Madame Luna: la recensione del film di Daniel Espinosa

Il nuovo progetto del regista svedese arriva in sala il 18 luglio.

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Madame Luna, la cui uscita nelle sale italiane è attesa per il 18 luglio 2024, ci porta a confrontarci con una realtà dura e complessa, quella dei migranti e delle loro lotte per la sopravvivenza. Il film, diretto da Daniel Espinosa, basa il proprio racconto su una donna dal misterioso passato, giunta sulle coste italiane insieme a molti conterranei.

 

Prodotto tra Italia, Svezia e Stati Uniti e distribuito da EuroPictures, l’opera del regista svedese è stata sceneggiata dallo stesso Espinosa in compagnia di Suha Arraf e Maurizio Braucci. E rappresenta l’ottavo lavoro del cineasta salito (nel corso degli ultimi anni) agli onori della cronaca – nel bene e nel male – per i suoi ultimi Life – Non oltrepassare il limite (2017) Morbius (2022).

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Il cast del film, che vede protagonista Meninet Abraha Teferi (la tormentata Almaz/Madame Luna) comprende anche i volti Claudia Potenza ed Emanuele Vicorito, oltre a Hilyam Weldemichael e Pino Torcasio.

Madame Luna: la trama

Almaz, donna con un passato burrascoso, è conosciuta in Libia con il soprannome di Madame Luna. Parte integrante di un’organizzazione criminale che sfrutta il traffico di esseri umani, si ritrova però costretta a fuggire per salvarsi la vita. Il suo viaggio la porta in Italia, dove approda come rifugiata. Grazie alla sua astuzia e tenacia, non ci vuole molto perché Almaz entri in contatto con la malavita locale e la sua esperienza nel mondo criminale le permette di guadagnarsi la fiducia e la collaborazione di esponenti di spicco della mafia italiana.

Tuttavia, l’ingresso in questo nuovo mondo non è privo di insidie, tanto che Almaz si trova presto a fare i conti con le dure regole e i codici non scritti che regolano la criminalità organizzata italiana. Sfide inaspettate la portano a mettere in discussione le sue stesse scelte, mentre lotta per sopravvivere e trovare un posto in un ambiente dominato da uomini spietati.

Madame Luna: punti di vista

Ci aveva lasciati tra le onde del mare l’Io Capitano di Matteo Garrone, ad ascoltare le urla colme di speranza del suo protagonista Seydou, intento ad osservare l’elicottero che annunciava l’arrivo dei soccorsi. Daniel Espinosa, in questo senso, sembra allora voler tratteggiare i contorni delle successive tappe del viaggio migratorio. Un viaggio che non ha fine nell’acqua salata, ma prosegue sulla dura terra delle nostre coste. Là dove desideri e illusioni si scontrano il più delle volte con una realtà dei fatti crudele e impietosa, pronta a spolpare le prospettive di una vita migliore.

Madame Luna, prosecuzione dunque “spirituale” del racconto candidato agli Oscar, non si limita però a rivelare a schermo quanto il cineasta italiano aveva volutamente lasciato fuori campo, ma offre una nuova – nonché coraggiosa – prospettiva d’indagine, selezionando la “criminale” Almaz come punto di vista privilegiato della narrazione. La parabola esistenziale della donna, che affonda infatti in un passato a tinte fosche e finisce subito per assumere grigie connotazioni di opportunismo nel nome di una sopravvivenza da guadagnare “ad ogni costo”, diviene non a caso finestra d’eccezione su una questione centrale come quella dell’accoglienza; mostrata non tanto nella soggettiva della vittima, quanto in quella (necessariamente) dura e – per certi versi – feroce della figura inserita nel sistema. Un sistema di nuove prigioni, torture “legalizzate” e sogni infranti.

Madame Luna: l’inutile spettacolarizzazione

Daniel Espinosa si conferma dunque cineasta estremamente interessato al contatto con l’altro, l’alieno o l’emarginato. E questa sua nuova creatura, registicamente ben dosata e pulita, (quasi) mai alla ricerca del virtuosismo o del colpo di scena, prosegue per buona parte del minutaggio a un’analisi lucida del fenomeno in essere, priva forse del mordente necessario a lasciare il segno, ma comunque coerente con i propri obiettivi e necessità narrative.

Dispiace perciò constatare, considerata l’importanza di un’opera che, va sottolineato, ha comunque il merito di fare luce su dinamiche spesso poste sotto silenzio o poco approfondite, che il film di Espinosa perde parte della propria carica espressiva nei suoi ultimi frangenti di minutaggio, quando è cioè il momento di tirare le fila del racconto. Qui, allontanandosi definitivamente dalle atmosfere che ormai qualche anno fa fecero la fortuna (critica) del Mediterranea di Jonas Carpignano – forse tra le opere di riferimento di Madame Luna e intrisa di una tensione documentaristica che, giocando con i codici della fiction, ci ha regalato uno dei punti più alti recentemente raggiunti dal nuovo movimento neorealista italiano – il film sembra improvvisamente forzare il reale alla ricerca di una spettacolarizzazione della storia che francamente poco aggiunge al discorso impostato, procedendo tra l’altro a un sovraccarico di informazioni che sembra rispondere più alle esigenze drammaturgiche dell’Espinosa sceneggiatore che a quelle artistiche del regista.

Sommario

Un'opera lucida nel raccontare il lato oscuro dell'accoglienza dei migranti, ma che finisce per spettacolarizzare il racconto e sovraccaricarlo di informazioni per soddisfare esigenze drammaturgiche.
Dario Boldini
Dario Boldini
Laureato in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, ha collaborato con l'Associazione Culturale Lo Sbuffo a partire dal 2019, scrivendo articoli e approfondimenti sul mondo dello spettacolo. Ha poi frequentato la specializzazione in Critica cinematografica presso la rivista e scuola di cinema di Sentieri Selvaggi di Roma, con la quale collabora dal 2022. Appassionato di cinema e serie tv, collabora con Cinefilos dal 2023. A partire dal 2022 ha partecipato a diversi festival cinematografici su territorio nazionale, tra cui quelli di Venezia, Roma, Torino, Bergamo e Trieste.

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