Firestarter recensione

Troppo spesso lo scrittore Stephen King viene sbrigativamente classificato come autore di opere horror. Chi ha letto e conosce i suoi romanzi sa bene che all’interno di essi sono racchiusi numerosi generi e tra quelli che spiccano maggiormente vi è il coming of age. Opere come Carrie e It sono esemplari nell’affrontare la paura che deriva dal crescere, una paura che in questi racconti si manifesta in modo più concreto del previsto. Un terzo titolo che si allinea a questi due romanzi è L’incendiaria, pubblicato nel 1980, che torna ora al cinema con Firestarter, nuovo adattamento scritto da Scott Teems (Halloween Kills), diretto da Keith Thomas (The Vigil) e prodotto, tra gli altri, dalla ormai popolare Blumhouse Productions di Jason Blum.

 

Portato al cinema già nel 1984 (in Italia venne distribuito con il titolo Fenomeni paranormali incontrollabili), dove l’incendiaria del titolo era interpretata da Drew Barrymore, il romanzo trova in questa nuova trasposizione la possibilità di ripresentarsi alle nuove generazioni, similmente a quanto recentemente avvenuto anche per It The Stand. La storia, con poche variazioni, è sempre quella: Charlie (Ryan Kiera Armstrong) è una bambina che sente scorrere in sé un misterioso potere, che le permette di generare e controllare il fuoco a suo piacimento. Quando gli errori del passato dei suoi genitori vengono a cercarla, Charlie si trova a dover intraprendere una fuga insieme al padre Andy (Zac Efron), durante la quale scoprirà molto di più sulla propria identità.

Storia di una giovane mutante e del suo amato padre

Come accennato in apertura, uno dei temi più affascinanti nell’opera di King è quello relativo all’affrontare le proprie paure, specialmente quando queste sono legate alla crescita, al delicato passaggio dall’infanzia all’adolescenza e infine all’età adulta. Attraverso delle storie che altro non sono se non delle bellissime metafore, lo scrittore porta i suoi personaggi a confrontarsi con tale momento, permettendo loro di conoscersi meglio e scoprire tutte le proprie potenzialità. La giovane Charlie di Firestarter non fa eccezione e quanto le accade è precisamente un percorso che, tra il dolore e il perdono, la porta a comprendere meglio quel qualcosa che sente cambiare dentro di sé, che lei chiama “la cosa brutta”.

Un puro coming of age, dunque, condito ovviamente da quegli elementi soprannaturali e tendenti all’horror che si ritrovano anche nel romanzo. D’altronde l’abilità della pirocinesi si presta a dar vita a situazioni pronte a degenerare e sfociare nella violenza e nella brutalità più estrema, elementi che nel film non mancano. Ed è a partire dalla rappresentazione di tale “dono” sovrumano e dal desiderio di Charlie di nasconderlo che il film assume allo stesso tempo quasi l’aspetto di una origin story di un supereroe. Guardando Firestarter, infatti, sono numerosi i momenti in cui si sarà portati a pensare agli X-Men, i mutanti della Marvel cacciati dagli umani in quanto diversi. Dinamiche molto simili si ritrovano anche qui.

Ancora, un terzo aspetto fondamentale nel film è il rapporto tra la giovane protagonista e il padre Andy. Se la madre puritana di Carrie viveva con acceso conflitto il potere della figlia, in questo caso Andy passa dal temerlo all’aiutare Charlie a controllarlo. Un Zac Efron amorevole e paterno si fa dunque primo promotore dell’unicità della protagonista e insieme propongono una coppia a suo modo interessante, legata da un sincero affetto che riescono a trasmettere. Al netto di questi tre aspetti, che film è dunque Firestarter? Atteso con grande curiosità, dato il potenziale del racconto, il risultato purtroppo non è dei più entusiasmanti.

Firestarter Zac Efron

Un fuoco che non scotta

Adattare King è notoriamente un impresa difficile. Recenti tentativi come It – Capitolo Due e la serie The Stand si sono scontrati con materiali narrativi troppo complessi perché gli si possa rendere giustizia. Un film come Pet Sematary, invece, pecca di un apparente svogliatezza. La stessa cosa si può ora dire di questo Firestarter, il quale mantiene per tutta la sua durata di 94 minuti un profilo fin troppo basso, che gli impedisce di accendere tanto le proprie potenzialità quanto l’interesse dello spettatore. Ci si trova dunque di fronte ad un film tristemente insipido, che fa innervosire per il suo non puntare a qualcosa di più, tanto in termini narrativi quanto estetici. Ancor di più, Firestarter è un fantasy horror che non riesce mai a fare paura né a comunicare una certa tensione o costruire un’adeguata atmosfera.

Difficile dire se a penalizzare di più il film sia la sua sceneggiatura, scritta in modo fin troppo evidentemente approssimativo, o la sua regia, che manca di esaltare anche i momenti più importanti. La sensazione è quella di un prodotto in cui non si è creduto abbastanza, mortificato da scelte di messa in scena che non permettono di costruire un vero coinvolgimento emotivo né di offrire un valido intrattenimento. Per fare un esempio concreto, il processo di addestramento della protagonista, nel romanzo una parte lunga e ben articolata, è qui limitato a poche inquadrature. Allo stesso modo, le azioni che Charlie compie con il suo potere vengono per lo più lasciate fuori campo, come se una mancanza di budget impedisse di dar vita ad effetti speciali di maggior livello.

A frenare parzialmente la corsa del film verso l’anonimato vi è la colonna sonora di John Carpenter, con le sue sonorità elettroniche particolarmente incalzanti. La sua presenza, che è un modo velato per ripagarlo di quando nel 1984 gli fu tolta la regia proprio di Firestarter, non può che far chiedere come sarebbe potuto essere il film se alla regia vi fosse stato lui. Lui con le sue straordinarie capacità di raccontare con il solo uso delle immagini, di fare dei limiti di budget una virtù. Sfortunatamente non lo sapremo mai e quello con cui si è chiamati a confrontarsi è un risultato che provoca più dispiacere che rabbia, considerando il materiale di partenza e gli affascinanti elementi alla base della storia.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
firestarter-recensione-stephen-kingAtteso con grande curiosità, dato il potenziale del racconto, il risultato di Firestarter purtroppo non è dei più entusiasmanti. A penalizzare di più il film vi sono sia la sceneggiatura, scritta in modo fin troppo evidentemente approssimativo, e la sua regia, che manca di risultare incisiva anche quando servirebbe di più. Nota di merito: la colonna sonora di John Carpenter, incalzante e coinvolgente.