Con la grazia di un Dio: recensione del film di Alessandro Roia #Venezia80

L'esordio alla regia di Roia è un'opera con elementi affascinanti ma dispersi in un racconto confuso.

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Un uomo si aggira per le strade di Genova, riscoprendone colori, odori, sapori, ma anche luoghi, persone, notandone i cambiamenti e manifestando un profondo senso di nostalgia nei confronti di tutto ciò. L’uomo in questione è Luca, protagonista del fim Con la grazia di un Dio, il film d’esordio dell’attore Alessandro Roia (Diabolik, … altrimenti ci arrabbiamo!) alla regia di un lungometraggio. Presentato alle Giornate degli Autori, il film è un ambizioso ma umile racconto noir che si sviluppa sui temi della nostalgia e della malinconia, emozioni provate dal protagonista a seguito di un inaspettato confronto con il proprio passato e con la città della sua giovinezza.

 

Già da queste prime parole si può notare un’involontaria somiglianza con il recente film Nostalgia di Mario Martone, dove Pierfrancesco Favino dà volto ad un uomo che torna a Napoli – più precisamente nel Rione Sanità – dopo anni trascorsi in Egitto, riscoprendo tutto ciò che si era dovuto lasciare alle spalle, compresi alcuni traumi. Se da una parte risulta difficile non porre a confronto i due film, data anche la presenza in entrambi dell’attore Tommaso Ragno (Luca nell’esordio di Roia, nemico del protagonista per Martone), sarebbe scorretto ridurre solo a questo il giudizio su Con la grazia di un Dio, opera imperfetta ma alcuni elementi interessanti.

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La trama di Con la grazia di un Dio

La vicenda si svolge dunque a Genova, dopo venticinque anni Luca (Tommaso Ragno) torna per partecipare ai funerali del migliore amico della sua giovinezza. Qui ritrova i vecchi compagni di un tempo. Tutti sembrano convinti che quella morte sia l’esito scontato di una vita di eccessi; tutti tranne Luca, che vuole vederci chiaro, indagare, capire. Scavando nella memoria, e in una città cambiata almeno quanto lui, lascerà riaffiorare fantasmi e verità che sembravano sepolte, insieme alla propria vera natura, che pensava di aver domato per sempre.

Nei luoghi dell’anima di Genova

Le opere prime, si sà, sono pericolose. Bisogna avere qualcosa da dire, bisogna sapere come dirlo, altrimenti si rischia di non offrire nulla al proprio pubblico. Alessandro Roia, consapevole di questi rischi, sceglie di “limitarsi” alla scrittura della sceneggiatura (insieme ad Ivano Falchin) e alla regia, non comparendo dunque in scena. Ciò gli dà l’opportunità di concentrarsi totalmente sulla costruzione delle immagini del suo esordio, attingendo dal cinema di genere per fotografare una Genova cupa e fredda dove porre i propri personaggi e seguirli nei vicoli bui, in quelli stretti, nei locali tutti neon e musica a palla o negli appartamenti spogli che comunicano assenza in ogni loro stanza.

Roia lavora dunque su un’attenta scelta di spazi evocativi, che accompagnino le emozioni di chi li abita ed esaltino i turbamenti del loro animo e sceglie di far parlare in questo modo le proprie immagini, prediligendo di conseguenza una regia contenuta e che rifugge particolari virtuosismi o sperimentazioni di vario tipo. Tutte cose che, per quanto un neo regista potrebbe essere tentato di provare, rischiano di distogliere l’attenzione dello spettatore da aspetti ben più importanti, come in questo caso la costruzione di un atmosfera che possa effettivamente suscitare gli stati d’animo del protagonista.

Con la grazia di un Dio Tommaso Ragno

Un film non esente da problemi di scrittura

Certo, non è esente da problemi Con la grazia di un Dio, riscontrabili specialmente nella sua scrittura. Ci sono infatti diverse occasioni in cui il mistero che Luca cerca di risolvere sembra complicarsi salvo poi rivelarsi meno avvincente del previsto, così come alcune situazioni gestite troppo frettolosamente e non adeguatamente sviluppate, soprattutto nel finale, dove gli interrogativi rimasti sono più di quelli soddisfatti. Tutte carenze che rischiano di portare lo spettatore a sentirsi confuso o perdere interesse nei confronti di quanto vede. Luca, come anche alcuni degli altri personaggi, rimangono infatti talvolta fin troppo misteriosi, rendendo difficile un avvicinamento nei loro confronti.

A ciò si aggiungono alcune perplessità circa il pubblico di riferimento di un film come questo, e non rispondendo chiaramente a tale domanda si svela ulteriormente la confusione che limita il potenziale del progetto, che per certi aspetti lascia in ultimo un certo senso di incompiuto. Sono ingenuità tipiche di un’opera prima, trappole a loro modo necessarie per poter imparare per poi addrizzare il tiro in vista di un secondo film, che si spera Roia realizzerà, avendo in ogni caso dimostrato in Con la grazia di un Dio di possedere una buona conoscenza tecnica del mezzo.

Sommario

Ci sono diversi elementi affascinanti in Con la grazia di un Dio, dal suo proporre composizioni d'immagini che sostengono concretamente il racconto all'atmosfera conferita tramite la scelta di determinate location. Ciò che manca èun racconto più compiuto, che non deve necessariamente offrire risposte ma quantomeno le chiavi per ottenerle.
Gianmaria Cataldo
Gianmaria Cataldo
Laureato con lode in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza e iscritto all’Ordine dei Giornalisti del Lazio come giornalista pubblicista. Dal 2018 collabora con Cinefilos.it, assumendo nel 2023 il ruolo di Caporedattore. È autore di saggi critici sul cinema pubblicati dalla casa editrice Bakemono Lab.

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Ci sono diversi elementi affascinanti in Con la grazia di un Dio, dal suo proporre composizioni d'immagini che sostengono concretamente il racconto all'atmosfera conferita tramite la scelta di determinate location. Ciò che manca èun racconto più compiuto, che non deve necessariamente offrire risposte ma quantomeno le chiavi per ottenerle. Con la grazia di un Dio: recensione del film di Alessandro Roia #Venezia80