Al Festival di Cannes 2015 è arrivato il giorno tanto atteso di Paolo Sorrentino e il suo Youth – La Giovinezza, che proviamo a raccontarvi nella nostra recensione. Come previsto, il film ha creato due fazioni ben distinte di amanti e detrattori, un classico dei lavori sorrentiniani che – difficili nell’ossatura e negli intenti – difficilmente riescono a mettere d’accordo tutti. Sembra però che il malcontento sia quasi tutto ed esclusivamente italiano, come se vi fosse un partito preso a priori. Il regista italiano, che conosce ormai bene la critica nostrana, ha sempre un rapporto freddo e distaccato con la stampa, freddezza che traspare anche durante la conferenza del Festival: risposte brevi, nervosismo sparso e una gran voglia che tutto finisca il prima possibile. Del resto il tempo e il suo passare è un’ossessione per Sorrentino, tanto che ha dedicato un intero film alla giovinezza (perduta): “Il trascorrere del tempo, il nostro passato, sono temi che mi affascinano. Non mi dispiace invecchiare, finalmente posso fare i film che volevo fare da giovane. Raccontare il futuro è una grande occasione di libertà, un sentimento naturale della giovinezza. Youth infatti è estremamente ottimista, è stato realizzato per esorcizzare alcune paure relative alla vecchiaia che tutti abbiamo.”
Accanto al regista ascoltano interessati gli splenditi protagonisti del film: Rachel Weisz, Paul Dano, Harvey Keitel e il mattatore Michael Caine che intavola un vero e proprio show: “Cosa si prova a recitare ruoli che simboleggiano la vecchiaia? Alla mia età posso fare solo due ruoli ormai: il vecchio o il morto, quindi va bene così (tutti ridono e non sarà la prima volta). Una volta ho letto uno script e l’ho rimandato indietro al produttore lamentandomi di avere una parte troppo piccola. Lui mi ha rispedito tutto indietro dicendomi di non leggere la parte dell’amante ma quella del padre. Da quel momento ho capito che la mia carriera era cambiata. Cosa significa recitare? Immaginate di trovarvi in una brutta situazione, tutti vi guardano aspettando il momento giusto per farvi fuori, è lì che devi dare il meglio di te per restare vivo e tenere in vita tutti gli altri accanto a te: ecco, recitare è questo per me.”
Sir Caine interpreta un direttore d’orchestra ormai in pensione che rielabora la sua vita, ha dunque dovuto imparare a muoversi sul set come un vero conduttore: “Ho lavorato con due direttori d’orchestra, abbiamo lavorato quattro settimane e mi hanno aiutato tantissimo, erano eccezionali nel farmi scoprire il loro lavoro.” La musica del resto è fondamentale nel cinema di Sorrentino, un collante potente e fondamentale: “Penso che la musica – ha detto proprio il regista – e il cinema siano le due arti che non scompariranno mai, anzi si rinnoveranno in continuazione. Ho scelto la figura del direttore d’orchestra perché è un mestiere che mi affascina, non so mai se quei movimenti delle mani significhino davvero qualcosa o sono soltanto simbolici. Proprio la ‘non conoscenza’ mi ha attratto. Se ho mai pensato di fare videoclip musicali? Mi piacerebbe tanto ma mi sono sempre defilato, mi fanno un po’ paura.”
Il film si chiude con una dedica importante a Francesco Rosi, scomparso purtroppo di recente: “Ho dedicato Youth a Francesco Rosi per due motivi sostanziali: il primo è semplice, perché è stato ed è un punto di riferimento per me e per molti miei colleghi. Italiani e non solo. Il secondo è più intimo: non molto tempo fa sono stato a cena a casa sua, mi ha raccontato un aneddoto riguardo ad un suo amico e una ragazza con la quale sono stati innamorati entrambi. Un’idea da cui è partita l’intera scrittura di questo film, dunque sono riconoscente nei suoi confronti su più livelli.”