Freaks Out: a lezione di cinema con Claudio Santamaria e Gabriele Mainetti

Il regista di Freaks out Gabriele Mainetti e l'attore Claudio Santamaria hanno incontrato Gianni Canova al Cinema Anteo di Milano per una lezione di cinema con il pubblico.

Freaks Out

Giovedì 28 ottobre, data di uscita nelle sale del film Freaks Out, il regista Gabriele Mainetti e l’interprete Claudio Santamaria hanno incontrato il pubblico milanese per una lezione di cinema con il critico Gianni Canova. Il Cinema Anteo ha accolto gli ospiti nella sala Excelsior, creando un piacevole spazio d’incontro e permettendo un dialogo entusiasmante tra regista, attore, cinefili e fan.

 

Freaks out: la trama e i personaggi

Freaks Out racconta la storia di quattro freaks, quattro fenomeni da baraccone che durante la Seconda guerra mondiale vedono il proprio circo venire distrutto dai bombardamenti. Dopo la scomparsa di Israel (Giorgio Tirabassi), loro direttore e padre putativo, Fulvio, Cencio, Matilde e Mario vagano nella Roma del 1943 alla ricerca di un luogo in cui la loro diversità possa essere accettata. In un racconto ucronico, i protagonisti percorrono un viaggio di formazione che li porta a esplorare il brutale mondo esterno ma soprattutto la loro interiorità.

In un periodo storico in cui la diversità è fortemente perseguitata, Fulvio è un uomo lupo. Cencio (Pietro Castellitto) è un ragazzo albino in grado di comunicare con gli insetti. Matilde (Aurora Giovinazzo) è la ”ragazza elettrica”, terrorizzata dal suo stesso potere. Mario (Giancarlo Martini) è un adulto con la testa da bambino dotato di forza magnetica. I protagonisti non sono gli unici freaks, gli outsider della storia. Il direttore del circo nazista, Franz (Franz Rogowsky), è dotato di sei dita e prevede il futuro. Anche i partigiani sono freaks a loro modo: c’è ”il gobbo”, ”il guercio”, chi è mutilato.

Lezione di cinema con i Freaks

Ieri, grazie alla lezione di cinema organizzata all’Anteo di Milano, Gabriele Mainetti e Claudio Santamaria hanno dato modo al pubblico di esplorare con loro la magia che sta dietro a Freaks Out. L’evento, moderato dal professore e critico cinematografico Gianni Canova, è stato un piacevole dialogo tra il palco e la platea, in cui domande non banali hanno incontrato risposte cariche di entusiasmo e passione.

Non appena sale sul palco, Gabriele Mainetti confessa la sua felicità: ”È bello eh? É una grande emozione, voi siete il mio primo vero pubblico, quello che serve, le persone per cui noi facciamo veramente questo lavoro.” Tornare nelle sale è emozionante per il regista come per l’attore Claudio Santamaria. I due si riuniscono sul set di Freaks out dopo la collaborazione in Lo chiamavano Jeeg Robot, opera prima di Maietti che ha collezionato 8 David di Donatello e 3 Nastri d’argento.

La costruzione del freaks di Santamaria

Nel film, Santamaria è Fulvio, l’uomo lupo dotato di forza sovrumana, scorbutico e cinico ma anche protettivo nei confronti degli altri protagonisti. Parlando del suo personaggio, ispirato ad un uomo ipertricotico esistito davvero, Claudio Santamaria scherza ”Ma io in realtà nel film non c’ero.” Interpretare il personaggio, completamente coperto dal pelo, è stato il lavoro più duro della sua carriera. Girare il film d’estate con quattro ore di trucco al giorno, è stato difficilissimo. Però confessa: ”Se la preparazione di Jeeg è stata più dura per altri aspetti, in Freaks out mi sentivo più maturo. Fulvio ha una maschera molto forte, bisognava trovare una personalità che uscisse fuori da questa maschera. Avevo una libertà nella costruzione del personaggio notevole, ho lavorato molto d’improvvisazione. Essendo Fulvio un personaggio di spettacolo, mi ha permesso di attingere molto anche alla mia carriera e al mio passato.

Santamaria evidenzia l’importanza delle prove, il lavoro sul proprio passato, sulle discriminazioni vissute lui stesso. Mainetti conferma e aggiunge: ”É bello come l’attore prenda da un gesto la storia del personaggio.”

Nell’interiorità dei freaks

Parlando del messaggio alla base del film, Claudio Santamaria rivela: ”Possiamo parlare di maschera, di pelo, di diversità ma la cosa fondamentale per sospendere l’incredulità e dare credibilità a questi personaggi era lavorare su una costruzione forte di relazioni tra di loro. Costruire questo fratello maggiore (Fulvio) che si prende cura degli altri freaks e questo padre putativo che è Israel.”

Il discorso sul padre è forte nel film. Mainetti racconta come Nicola Guaglianone, autore del soggetto del film, abbia attinto alla propria vicenda personale per l’idea di Freaks out”I personaggi del film guardano a quello che è il mondo mio e di Guaglianone. Nicola ha perso suo papà e voleva raccontare quell’ossessiva ricerca del padre come una possibile protezione a tutto. Una protezione che, quando tuo papà non c’è più non riesci a trovare e che, una volta adulto, nessun padre può darti.”

I dettagli della realizzazione del film

Mainetti affascina poi il pubblico raccontando il modo in cui lavora con l’immagine, gli attori, la musica. ”Il film ha una macchina ipercinetica, che non trova pace, ma mette in scena un concerto virtuoso, che è quello del movimento attoriale.”

Gli effetti speciali e i costumi in Freaks Out sono ciò che balza all’occhio del pubblico. ”Ogni scena è il risultato di un concerto di scenografi, trucco, parrucco, fotografia, attori… L’effetto speciale è questo, l’unione di tutte le forze.

Mainetti spiega poi come ha lavorato alla ricostruzione storica della Roma del 1943, facendo un’attenta analisi del periodo storico ma anche tradendolo per un discorso puramente cinematografico. ”I tradimenti vanno fatti quando sono funzionali a rendere l’immagine più espressiva. Va poi capito come nei personaggi raccontare quel periodo senza perdere la possibilità di essere comunicativi ad una platea odierna, soprattutto quella dei giovani…”

L’obiettivo per il regista era quello di ”Trovare personaggi che funzionassero in quel contesto storico e ibridarli nella narrazione del fantastico, che nel nostro paese non c’è, o c’è poco.”

La meraviglia del diverso

Un film storico, un po’ fantasy, ma anche un racconto di crescita e di ricerca di sé. Gabriele Mainetti mostra allo spettatore un mondo fantastico, che coniuga verità storica e superpoteri, esibendo la meraviglia e l’orrore delle stranezze. E afferma: ”L’identità ti rende in qualche modo unico e se sei unico sei diverso da chi ti sta accanto, ma in una forma meravigliosa.” 

Freaks Out è un unicum nel panorama nazionale. Rimanda all’horror di Browning, al thriller di Tarantino, all’azione e al fantastico di Spielberg, ma è tutto italiano, o forse romano. Un film che lascia a bocca aperta per la precisione con cui tutto è stato costruito, una favola che sembra reale nella sua assurdità. In Freaks Out c’è un’incredibile forza attrattiva: dalla scena di apertura dello spettacolo nel circo, ai piani sequenza dei momenti di combattimento, dalle battute di spirito tra i freaks ai dialoghi introspettivi.

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