Vampires: la spiegazione del finale del film di John Carpenter

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Diretto da John Carpenter, Vampires (1998), rappresenta un capitolo significativo ma spesso sottovalutato nella filmografia del maestro dell’horror americano. Conosciuto per capolavori come Halloween (1978), 1997: Fuga da New York (1981), La cosa (1982), Carpenter ha costruito la propria poetica visiva e narrativa su un senso di inquietudine esistenziale, figure emarginate e mondi al collasso. Con Vampires, il regista si cimenta in una rilettura moderna e brutale del mito del vampiro, filtrata attraverso un’estetica western e action. Il film segna anche uno degli ultimi lavori di Carpenter degli anni ’90, prima di un periodo di allontanamento dal cinema, e rappresenta quindi una sintesi amara e crepuscolare di molte delle sue ossessioni tematiche e stilistiche.

Nel film si ritrova il gusto carpenteriano per i protagonisti borderline, duri e disillusi, insieme a una riflessione sul male come forza arcaica e indistruttibile. L’approccio al genere vampiresco è qui spogliato da ogni romanticismo gotico: i vampiri di Carpenter sono mostri predatori, incarnazioni fisiche del male assoluto, contro cui si battono cacciatori guidati più dalla vendetta che da un ideale eroico. In questo scenario, il regista inserisce la sua classica atmosfera da frontiera, con ambientazioni polverose e personaggi segnati dal trauma e dalla solitudine. Il tono del film, infine, è spietato e nichilista, coerente con la visione del mondo che Carpenter ha sviluppato lungo tutta la sua carriera.

Anche per questi motivi, la ricezione di Vampires fu divisa: la critica americana fu in parte tiepida, accusando il film di eccessi di violenza e di una sceneggiatura discontinua, mentre in Europa fu accolto con maggiore entusiasmo. Il pubblico accolse invece il film con interesse moderato: fu un discreto successo al botteghino, specialmente per gli standard delle produzioni indipendenti horror del periodo. Con il tempo, però, Vampires ha guadagnato una reputazione cult, grazie al suo stile ibrido e alla performance ruvida di James Woods, che incarna perfettamente il tono sporco e disilluso della narrazione carpenteriana. In questo approfondimento, esploriamo i temi del film attraverso la spiegazione del suo finale.

James Woods, Daniel Baldwin, Mark Boone Junior, Thomas Rosales Jr., David Rowden, Gregory Sierra e Cary-Hiroyuki Tagawa in Vampires
James Woods, Daniel Baldwin, Mark Boone Junior, Thomas Rosales Jr., David Rowden, Gregory Sierra e Cary-Hiroyuki Tagawa in Vampires

La trama e il cast di Vampires

Il film segue le vicende di Jack Crow (James Woods) e della sua squadra di cacciatori di vampiri. Una sera, dopo essere rientrati in albergo da una battuta di caccia, si ritrovano a bere e a divertirsi con delle prostitute. Proprio durante i bagordi vengono attaccati all’improvviso da Valek (Thomas Ian Griffith), il signore delle creature ammazzate da loro proprio quel giorno. Tra tutti, solo Jack e Montoya (Daniel Baldwin) riescono a scappare, portando con loro Katrina (Sheryl Lee), una delle ragazze. Questa, però, è stata morsa e si sta pian piano trasformando. I due uomini decidono di tenerla sotto controllo e utilizzarla per via del contatto telepatico che instaurerà con Valek.

A un certo punto, tuttavia, i tre si separano: mentre Montoya e Katrina si nascondono in un hotel, Jack ruba un furgone e va prima nel motel a disfarsi dei cadaveri dei compagni e poi va dal cardinale Alba (Maximilian Schell) dove scopre le vere intenzioni di Valek: il primo vampiro vuole mettere in atto un rito che lo faccia sopravvivere anche quando si espone alla luce del sole. Jack, affiancato da padre Guiteau (Tim Guinee), torna da Montoya che, nel frattempo, innamoratosi, ha lasciato che Katrina lo mordesse, senza però rivelarlo al suo amico. Per portare a termine il rituale Valek ha bisogno di una croce speciale. Così i quattro si mettono in viaggio per trovarla prima che lo faccia lui.

La spiegazione del finale del film

Nel finale di Vampires, Jack Crow affronta dunque l’ultima e più brutale battaglia contro il maestro vampiro Jan Valek, figura antichissima e potente che incarna il male puro. Dopo una serie di scontri che hanno decimato il suo team, Jack riesce a raggiungere Valek proprio mentre quest’ultimo sta tentando di completare il rituale secolare per l’ottenimento della croce nera, l’antico oggetto sacro capace di rendere i vampiri immuni alla luce del sole. L’intervento tempestivo di Crow e la sua lotta disperata impediscono però il completamento del rituale, segnando la fine dell’antico vampiro, ma non senza gravi perdite personali e morali.

Thomas Ian Griffith e Sheryl Lee in Vampires
Thomas Ian Griffith e Sheryl Lee in Vampires

Il momento cruciale del finale si concentra infatti sul rapporto tra Jack e il suo alleato Montoya che, come anticipato, è stato morso da una vampira e sa di essere destinato a trasformarsi. Nonostante l’inevitabilità della sua condanna, Montoya ha continuato ad aiutare Jack, dimostrando lealtà e spirito di sacrificio. Quando la trasformazione è ormai prossima, Jack invece di ucciderlo gli concede due giorni di vantaggio prima di dargli la caccia, mantenendo una promessa fatta all’amico e riaffermando il codice personale che governa i suoi gesti. Questo gesto racchiude l’etica ambigua dei protagonisti carpenteriani: uomini duri, capaci di violenza spietata ma mossi da un senso profondo di onore e umanità.

Il finale di Vampires riflette dunque perfettamente i temi cardine dell’opera di Carpenter. Il male non viene mai davvero sconfitto, ma solo respinto temporaneamente, a caro prezzo. Il mondo che il regista presenta è un luogo sporco, violento, governato da forze oscure che nessun eroe può davvero eliminare. L’umanità è costretta a combattere senza sosta, con armi inadeguate e contro un nemico che ritorna sempre. In questo contesto, l’eroismo si riduce a una forma di resistenza ostinata e individuale, portata avanti da personaggi solitari che spesso non trovano alcun riconoscimento o redenzione.

Contestualizzato nell’opera di John Carpenter, Vampires rappresenta dunque un ulteriore tassello della sua visione disillusa e antieroica del mondo. Come in 1997: Fuga da New York o Essi vivono, anche qui l’eroe è un reietto, un uomo segnato dalla violenza che si muove in un paesaggio post-apocalittico dove le istituzioni sono assenti o corrotte. Il film si chiude poi con un senso di ambiguità morale: Jack è sopravvissuto, ma a un prezzo altissimo, e il male continua a esistere, pronto a manifestarsi di nuovo. In questa prospettiva, il finale di Vampires non è tanto una conclusione quanto un ciclo che si rinnova, coerente con l’idea carpenteriana di un’umanità sempre sull’orlo dell’estinzione, ma incapace di arrendersi ad essa.

Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.
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