Vice – L’uomo nell’ombra (qui la recensione) ricostruisce l’ascesa politica di Dick Cheney (interpretato da Christian Bale) trasformandolo in una figura quasi machiavellica, capace di manovrare la politica americana da dietro le quinte con una freddezza “da burattinaio”. Adam McKay sceglie una narrazione satirica, tagliente e spesso volutamente esasperata, facendo emergere un ritratto che, per molti aspetti, si distacca dalla realtà dei fatti. Per capire chi fosse davvero Cheney, bisogna attraversare la sua storia dalla giovinezza fino agli anni alla Casa Bianca, distinguendo ciò che il film suggerisce da ciò che è documentato.
La storia vera dietro Vice – L’uomo nell’ombra
Dick Cheney nasce nel 1941 a Lincoln, Nebraska, e cresce in Wyoming, un luogo che lui stesso descriverà sempre come fondamentale per la sua identità. Figlio di un impiegato governativo, non ha un percorso accademico brillante come ci si aspetterebbe da un futuro vicepresidente degli Stati Uniti. Nel film vediamo un giovane Cheney completamente allo sbando, ed è vero che il suo arrivo a Yale fu un fallimento: il giovane Dick venne ammesso grazie a una borsa di studio e al sostegno di un petroliere del Wyoming, ma finì per abbandonarsi all’alcol e alle cattive compagnie.
Ufficialmente, Cheney venne espulso, non una ma due volte, dopo aver tentato senza successo di rientrare. Nel film, la sceneggiatura aggiunge episodi inventati, come la rissa che lo etichetta come “dirtbag”, dettaglio mai confermato da documenti o testimonianze. Dopo gli anni bui, Cheney lavorò per un periodo come operaio, occupandosi della posa delle linee elettriche: nel film viene mostrato come lineman, arrampicato sui pali, mentre la realtà è meno spettacolare. Era un “groundman”, addetto a scavare, sollevare cavi e assistere chi si arrampicava davvero. In quel periodo venne arrestato due volte per guida in stato di ebbrezza, tra i 21 e i 22 anni.
Le cronache confermano tutto: multe, ritiro temporaneo della patente e un momento di svolta nella sua vita personale. Cheney stesso ammise che le due denunce lo costrinsero a guardarsi allo specchio e a capire che stava andando nella direzione sbagliata. La sua compagna di allora, Lynne Vincent, avrà un ruolo decisivo nella trasformazione. Nella versione cinematografica, Lynne sembra quasi salvarlo con una predica infuocata e ultimativa, un momento romanzato ma basato su qualcosa di reale. Cheney raccontò che smise di frequentare bar, trovò disciplina e decise di sposarsi. Tornò a studiare, si iscrisse all’Università del Wyoming e, questa volta, completò il percorso: prima la laurea, poi un master in Scienze Politiche.
La carriera politica
Quando nel film vediamo un Cheney spaesato e senza convinzioni politiche, pronto a scegliere un partito quasi per caso dopo aver assistito a un comizio di Donald Rumsfeld, siamo lontani dalla realtà. Cheney aveva già idee conservative radicate, sviluppate proprio negli anni universitari. Alcuni professori influenti, come H. Bradford Westerfield, formarono la sua visione di politica estera e gli diedero basi che lo avrebbero accompagnato per tutta la carriera. Il film suggerisce che Cheney arrivò a Washington privo di identità politica, ma la storia dice altro: il giovane Dick si era già fatto notare come assistente parlamentare e analista politico, e la collaborazione con Donald Rumsfeld nacque da interessi e visioni già compatibili.
La sua carriera governativa fu fulminante: consigliere sotto Nixon, capo di gabinetto alla Casa Bianca con Gerald Ford, poi membro del Congresso. Vice – L’uomo nell’ombra racconta la campagna elettorale per il suo seggio del 1978 come un disastro che costringe Lynne a sostituire il marito ai comizi, ribaltando il risultato. Non esistono fonti che confermino questo passaggio, e nella realtà Cheney si impose con una comunicazione prudente ma efficace. Anche il suo voto sulla festività dedicata a Martin Luther King viene alterato nel film: votò contro in un primo momento, ma nel 1983 sostenne la proposta, a differenza di quanto la sceneggiatura lascia intendere.
Uno dei tocchi più sensazionalistici riguarda la madre di Lynne Cheney. Nel film si insinua che il padre di Lynne l’abbia uccisa per annegamento, gesto volutamente lasciato sospeso per alimentare tensione narrativa. La realtà è molto diversa: la donna è caduta accidentalmente nel lago Yesness, probabilmente stordita dai farmaci per la pressione. Il coroner escluse ogni traccia di omicidio e Lynne non ha mai accusato il padre, morto due anni dopo per depressione e alcolismo. Negli anni ’80 Cheney diventa una figura influente nel Congresso e un importante sostenitore di Reagan.
Nel film gli viene attribuito il merito – o la colpa – di aver salvato il Veto presidenziale sulla Fairness Doctrine, aprendo secondo la narrazione la strada all’ascesa di Fox News e dell’informazione polarizzata. La storia, però, smentisce l’episodio: non esistono documenti che provino il ruolo decisivo di Cheney e nel 1987 non era neppure capogruppo repubblicano alla Camera. Il film sceglie poi di saltare quasi completamente gli anni della Guerra del Golfo, quando Cheney, nominato Segretario della Difesa da George H. W. Bush, divenne una delle figure più rispettate della politica americana.
