Moonage Daydream

La sua biografia ci ricorda che David Bowie è morto il 10 gennaio 2016, ma in pochi potrebbero dire tutte le volte che è rinato nei 69 anni della vita – indimenticabile – che Moonage Daydream cerca di raccontare. In maniera sostanzialmente cronologica, ma non del tutto lineare, inseguendo la rockstar e la sua produzione musicale, ma soprattutto lo sviluppo del suo pensiero, attraverso esperienze di ogni tipo.

 

Che negli anni lo hanno portato a vestire i panni di Ziggy Stardust e Aladdin Sane, Halloween Jack o Nathan Adler, fino al Pierrot di Scary Monsters e l’immortale White Duke fino al Profeta Cieco (o Button Eye), nel Lazarus del Black Star comunemente considerato il suo testamento. Tante facce di un prisma che non poteva che restituire una luce cangiante e avvolgente, difficile da definire in maniera univoca.

Moonage Daydream, più di un documentario

Special Screening al Festival di Cannes 2022 – e in sala nei giorni del 26, 27 e 28 settembre, dopo una settimana di esclusiva Imax – risulta riduttivo definire come documentario il film con il quale Brett Morgen (Cobain: Montage of Heck, Crossfire Hurricane) punta a offrire “un’odissea spaziale audiovisiva senza limiti” più che una mappa per comprendere e spiegare il fenomeno Bowie.

Un’icona capace di attraversare mezzo secolo della nostra storia come performer, pittore, scultore, oltre che ovviamente attore – anche protagonista – per Nicolas Roeg (L’uomo che cadde sulla Terra), Tony Scott (Miriam si sveglia a mezzanotte), Nagisa Ōshima (Furyo), John Landis, Julien Temple, Jim Henson (Labyrinth), Martin Scorsese, David Lynch, Julian Schnabel, Giovanni Veronesi e Christopher Nolan (nel Prestige che continua a essere uno dei suoi tre migliori film).

Moonage Daydream david bowiePer chi lo ha amato e per chi non lo ha vissuto

“Un uomo straordinario, pieno di amore e di vita” lo definisce lo storico produttore Tony Visconti, e questa è forse l’unica sintesi possibile alla fine della visione del film e dopo i tanti stralci di Bowie pensiero. Forse troppi, come magmatica è la prima parte della narrazione per immagini e suoni, evidentemente funzionale a rendere la stessa confusione del protagonista, e a sottolineare la progressiva individuazione di un traguardo raggiunto più che del percorso lasciato dietro le spalle. A scongiurare ogni rischio di tentativo di emulazione – impossibile! – e per regalarci la sorpresa definitiva: quella di un uomo soddisfatto, felice, a suo modo ottimista e profondamente innamorato. Della sua Iman, della vita e della gente, alla quale scopriamo esser lui stato sempre molto più vicino di quanto non avremmo mai immaginato. Quasi a ricostruire una immagine più umana dell’alieno androgino del quale in tanti ci siamo innamorati.

L’accettazione di sé è la chiave, l’esortazione a non sprecare il tempo a disposizione e a continuare ad andare avanti il consiglio che resta. Più dei tanti video inediti, anche da concerti mai visti prima d’ora e dietro le quinte incredibili, concessi – insieme alla proprio benedizione – dalla David Bowie Estate, che comunque rendono unico e imperdibile questo documento (più che documentario), nonostante alcuni eccessi filosofici, pur strumentali.

Superata la sensazione di essere al cospetto di una lunga lezione, è a tratti emozionanti sentirsi parte di un flusso di stimoli e suggestioni, prima, e di emozioni, poi. Moonage Daydream è un viaggio che finisce per mostrare il cuore di un artista in costante mutazione, quel nucleo sconosciuto anche a lui stesso – inizialmente – che negli ultimi anni sembra avergli fornito dei punti fermi, che oggi restano come l’eredità che forse gli sarebbe piaciuto di più sapere di averci lasciato.

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RASSEGNA PANORAMICA
Mattia Pasquini
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moonage-daydream-la-recensione-del-film-odissea-su-david-bowieSuperata la sensazione di essere al cospetto di una lunga lezione, è a tratti emozionanti sentirsi parte di un flusso di stimoli e suggestioni, prima, e di emozioni, poi. Un viaggio che finisce per mostrare il cuore di un artista in costante mutazione, quel nucleo sconosciuto anche a lui stesso - inizialmente - che negli ultimi anni sembra avergli fornito dei punti fermi, che oggi restano come l'eredità che forse gli sarebbe piaciuto di più sapere di averci lasciato.