A cinque anni di distanza da The Bad Batch torna in concorso a Venezia 78 con il suo ultimo film, Mona Lisa and the Blood Moon, la regista di origine iraniana naturalizzata statunitense Ana Lily Amirpour. Proprio a Venezia, la regista dallo stile inconfondibile, convinse vincendo il Premio Speciale della Giuria sbilanciando i pronostici che vedevano altri film favoriti. Come nel film precedente la protagonista è una donna che non accetta passivamente ciò che le accade ma combatte per trovare il proprio posto nel mondo.
Mona Lisa and the Blood Moon, la trama
La Mona Lisa del titolo fa di cognome Lee ed è interpretata da una giovane attrice, la sudcoreana Jeon Jong-seo nota principalmente ai più per il suo ruolo in Burning di Lee Chang-dong. La ritroviamo ad inizio film in una prigione psichiatrica, non sappiamo da dove viene ne tantomeno si scoprirà, però sarà intuibile da subito il motivo della sua reclusione. Il modo in cui la regista sceglie di mostrarla porterà il pubblico a parteggiare immediatamente per lei e per quello che sarà la sua storia. La vicenda è ambientata a New Orleans, il tessuto mistico e l’alone magico che da sempre contraddistingue nell’immaginario collettivo la città renderà la storia e il personaggio di Mona Lisa più credibile.
La ragazza grazie alle sue
capacità riuscirà a scappare dalla struttura in cui è rinchiusa
proprio durante la notte di luna piena che il titolo richiama, da
lì la sua vicenda prosegue, si arricchisce di particolari, si fa
più intrigante a mano a mano che Mona incrocia vari
personaggi facendo
crescere la sceneggiatura insieme alla sua protagonista. Quello di
Mona Lisa Lee è un viaggio verso la consapevolezza di sé stessa che
ottiene solo dopo l’incontro con gli altri personaggi. Come nella
realtà ci sono persone che possono aiutare a raggiungere i nostri
obiettivi e persone che ce ne allontanano. Sicuramente per quanto
riguarda il film della prima sfera fanno parte l’eccentrico Dj Fuzz
interpretato da un convincente
Ed Skrein, subentrato in corsa al posto di
Zac Efron, e Charlie, Evan
Whitten, bambino con cui la protagonista creerà un solido
legame e che ci regala i momenti più poetici del film; dell’altra
sfera fanno invece parte in primis la Bonnie Belle di
Kate Hudson che seppur può essere considerata
un’alleata di Mona lo fa invece solo per un proprio tornaconto
personale e l’agente Harold interpretato dal caratterista Craig
Robinson che risulterà essere un buffo ostacolo tra Mona e il suo
futuro e che avrebbe fatto meglio a dar retta a ciò che il biscotto
della fortuna gli suggeriva.
Colonna sonora come punto di forza
Punto di forza del film è sicuramente una coinvolgente colonna sonora, curata dall’italiano Daniele Luppi, dove emergono atmosfere funky house e la fotografia di Paweł Pogorzelski che si sposa sapientemente con le indicazioni che l’Amirpour ha impartito per ottenere un ambientazione reale e allo stesso tempo surreale puntellata di luci psichedeliche.
Ana Lily Amipour si conferma una regista matura con le idee chiare, nel suo stile non esistono mezze misure quindi se lo spettatore sceglierà di stare al suo gioco l’esperienza non potrà che essere rivelatrice di significato e significanti senza tralasciare il puro intrattenimento, in caso contrario invece sarà difficile che il film possa convincere fino in fondo.