Sylvester Stallone a Roma presenta Bullet to the Head

Sylvester Stallone
Foto di Raffaele Piano
Foto di Raffaele Piano

Comincia con un appello in favore di Cinecittà la conferenza stampa di Bullet to the Head, presenziata da Walter Hill, regista, da Alessandro Camon, sceneggiatore, e dall’intramontabile Sylvester Stallone. E’ proprio l’attore ad esordire dicendo che poche realtà possono vantare un edificio simbolico che possa rappresentarle nel mondo, “e voi avete Cinecittà. Spero che il Governo, insieme a voi che siete appassionati di cinema, possa riuscire a salvarla e a portarla avanti”.
L’attore ha partecipato già ieri ad un incontro a Tor Bellamonaca con i giovani del quartiere nell’ambito del rilancio della zona voluto dal Comune di Roma. Sly ha confessato di essere stato molto contento: “Capisco bene cosa provano quei ragazzi. Io sono passato da una situazione molto brutta ad una condizione bellissima. E ho detto ai giovani che il segreto è non avere mai paura del fallimento, fino a che non si riesce ad ottenere ciò che si vuole”.

 


-Quanto è importante e quanto invece è un peso essere un punto di riferimenti per un’intera generazione?

SS: “E’ un bel peso. Quello che mi è successo grazie a Rocky e Rambo è una cosa bellissima, e adesso mi fa piacere partecipare a questo film con un personaggio che mette insieme le loro qualità. Jimmy Bobo è un mix dei due caratteri. Spero che la nuova generazione di spettatori riesca a trovare un nuovo eroe, un punto di riferimento positivo.”

Il grande regista Walter Hill ha poi raccontato del modo in cui si è approcciato al progetto. “Quando ho accettato il film l’ho fatto perché mi piaceva la storia. Mi ha chiamato Sylvester e mi ha fatto leggere la sceneggiatura. Mi è piaciuto subito perché era una cosa che potevo fare. E’ un omaggio ai film d’azione anni ’70 ma allo stesso tempo inserisce elementi di modernità. E’ stato un percorso comune molto interessante perché ho lavorato con una star di grande personalità, ma non bisogna dimenticare che è anche un bravissimo regista che ha diretto 10 film, sono tanti! Abbiamo unito le forze e messo insieme i pezzi di quello che avevamo nelle nostre teste. La bellezza di un film non è una cosa che dipende dagli effetti speciali, ma dalla storia”.

Foto di Raffaele Piano

-A Stallone: qual è l’incontro che le ha cambiato la vita?

SS: “Quando andai a Hollywood ero ottimista, pensavo che sarei piaciuto a tutti. Poi un giorno, avevo già fatto Rocky ed era andato piuttosto bene, mi sono accorto che non mi avevano ancora pagato. Sono andato dal produttore e gli ho detto ‘avete guadagnato qualche soldo con il film, perché non mi pagate?’, e allora mi sono sentito rispondere ‘perché non ci interessa di te, torna a lavorare’. Da allora ho capito che a Hollywood sei solo e devi contare solo sulle tue forze e non è come una storia d’amore, ma sono solo affari. Così ho cominciato a voler raccontare storie di persone che combattono e vogliono realizzare i propri sogni, facendo tutto da soli.”

-A Camon, sceneggiatore. Lo script è come un tuffo nel passato, pur risultando molto moderno. Da cosa ha tratto ispirazione?

AC: “Il film è un adattamento da un fumetto francese, quindi ovviamente l’ispirazione è quella. Abbiamo cambiato però molte cose dall’originale e il contributo di Stallone e Hill è stato fondamentale. Il film che però mi ha ispirato è 48 ore, perché mantiene la formula del genere che poi si è deteriorata nel corso del tempo. Con Bullet to the Head siamo ritornati al conflitto morale tra i due protagonisti che lottano insieme pur appartenendo a due fazioni diverse. Lo stesso conflitto che c’è in 48 ore appunto. La continua tensione trai protagonisti è stata la cosa che mi ha spinto a scrivere questa sceneggiatura.” Anche Stallone, che ha partecipato attivamente alle fasi di produzione del film racconta la sua: “In passato ho fatto film troppo basati sull’azione, senza conversazioni. Qui invece la conversazione aiuta e pur essere interessante con una scena di inseguimento. C’era necessità di avere un conflitto di personalità diverse, e così ho preso spunto da altri film ma soprattutto da quello che nei miei film precedenti era sbagliato.”

-A Hill, lei ha detto in passato che il western si trova in ogni genere di film, vale ancora questa sua affermazione?

WH: “Il western è l’astrazione della narrazione. Per mantenere l’azione la mancanza di plausibilità torna ad essere credibile. Nel film  ad esempio il combattimento finale con le asce non è una cosa credibile, però i personaggi sono costruiti così bene che poi la situazione diventa plausibile.”

Foto di Raffaele Piano

-A Stallone: è vero che il suo esordio è stato con Woody Allen?

SS: “Si, lui girava Il dittatore dello stato libero di Bananas e gli serviva un cattivo. Eravamo io ed un altro ragazzo più piccolo di me e Woody era nervosissimo, ci ha guardati ed ha detto ‘non vanno bene, non fanno paura’. Poi siamo andati a cospargerci il viso di vasellina, gli abbiamo toccato la spalla per farci vedere e gli abbiamo detto ‘facciamo paura adesso?’ e Allen che era nervosissimo ha quasi urlato ‘assumiamoli, assumiamoli’”.

-A Stallone: di recente ha ritrovato sullo schermo il suo antico rivale di incassi Arnold Schwarzenegger. E’ vero che state lavorando insieme ad un altro film?

SS: “Il mio antico rivale è diventato un vecchio e caro amico, e visto che i muscoli ce li ha lui io ho deciso che mi sarei messo a scrivere. E’ un bellissimo film”.

-A Hill: è stata sua l’idea del combattimento finale con le asce? È consapevole che ha fatto combattere Stallone contro il nuovo Conan?

WH: “Mi sono divertito molto a girare la scena finale, perché non l’ho interpretata io, e comunque è stata una mia idea, per trasformare i personaggi quasi in guerrieri antichi. Jason Momoa è un ragazzo molto gentile ma ricordo sul set un unico litigio con lui proprio a causa di questa scena. Poi alla fine l’abbiamo fatta come volevo io, quindi è venuta bene!”

SS: “Non avevo ancora combattuto contro Conan e così ho pensato che fosse una cosa molto bella per me. E poi Jason è un ragazzone enorme, è alto quasi due metri e si muove come una pantera. E’ stato davvero straordinario in quella scena.”

-A Stallone: qual è il futuro dei suoi due personaggi Rocky e Rambo?

SS: “Con Rocky ho chiuso, la sua storia di campione è finita. Rambo invece è un personaggio ceh mi piacerebbe ancora esplorare. Lui ha sempre mentito a se stesso perché diceva di combattere per proteggere le persone, ma invece è una cosa che a lui piace tantissimo. E’ nato per la battaglia e non vi rinuncerà fino a che non otterrà una morte gloriosa sul campo. Mi piace molto interpretare quel personaggio”.

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