con la consapevolezza.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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