Denti da squalo: recensione del film con Virginia Raffaele e Claudio Santamaria

Davide Gentile alla sua opera prima, film prodotto da Gabriele Mainetti

Denti da squalo film recensione

Una scomparsa difficile da metabolizzare, quella di Walter che a soli 13 anni si ritrova orfano di padre e con una madre che non sa come gestire il lutto. Ma alla fine dei conti, chi lo sa? L’eredità dei padri che ricadono sui figli: questo è il centro di Denti da squalo, opera prima di Davide Gentile alla regia, prodotto da Gabriele Mainetti, con Tiziano Menichelli (Walter) e Stefano Rosci (Carlo) fanno di questo coming of age un racconto di elaborazione del lutto e romanzo di formazione.

 

Scritto da Valerio Cilio e Gianluca Leoncini, Denti da squalo vede anche le partecipazioni di Claudio Santamaria, Edoardo Pesce e Virginia Raffaele. Il film sarà al cinema dall’8 giugno e potrebbe arrivare su qualche piattaforma tra qualche mese. Un progetto ambizioso che non ha paura di mostrare i denti da squalo, appunto, e che potrebbe essere una buona occasione per portare le persone nelle sale.

Denti da squalo, la trama

Questa è la storia di Walter e della più incredibile estate della sua vita. La scuola è finita e Walter, 13 anni, ha appena perso suo padre. Nel suo vagare apparentemente senza meta per il litorale romano, è un luogo affascinante e misterioso a catturare la sua attenzione: una villa abbandonata con una gigantesca, torbida, piscina. Ma la villa non è incustodita e inizierà per lui un viaggio indimenticabile.

L’estate di Walter sta per cambiarlo per sempre. In verità, lo ha già fatto. Scoprendo della morte del padre Antonio – interpretato da Claudio Santamaria – qualcosa inevitabilmente nella sua giovane età si è come spezzato. Prende coscienza che da quel momento in poi nulla sarà come prima, come se avesse una famiglia da mandare avanti. Ecco perché non accetta aiuto dalla madre per elaborare il lutto, perché non vuole per il momento affrontare l’argomento, vuole semplicemente fare qualcosa che abbia un senso nella vita, che lo faccia sentire un eroe, come suo padre. Conosce quasi tutto del passato del padre ecco perché si reca nella villa con piscina. Di questa villa si raccontano fiabe e racconti di pirati, anzi di Corsari. In quella villa Walter trova in Carlo un amico fraterno e insieme impareranno a non avere paura.

Denti da squalo Tiziano Menichelli

La paura

Più volte il tema della paura ritorna in Denti da squalo. C’è la paura di una madre – Interpretata da Virginia Raffaele – e di una moglie rimasta vedova troppo presto di accudire il figlio. La paura di non essere abbastanza e di essere messa da parte ancora una volta per quella vita malavitosa nella quale il marito era boss. La paura di un ragazzino di 13 anni che, una volta persa la figura paterna, perde tutto, una parte di sé e pur di riconquistare quel rapporto ormai eterno fa di tutto. Si avvicina a quella vita criminale, in quella stessa villa dove il padre e il Corsaro – interpretato da Edoardo Pesce – si erano dati l’ultimo saluto.

La paura Walter la vuole mordere, la vuole guardare dritta negli occhi, non scappa di fronte a uno squalo, ci nuota insieme perché non avere paura è quello che gli ha insegnato il padre ma è anche un modo per rivederlo. Ecco perché dopo il funerale si reca subito alla villa che appare abbandonata. Lì incontra Carlo nel suo mondo da bimbo sperduto, quasi ne è affascinato ma capisce subito che dietro la maschera da bad boys c’è solo un ragazzino come lui. Per cui la loro estate, al netto di qualche lavoretto per una banda locale di altri bimbi sperduti, sarà insegnare all’altro qualcosa. Crescere insieme, avere un fratello.

Denti da squalo Edoardo Pesce

Lo squalo

In Denti da squalo, l’animale predatore che nuota in piscina diventa il simbolo di questa paura. La paura di crescere di Walter, la paura di sbagliare della madre, la paura dell’eredità di Antonio. Lo squalo fa paura, è sempre predatore e come vediamo solo preda di un individuo: l’essere umano. Lo stesso essere umano che lo mette in cattività, che lo rapisce dal suo habitat per metterlo all’interno di una piscina. Così Denti da squalo porta in scena anche la questione climatica di un essere umano predatore e mai preda, una narrazione che sempre più nel cinema internazionale prende il sopravvento, come nel caso de Le règne animale presentato a Cannes 76.

Walter è l’unico a capire che lo squalo va liberato e così liberandolo lui stesso, che in questi mesi d’estate è cresciuto in cattività potrà liberarsi di un peso. Il giovane ragazzo di 13 anni non ha mai avuto paura di mostrare i denti da squalo. Sul finale Walter decide di non proseguire con quella vita criminale in cui stava per cadere solo per intraprendere le orme del padre, per averlo più vicino. E così il film finisce per come inizia: siamo sul litorale laziale e Walter guarda il mare. Siamo distanti però dal giorno del funerale dove lo stesso ragazzo guardava l’orizzonte senza una meta, perso nel vuoto dei suoi pensieri, come uno squalo dentro una piscina. Ora guardando il mare ritrova il sorriso di suo padre, l’abbraccio di sua madre e lui stesso come lo squalo che ha avuto il coraggio di liberare.

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Lidia Maltese
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Lidia Maltese
Laureata in Scienze della Comunicazione alla Sapienza, classe 95. La mia vita è una puntata di una serie tv comedy-drama che va in onda da 27 anni. Ho lo stesso ottimismo di Tony Soprano con l'umorismo di Dexter, però ho anche dei difetti.
denti-da-squaloDenti da squalo diventa simbolo della paura. La paura di crescere di Walter, la paura di sbagliare della madre, la paura dell’eredità di Antonio. Lo squalo fa paura, è sempre predatore e come vediamo solo preda di un individuo: l’essere umano. Il film racconto di formazione, elaborazione del lutto, thriller, mischia tutto insieme e il risultato è una pellicola che accompagna lo spettatore a non avere più paura.