Al cinema Adriano, Stefano Sollima, insieme a cast artistico e tecnico, presenta l’attesissimo Suburra, spietato affresco della cultura del potere ad ogni costo, nella Roma dei nostri giorni.

 

Com’è nato il progetto?

Stefano Sollima: Abbiamo cominciato a lavorare due anni e mezzo fa al progetto e trovo che oggi sia attuale, non solo perché ambientato ai giorni nostri, ma proprio in virtù del genere che abbiamo usato per raccontare una storia, che lo rende meno realistico e cronachistico, ma ne fa un racconto allegorico, più simbolico. Trovo naturale il fatto che ci si possa ritrovare oggi come tra vent’anni perché è un racconto su una città e il potere.

Riccardo Tozzi: È stato un lavoro lungo, che è cominciato più di 10 anni fa, con le bozze di Romanzo Criminale nel 2004. Fu in quel momento che abbiamo intravisto la possibilità di tentare una strada nuova per il cinema italiano, che già allora ci sembrava desse qualche segno di invecchiamento. Dunque la strada del genere ci sembrava giusta, ma un genere comunque legato alla realtà come da nostra tradizione. Facemmo dunque Romanzo Criminale che è poi diventata serie per Sky e ci ha fatto incontrare Stefano. E da qui quindi la serie, poi A.C.A.B. e Gomorra, per finire con Suburra che mi sembra il punto di arrivo o un punto di partenza se vogliamo, verso la svolta di cui credo il cinema italiano abbia bisogno per parlare il linguaggio del mondo. E parlo del linguaggio della nuova serialità e di una parte del cinema a cui noi dobbiamo agganciarci per non restarne fuori. E’ stato un enorme sforzo produttivo, è difficilissimo fare questi film in Italia, è un film relativamente caro, nel senso che in qualsiasi altra parte del mondo sarebbe stato fatto con almeno il doppio del budget, ma in Italia è risultato caro. Il sostegno, anche coraggioso, di Rai Cinema, è stato quindi importante.

Paolo del Brocco: No, non è stata una scelta coraggiosa quella di sostenere il film, era anzi una scelta facile. Questo film segna, tra l’altro quella che è la nostra linea da 15 anni a questa parte, di grande diversificazione di generi e linguaggi, rispettando sempre il punto di vista dell’autore. Non c’è nessun coraggio, il cinema va fatto, va fatto il cinema di denuncia, sociale e questo tipo di western metropolitano. E’ un film sicuramente di denuncia, ma è anche un film universale perché potrebbe essere fatto in tanti posti nel mondo, ed è questo che lo rende internazionale. E’ un ulteriore segno della direzione in cui si sta muovendo RAI CINEMA. Il film esce in 500 sale, quindi è un’uscita importante per un film d’eccellenza quale Suburra.

Vedendo il film vengono in mente tanti spunti, ma l’idea che rimane di più è che questo fosse una sorta di western, per classicità, forza e simbologia, che è ciò che rende attuale il western anche adesso.

Stefano Sollima: In effetti può ricondurre all’idea del western il fatto che abbiamo girato in campi larghi, dove contemporaneamente c’era un personaggio e il mondo che questo era chiamato a rappresentare. Ma in realtà per me il genere di riferimento è stato il Gangster movie, un noir metropolitano abbastanza spinto.

Che tipo di lavoro c’è dietro ai personaggi?

Stefano Sollima: il vantaggio di raccontare quasi esclusivamente personaggi negativi è l’obbligo a concentrarsi sull’umanità che c’è dietro di essi. Mi sembrava riduttivo avere il cattivo che si muovesse e facesse semplicemente cose sgradevoli. Ho immaginato una persona normale, che poi ha una funzione all’interno del racconto per quello che fa, non per quello che è.

Claudio Amendola: il lavoro sul eprsonaggio con Stefano è stato subito chiaro, non facile ma chiaro: dovevamo restituire normalità a un personaggio terribile. Stefano ha sottratto, mi ha fatto togliere qualunque cosa mi venisse sul viso. Il mio personaggio, il Samurai, sembra effettivamente una statua, ma allo stesso tempo mi sembra che abbia una forza anche nell’immobilità. Fa paura proprio perché lo potresti incontrare dietro qualunque angolo. Particolarmente azzeccata è la scelta del costume, un po’ anonimo. Sta qui in effetti la differenza tra lui e gli altri personaggi: i criminali veri cercano un anonimato proprio per proteggersi.

Pierfrancesco Favino: Tutti questi personaggi sono guidati da un’ambizione estrema che nasce dalla cultura della soddisfazione personale, che è una cultura che nasce trent’anni fa. Ciascuno di questi individui tenta di fare il massimo esclusivamente per sé stesso. Trattandosi di bramosia di potere, l’interrogativo che mi sono posto avvicinandomi al personaggio è quanto saresti disposto tu, individuo, a sacrificare quando si parla, non dei “grandi poteri”, ma del potere e del riconoscimento di esso.

Elio Germano: Penso sia un film che racconta una degenerazione comune, quella di cercare di riempirci dell’immagine di noi che proiettiamo sugli altri, e della posizione che riusciamo ad ottenere piuttosto che dei rapporti umani. Qui vediamo tutti i personaggi che si disinteressano completamente delle persone a vantaggio di questa rincorsa al benessere a vari livelli.

Greta Scarano: Il mio personaggio aveva un potenziale enorme, e ottenere il ruolo non è stato facile, Stefano è molto esigente. E’ un ruolo complesso, ma mi dava molte possibilità. Sono stata molto seguita, anche dal punto di vista dell’immagine. Stefano, poi, sul set, fa di tutto, perché gli attori diano il meglio e raggiungano l’obbiettivo.

Giulia Elettra Gorietti: La sfida è stata cercare di far uscire fuori la purezza di questo personaggio che, fisicamente, ne ha davvero poca. La cosa bella di Sabrina è che lei vende il corpo, ma non riesce a vendere l’anima. È questo aspetto che mi ha permesso di non giudicare il personaggio, anzi di innamorarmene.

Alessandro Borghi: Il mio personaggio è molto lontano dalla normalità, anzi è esattamente dalla parte opposta. Ricordo il periodo di preparazione, a livello di look, del personaggio che è stato un aspetto importantissimo.

Il personaggio si porta due caratteristiche fondamentali del film: l’imprevedibilità e la determinazione. Al contrario degli altri personaggi, che lavorano con le parole, Numero 8 è un invasato, con un sogno ben preciso. E’ quasi un idealista, perché lavora in effetti per un obbiettivo.

Adamo Dionisi: Abbiamo fatto un lavoro molto lungo. Questo personaggio è spietato, freddo, risoluto. Ho dovuto lavorare molto sulla cattiveria che c’è in ognuno di noi.

Suburra sarà al cinema a partire dal prossimo 14 ottobre.

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