All the Beauty and the Bloodshed, recensione del documentario di Laura Poitras

La recensione di All The Beauty and the Bloodshed, il documentario di Laura Poitras su Nan Goldin in concorso a Venezia 79.

TUTTA LA BELLEZZA E IL DOLORE All the Beauty and the Bloodshed film 2022

All the Beauty and the Bloodshed, unico documentario in concorso a Venezia 79, esplora la lotta dell’artista Nan Goldin contro la famiglia Sackler, arricchitasi dalla vendita di oppiodi e che ha riciclato la propria immagine pubblica vendendosi come mecenati d’arte. Questo progetto, diretto da Laura Poitras, ha come protagonista proprio Goldin, che ha condotto una dura campagna contro la Purdue Pharma, l’azienda farmaceutica di proprietà della famiglia Sackler, produttrice dell’antidolorifico Oxycontin, responsabile della crisi di oppiodi che ha sconvolto gli Stati Uniti e ucciso almeno 500.000 persone. Nel mentre, alla “facoltosa” famiglia sono state intitolate fino a sette sale del Metropolitan Museum di New York e altre nel Museo del Louvre di Parigi.

 

La battaglia privata e collettiva di Nan Goldin

Considerata una delle più prestigiose fotografe contemporanee, nota per la sua fervida aderenza ad importanti cause e tematiche, tra cui sessualità e dipendenza – in particolare per la serie The Ballad of Sexual Dependency – che documenta le comunità queer della New York degli anni ’70 e ’80, in All the Beauty and the Bloodshed Goldin ripercorre le proprie vicissitudini famigliari e professionali e il tortuoso viaggio che l’ha condotta alla dipendenza da questi antidolorifici oppioidi. Nel corso di quasi due anni, Poitras ha visitato la Goldin nella sua casa di Brooklyn, per una serie di interviste audio che, insieme alle diapositive e alle fotografie della stessa Goldin, costituiscono l’ossatura del film.

Dopo essere sopravvissuta a un’overdose di fentanil quasi fatale, nel 2017 Goldin ha fondato il gruppo di difesa P.A.I.N (Prescription Addiction Intervention Now) per fare pressione su musei e altre istituzioni artistiche affinché interrompano le collaborazioni con la famiglia Sackler, che da tempo sostiene finanziariamente le arti. “Il mio più grande orgoglio è quello di aver messo in ginocchio una famiglia di miliardari in un mondo in cui i miliardari possono contare su una giustizia diversa da quella di persone come noi e la loro impunità è totale negli Stati Uniti. E, per ora, ne abbiamo abbattuto uno“, ha dichiarato Nan Goldin a Venezia.

Al centro del film ci sono le opere d’arte di GoldinLa ballata della dipendenza sessuale“, “L’altro lato“, “Sorelle e sibille” e “La memoria perduta“, tramite cui Goldin cerca di catturare tutta la bellezza e la cruda tenerezza che vuole identificarsi come l’eredità della sorella Barbara e delle amicizie più vere strette nel corso degli anni, alla base di tutto il percorso artistico di Goldin.

La bellezza e lo spargimento di sangue degli affetti personali

Anche i precedenti documentari di Poitras si concentravano sulle personali storie di individui che combattono per un senso di giustizia o responsabilità. Se è vero, dunque, che l’associazione P.A.I.N rimane il nucleo fondante di All the Beauty and the Bloodshed, questa nuova incursione nel documentario di Poitras si rivela l’occasione ideale per esplorare l’intrinseca connessione tra l’attivismo di Goldin e il suo lavoro come punto di riferimento nell’ambito della fotografia.

In All the Beauty and the Bloodshed emerge chiaramente come per Goldin sia stato essenziale toccare parallelismi economici, sociali ed istituzionali tra la crisi dell’HIV/AIDS e l’attuale crisi degli oppioidi nel Paese. Cercando di far emergere a più riprese il concetto che le crisi sociali non esistono in un unico contesto e che è necessario catturare le relazioni tra comunità per poterne sondare le profondità, il documentario di Laura Poitras riesce a coniugare ottimamente la sovversività politica del suo lavoro artistico e l’emotività – spesso anche lacerante – delle storie personali che sono state e continuano ad essere l’ispirazione primaria per i suoi lavori.

Filtrando il concetto di stigma tramite le sue più comuni derivazioni, il suicidio, la malattia mentale, il genere, Goldin ha progressivamente compreso la forte valenza politica che il suo impegno artistico stava assumendo. Intrecciando la storia della sua infanzia, delle sue profonde amicizie nelle comunità di artisti che continuano a dimostrare slancio creativo e resilienza di fronte alle indicibili perdite subite durante l’epidemia di AIDS, All the Beauty and the Bloodshed cattura la storia non solo di Nan, ma anche di Barbara Goldin: la sorella perduta, ma mai dimenticata, la cui esistenza sofferente – che diventa un ricordo quasi etereo – racchiude perfettamente la storia di un’artista che ha raccontato la sua vita anche attraverso l’impegno socio-politico.

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RASSEGNA PANORAMICA
Voto di Agnese Albertini
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