Leggende Metropolitane: recensione del film di Stefano Meloncelli

Il film è disponibile dal 1° marzo su Prime Video.

Amici squattrinati, scommesse ippiche, partite di carte, fumo e donne oggetto. Con il suo film d’esordio, dal titolo Leggende Metropolitane, Stefano Meloncelli – regista di oltre 200 videoclip musicali di artisti della scena rap e trap (tra cui Gué Pequeno e Vacca) – accompagna il pubblico tra l’inettitudine e la nefandezza delle strade dimenticate delle periferie lombarde, quelle “fuori Milano”, dove le favole non hanno morale.

 

Il film, prodotto da James Dean Movie in collaborazione con SNOBLAB A.C. e con Portorico MNGMT & Provincia Kartel, è disponibile dal 1° marzo sulla piattaforma streaming Prime Video.

Leggende Metropolitane Trama

Sandro, Chico e Gigi sono tre amici perdigiorno che faticano a relazionarsi con il mondo esterno e a riscattarsi socialmente: Sandro (Mattia Travaini) è un impiegato comunale rude e sempre nervoso, Chico (Fabrizio Marchegiani) è un bidello che tutti credono muto ma in realtà è solo incompreso, e Gigi (Diego Paul Galtieri), invece, è un falso invalido, pigro e svogliato, un parassita sociale di cui le uniche certezze sono che “non è ricco, non è astemio e non ha fretta”. A questo trio si affiancano poi Giusy (Chiara Pollicino), una giovane donna in cerca di una relazione amorosa stabile, e Tini (Papa K Mensah), un colto ed elegante spacciatore extracomunitario.

Convinti di aver ricevuto la “soffiata del secolo” da Mario (Edoardo Costa), un miliardario generoso e misterioso, i tre amici decidono di scommettere una piccola somma su un cavallo che credono sicuro. Tuttavia, quando la scommessa va male, ritornano da Mario sperando di avere una spiegazione e un’altra opportunità. Invece, Mario affida loro un compito insolito: trovare Marietto, il figlio di ventisette anni scomparso da giorni.

Leggende metropolitane In foto (da sinistra a destra) gli attori Mattia Travaini, Diego Paul Galtieri e Fabrizio Marchegiani.

Una “favola” senza morale

“Voglio raccontarvi una favola urbana perché questo mondo ha bisogno di eroi, di sentimenti e di storie da raccontare”. È con questa frase che si apre Leggende Metropolitane, un film che si propone di essere una favola urbana ma che di fiabesco, in realtà, ha davvero poco e nulla, tantomeno gli eroi. Fin dalle prime scene, infatti, Meloncelli trasporta il pubblico tra le strade di una delle tante degradate periferie del nord Italia, evocata da suggestivi primi piani e campi lunghissimi che ne enfatizzano la bellezza e la solitudine.

Anche la narrazione, con tono comico e irriverente, si impegna a mostrare ed esaltare l’essenza più dolceamara e nefanda di una realtà trascurata, che fatica a stare al passo col mondo esterno. Quella di Leggende Metropolitane è, dunque, una storia tanto semplice quanto grottesca, in cui verosimiglianza e assurdità convivono per raccontare non solo i vizi e i cliché della periferia e di chi la abita, ma anche e soprattutto l’esasperante “sopravvivenza” di chi si trova ai margini della società.

Leggende Metropolitane | In foto (da sinistra a destra) gli attori Mattia Travaini e Edoardo Costa.

Un velo di amatorialità

Nonostante il titolo possa suggerire un’atmosfera quasi fantastica, in Leggende Metropolitane, Meloncelli sceglie di utilizzare il mezzo cinematografico come una piccola finestra sulla realtà, proponendo un racconto realistico e dettagliato sulla “classe sociale degli ultimi”, degli emarginati, di coloro che non riescono (né tentano) di riscattarsi socialmente.

Pur offrendo momenti grossolanamente divertenti e richiamando il paradigma della commedia all’italiana, Leggende Metropolitane non riesce a superare completamente quel limitante velo di “amatorialità”, lasciando una sensazione di incompiutezza nell’esplorare a fondo le emozioni e le esperienze dei suoi personaggi (a dir poco macchiettistici e unidimensionali), oltre che alla loro visione del mondo.

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RASSEGNA PANORAMICA
Annarita Farias
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leggende-metropolitanePur offrendo momenti grossolanamente divertenti e richiamando il paradigma della commedia all'italiana, Leggende Metropolitane non riesce a superare completamente quel limitante velo di "amatorialità" e superficialità, lasciando una sensazione di incompiutezza nell'esplorare a fondo le emozioni e le esperienze dei suoi personaggi, oltre che alla loro visione del mondo.