Fall, la recensione di un thriller da vedere seduti al cinema

Un'esperienza unica, da vivere in sala e con i piedi ben piantati sulla terra

fall recensione

Le abbiamo viste in fuga su strade desolate, e altrettanto spesso assediate da lupi, fiere varie ed enormi squali cattivi (una falsità che ci rende meno adorabile il Grande Steven Spielberg), ma non capita spesso di seguire il dramma di giovani “Damigelle in pericolo” sospese a oltre 600 metri da terra. Un’esperienza inusuale che ci offre il Fall di Scott Mann che Bim Film distribuisce nei cinema a partire dal 27 ottobre. Un’avventura che le due protagoniste – la Mary dei due Shazam!, Grace Caroline Currey, e la Virginia Gardner di Gaslit e Runaway – ricorderanno per sempre a prescindere dal risultato professionale.

 

In primis, perché sono state costrette in prima persona a restare sospese nel vuoto durante riprese durante i quali i pericoli non sono mancati, tra intensi temporali, raffiche di vento a 100 km/h e persino il cameo di uno sciame di formiche volanti. E per fortuna che il regista di L’ultima partita e Bus 657 non le ha portate in cima alla torre dove si svolge la vicenda, ma su un traliccio di 30 metri ricostruito in cima a un dirupo delle Shadow Mountains, nel deserto del Mojave, in California.

La voglia di volare passa, la vertigine resta

Dopo che un’escursione sulle Montagne Rocciose di tre esperti freeclimber finisce in tragedia, l’azione si sposta infatti in Arizona, sulla quarta torre di trasmissione abbandonata più alta degli Stati Uniti. E’ qui che Hunter spera di spingere a superare le proprie paure l’amica Becky, ancora in lutto a un anno dalla disgrazia nella quale è scomparso il ragazzo Dan (Mason Gooding, a completare lo scarno cast con il sempre carismatico Jeffrey Dean Morgan), una presenza sempre costante nella vita delle due, e nel prosieguo di Fall. Che ci racconta i loro tentativi di chiedere aiuto e di sopravvivere alla mancanza di provviste e alle  condizioni atmosferiche avverse che rendono ancora più da brivido questo anomalo assedio nel mezzo del deserto.

Un thriller tra alti e bassi

“Mi piacerebbe averlo scritto”, pare abbia twittato Sua Maestà Stephen King, paragonando il film al Duel – ancora – di Spielberg. Un film a basso budget (3 milioni di dollari, ben spesi) nel quale la paura rischia di essere fin troppo tangibile e la tensione ha un andamento costante, a differenza che in questo. Un riferimento forse inarrivabile per tutti, che non vale la pena prendere in considerazione per giudicare un survival movie a suo modo originale, definito “vertiginoso” per ovvi motivi ed effettivamente in grado di regalare emozioni.

Come annuncia la produzione, “la vera star è la torre“, e la regia non fa che sottolinearlo adeguatamente. A partire dalle riprese – tanto semplici quanto spettacolari – che non ne mostrano che una porzione intermedia, privandoci di qualsiasi rassicurante riferimento spaziale e dando l’impressione di una ‘Starway to Heaven‘ vera e propria. Fino a quelle effettuate dall’immancabile drone, che ci portano a una altezza alla quale non molti di noi arriverebbero mai, come anche la maggior parte di avventure come questa.

Fall “cade” nel consueto

Che purtroppo scivola (attenzione!) nel consueto quando dal survival puro si passa alle sottotrame relative al passato e al rapporto tra le due ragazze, e alla principale chiave di volta dell’intreccio, che per lo meno restituisce senso alle diverse incongruenze mostrate nel corso della narrazione, che a tratti ristagna in attesa della nuova svolta in grado di riaccendere quanto meno la curiosità. Difetti che i produttori Mark Lane e James Harris avevano mostrato già in occasione dei precedenti 47 Metri (e sequel).

Resta il dubbio che ci possa essere un intento educativo nel mostrare le poche precauzioni che fanno da premessa al dramma, e i danni che produce l’affidarsi a cattivi maestri quanto contare su follower e ‘amici’ virtuali… elementi ormai ricorrenti, vista la presenza dei social nelle nostre vite. Stante una recitazione che spesso risulta secondaria in tanta adrenalina, resta da notare in Fall il buon momento delle ‘ceneri’, per quanto interlocutorio, e un uso intelligente e strategico della musica, chiamata spesso in causa a spiazzare lo spettatore con jumpscare annunciati ai quali non viene dato seguito, lasciando la tensione libera di svilupparsi altrimenti.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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fall-la-recensione-di-un-thriller-da-vedere-seduti-al-cinemaStante una recitazione che spesso risulta secondaria in tanta adrenalina, resta da notare il buon momento delle 'ceneri', per quanto interlocutorio, e un uso intelligente e strategico della musica, chiamata spesso in causa a spiazzare lo spettatore con jumpscare annunciati ai quali non viene dato seguito, lasciando la tensione libera di svilupparsi altrimenti.