Uscito nel 2001 e diretto ancora una volta da Stephen Sommers, La mummia – Il ritorno riprende le avventure di Rick e Evelyn O’Connell dopo il grande successo del primo film del 1999. Ambientato quasi dieci anni dopo gli eventi de La mummia, il sequel espande notevolmente l’universo narrativo introducendo nuovi personaggi, creature mitologiche e un respiro ancora più epico. Tra le principali novità spiccano il figlio della coppia, Alex, e soprattutto la figura del Re Scorpione, interpretato da Dwayne “The Rock” Johnson, al suo esordio cinematografico. Un capitolo più ambizioso, che mescola azione, mitologia e avventura in un racconto visivamente travolgente.
Come il suo predecessore, La mummia – Il ritorno si inserisce nel solco dei grandi film d’avventura hollywoodiani ispirati ai mostri classici della Universal, ma accentua l’aspetto spettacolare e fantastico, avvicinandosi al cinema d’azione moderno. Sommers costruisce un ritmo serrato fatto di inseguimenti, magie e battaglie, sostenuto da effetti speciali all’avanguardia per l’epoca. Il risultato è un film che unisce il fascino retrò dei serial anni ’30 con l’energia dei blockbuster contemporanei, trasformando la leggenda di Imhotep in una saga più ampia, dal tono mitologico e quasi da epopea.
Tematicamente, il film approfondisce il legame familiare, la reincarnazione e il destino, contrapponendo l’amore eterno di Rick ed Evelyn alla brama di potere di Imhotep e Anck-su-namun. L’avventura si spinge così oltre l’orrore soprannaturale, per diventare una riflessione sulla vita, la morte e l’immortalità. Nel resto dell’articolo, ci concentreremo proprio su questo: la spiegazione del finale de La mummia – Il ritorno, analizzando il modo in cui conclude la storia e chiude il cerchio aperto dal primo capitolo.
La trama di La mummia – Il ritorno
Dieci anni dopo aver rimandato l’immortale mummia Imhotep nel mondo dei morti, Rick O’Connell (Brendan Fraser) e sua moglie Evelyn (Rachel Weisz) vivono a Londra con il loro figlioletto Alex. Sempre alla ricerca di reperti del passato, i due durante un’esplorazione in un antico tempio a Tebe, trovano il misterioso bracciale di Anubi. Rientrati in patria, la coppia decide però di abbandonare quella vita pericolosa e restare a Londra. Nel frattempo, Alex, infilandosi il bracciale all’insaputa dei genitori, ha una mistica visione dell’oasi di Ahm Sher e subito dopo un’oscura setta egiziana attacca la famiglia.
La setta cerca il bracciale, che è però sigillato al polso del bambino. Il culto, guidato dal curatore del British Museum e da una donna di nome Meela Nais (Patricia Velasquez), che è la reincarnazione dell’amore di Imhotep Anck-su-namun, vuole far risorgere nuovamente l’antica mummia e usare il suo potere per sconfiggere il Re Scorpione, dandogli il comando dell’esercito di Anubi per conquistare il mondo. Rick ed Evelyn accompagnati dal pauroso fratello di lei, Johnatan (John Hannah), e dal guerriero Medjai, Ardeth Bay devono dunque impedire il ritorno della mummia e salvare Alex, che nel frattempo è stato rapito.
La spiegazione del finale del film
Nel terzo atto de La mummia – Il ritorno i protagonisti arrivano all’oasi di Ahm Shere, luogo mitico in cui giace il potere di Anubis e dove il Re Scorpione può essere risvegliato. Dopo una lunga serie di inseguimenti e battaglie, Rick riesce a salvare il figlio Alex, ma la situazione precipita quando Evelyn viene uccisa da Anck-su-namun. Mentre Imhotep entra nella piramide per evocare l’esercito di Anubis, Rick e Jonathan si uniscono per salvare sia la moglie sia l’umanità intera. All’interno della piramide, Imhotep perde i suoi poteri, trovandosi costretto ad affrontare il Re Scorpione in forma mortale. Rick, guidato dai geroglifici, scopre che il bastone di Jonathan è in realtà la leggendaria Lancia di Osiride, l’unica arma in grado di uccidere la creatura.
La battaglia finale si trasforma in un intreccio di duelli e sacrifici. Evelyn viene riportata in vita grazie al Libro dei Morti, mentre all’esterno l’esercito dei Medjai affronta eroicamente le orde infernali di Anubis. Rick affronta il Re Scorpione in uno scontro violento e spettacolare, riuscendo infine a trafiggerlo con la lancia e a rimandare il suo esercito negli inferi. Con la morte del Re Scorpione, la piramide comincia a crollare, trascinando con sé tutto ciò che resta dell’oasi. Imhotep e Rick restano sospesi sul bordo di un abisso, ma mentre Evelyn rischia la vita per salvare il marito, Anck-su-namun fugge abbandonando Imhotep al suo destino. Devastato dal tradimento, il sacerdote sceglie di lasciarsi cadere nell’oltretomba, ponendo così fine alla sua eterna maledizione.
Il finale di La mummia – Il ritorno completa idealmente l’arco narrativo iniziato nel primo capitolo, contrapponendo due amori di natura opposta: quello puro e disinteressato tra Rick ed Evelyn e quello egoista e distruttivo tra Imhotep e Anck-su-namun. L’eroe e la sua compagna rappresentano la forza del legame umano, capace di sconfiggere la morte e il male, mentre la coppia di antagonisti incarna la corruzione dell’amore quando diventa possesso. La decisione di Evelyn di rischiare la vita per Rick segna il culmine emotivo del film e suggella il valore del sacrificio, in netto contrasto con la codardia di Anck-su-namun, che invece preferisce fuggire piuttosto che salvare l’uomo che diceva di amare.
Da un punto di vista simbolico, la caduta di Imhotep è la chiusura perfetta del suo arco tragico. Dopo due film passati a inseguire l’immortalità e il potere, il suo destino si compie nella consapevolezza che nulla di eterno può nascere dal male. Il suo ultimo sguardo verso Rick ed Evelyn suggerisce un momento di lucidità, quasi un riconoscimento della superiorità dell’amore sincero su quello ossessivo. La distruzione dell’oasi e della piramide simboleggia la fine del ciclo della maledizione e la liberazione delle anime imprigionate da Anubis, restituendo un equilibrio tra mondo dei vivi e mondo dei morti.
Alla fine, La mummia – Il ritorno ci lascia un messaggio chiaro: l’amore e la lealtà sono più forti della morte e del potere. Rick ed Evelyn, sopravvissuti insieme alla furia degli dei e ai capricci dell’immortalità, incarnano la resilienza umana di fronte a forze sovrannaturali. L’avventura, pur nel suo tono spettacolare e mitologico, diventa così una riflessione sulla natura del legame umano, sul coraggio di affrontare l’ignoto e sulla necessità di lasciare andare ciò che non può durare in eterno. Un epilogo avventuroso e romantico che, tra azione e sentimento, chiude degnamente una delle saghe più amate del cinema d’avventura moderno.