Dopo l’11 Settembre
Sotto la sua guida l’intervento contro Saddam Hussein fu rapido, limitato e sostenuto da gran parte del Congresso. Erano anni di popolarità e riconoscimento pubblico: difficile conciliare questa fase con l’immagine del “burattinaio oscuro” che McKay costruisce fin dall’inizio. La trasformazione più poderosa della sua immagine avviene dopo l’attacco dell’11 settembre. Vice – L’uomo nell’ombra suggerisce che Cheney accettò il ruolo di vicepresidente già con un piano per estendere i poteri della Casa Bianca. La documentazione storica racconta invece qualcosa di più pragmatico: il progetto fu una risposta – discutibile ma reale – all’idea che gli Stati Uniti fossero entrati in guerra e che, come in guerra, la priorità fosse prevenire nuovi attacchi.
È in questa cornice che nascono il Patriot Act, la sorveglianza interna, la detenzione di sospetti terroristi e le tecniche di interrogatorio estreme, tra cui il waterboarding. Cheney fu tra i principali sostenitori delle misure, convinto che fossero necessarie. Il film lo mostra come unico responsabile morale, ignorando che istituzioni, servizi segreti, Congresso e perfino amministrazioni successive scelsero di proseguire su quella strada: Barack Obama tentò di chiudere Guantanamo ma non ci riuscì, lasciando molte politiche di Bush e Cheney inalterate. Un’altra invenzione cinematografica riguarda l’ordine di abbattere gli aerei dirottati l’11 settembre.
Nel film Cheney agisce senza consultare il Presidente, ma sia George W. Bush che Condoleezza Rice hanno dichiarato che la decisione fu concordata telefonicamente in diretta emergenza. Il rapporto della Commissione 9/11 non ha trovato una documentazione scritta della chiamata, senza però smentirne l’esistenza. Uno dei capitoli più controversi del film riguarda l’Iraq. Il film sostiene che Cheney abbia sostenuto l’invasione solo per favorire Halliburton, l’azienda per cui fu CEO prima della vicepresidenza. È vero che Halliburton guadagnò enormemente, ed è vero che Cheney ottenne un ricco compenso vendendo le sue azioni, ma ridurre l’intervento a un movente personale è un’interpretazione politica.
Dopo l’11 settembre, una parte consistente dell’esecutivo e del Congresso credeva – erroneamente – che Saddam Hussein possedesse armi di distruzione di massa e avesse legami con al-Qaeda. Quando l’ONU non trovò prove, ormai la macchina era già partita. Critici e sostenitori, ancora oggi, discutono quanto Cheney abbia pesato nella decisione. Sul tema dei diritti civili, Vice – L’uomo nell’ombra dipinge Cheney come un opportunista pronto a tradire la sua figlia omosessuale, Mary, pur di sostenere la carriera politica dell’altra figlia Liz. La realtà è più sfumata: Cheney aveva espresso sostegno pubblico per le unioni tra persone dello stesso sesso già nel 2000, e ribadirà la sua posizione nel 2009.
Quando Liz si presentò alle elezioni con una posizione contraria, la coppia decise di sostenerla comunque, senza cambiare idea su Mary. Nel film diventa un gesto gretto e calcolato, nella realtà è un equilibrio familiare imperfetto e doloroso. Celebre è anche l’episodio della battuta di caccia, quando Cheney accidentalmente sparò all’amico Harry Whittington. Il film lo ritrae impassibile e privo di empatia. Nella realtà, Cheney si assunse la responsabilità dell’incidente e dichiarò pubblicamente che “fu uno dei giorni peggiori” della sua vita. Il caso diventò un fenomeno mediatico e alimentò la sua cattiva reputazione pubblica.
Gli ultimi anni di Dick Cheney
In molti momenti Vice – L’uomo nell’ombra fa di Cheney un genio del male, un “uomo nell’ombra” che controlla ogni leva del potere americano. Diversi funzionari dell’epoca hanno smentito la narrazione: Cheney ebbe un ruolo influente, soprattutto sulla sicurezza nazionale, ma non fu il regista occulto dell’amministrazione Bush. Una figura potente, sì, ma non onnipotente. Cheney sopravvisse a cinque attacchi cardiaci, un numero enorme, e nel 2012 ricevette un trapianto di cuore. A differenza di quanto si potrebbe dedurre dall’arco narrativo del film, non è mai scomparso nell’ombra dopo il 2009: ha scritto libri, rilasciato interviste e difeso con fermezza la sua visione politica. Muore, infine, il 4 novembre 2025 all’età di 84 anni.
Vice – L’uomo nell’ombra resta un’opera feroce, visionaria e apertamente schierata. È cinema, non archivio storico. Molti dei dialoghi sono inventati, molte scene semplificano o distorcono, altre suggeriscono verità alternative utili alla satira politica. Il ritratto che ne emerge è provocatorio, ma lontano dalla realtà documentata. Per alcuni rimarrà il simbolo di un’America paranoica e aggressiva, per altri un difensore della sicurezza nazionale in un momento senza precedenti. La verità, come spesso accade, non vive nei toni estremi del film, ma in quella zona grigia in cui storia, politica e morale raramente coincidono.




