Nessuno lo avrebbe detto mai dalle premesse, eppure Mufasa: Il Re Leone è un prequel ambizioso e emozionante che amplia l’universo di uno dei film Disney più amati di sempre, offrendo una nuova prospettiva sulla storia del padre di Simba. Diretto da Barry Jenkins, premio Oscar per Moonlight, ma autore anche della potente serie La ferrovia sotterranea e del delicato Se la strada potesse parlare, il film si distingue per un approccio narrativo che unisce profondità emotiva, chiarezza di temi, un’estetica visiva elaborata, a una regia che sfrutta a pieno le potenzialità della computer grafica, il tutto mantenendo uno stretto legame con l’eredità del classico del 1994.
Qual è la storia di Mufasa: Il Re Leone?
La trama si svolge molto prima degli eventi de Il Re Leone originale e ci introduce a un giovane Mufasa (interpretato in italiano da Luca Marinelli). Cresciuto come orfano dopo una tragica alluvione che gli porta via i genitori, Mufasa è costretto a trovare il suo posto in un branco estraneo, dove viene visto come un outsider e una potenziale minaccia alla gerarchia esistente. Questo contesto iniziale è fondamentale per comprendere come il futuro re sviluppi la saggezza e l’umiltà che lo renderanno un leader unico e così rappresentativo. In questo nuovo contesto, Mufasa imparerà ad ascoltare la natura e a vivere secondo il suo ordine, stringendo un forte legame d’amicizia con il giovane Taka, principe del branco.
Jenkins e lo
sceneggiatore Jeff Nathanson riescono a tessere abilmente
una storia che approfondisce il personaggio di Mufasa, esplorando
temi universali come l’identità, la resilienza e il destino. Con
esso struttura e approfondisce anche altri personaggi, che saranno
poi fondamentale per la vita del futuro re, tra cui ovviamente
Taka/Scar e Sarabi (Elodie), ma anche
l’enigmatico, saggio e buffo Rafiki (Toni
Garrani), come al solito Most Valuable Player e
narratore della storia. In netto contrasto con Simba, che in Il
Re Leone canta con entusiasmo “Non vedo l’ora di essere
re”, il giovane Mufasa sembra inizialmente riluttante ad
abbracciare il suo futuro regale, soprattutto perché non si sente
degno del posto che spetterebbe, per nascita, a suo fratello
acquisito, Taka.
Mufasa e Taka: da fratelli a nemici
Uno degli aspetti più affascinanti del film è il rapporto tra Mufasa e Taka (interpretato da Alberto Boubakar Malanchino per l’Italia), che diventerà in seguito Scar. I due cuccioli, uniti da un desiderio condiviso di appartenenza, sviluppano un legame fraterno che viene messo alla prova da circostanze esterne e ambizioni divergenti. Questo legame è esplorato attraverso la canzone “I Always Wanted a Brother”, che offre un toccante momento di introspezione, ma trasmette anche la gioia incontenibile di essersi trovati. Tuttavia, l’ombra del tradimento futuro è sempre presente, creando una tensione emotiva che culmina in una rivelazione sorprendente.
Dal punto di vista visivo, Jenkins opta per uno stile che bilancia il fotorealismo de Il Re Leone del 2019 con una maggiore espressività nei volti degli animali e un respiro molto più epico e avventuroso, dato da una maggiore ambizione dello sguardo rispetto a Jon Favreau. Jenkins ha una visione impeccabile della storia che vuole mettere in scena, aggrappandosi forte ai temi che vuole portare avanti e imparando a gestire un linguaggio, quello dell’animazione in CGI, che prima di questo film non conosceva. Il risultato è un
Rimpiangendo Hans
Zimmer
Le musiche rappresentano un altro elemento di discussione. Mentre le tracce originali di Hans Zimmer e Lebo M continuano a evocare un forte impatto emotivo, le nuove composizioni di Lin-Manuel Miranda si dimostrano meno memorabili e a tratti fuori luogo. “Hakuna Mufasa”, una variazione di “Hakuna Matata”, offre un momento di sollievo comico ma manca della magia delle canzoni originali. Tuttavia, il brano corale “We Go Together”, ispirato a un proverbio africano, si distingue come uno dei punti salienti della colonna sonora, sottolineando i temi della solidarietà e della comunità. Il vero problema è che Miranda è indissolubilmente legato alle sue origini sudamericane, che gli hanno permesso nel tempo di arricchire di sonorità tipiche molti film di grande pregio, nonché il gioiello della sua produzione, il musical Hamilton. Confrontarsi con musicalità e tradizioni africane lo ha però messo in difficoltà, con il risultato che gli unici momenti in cui la colonna sonora brilla, sono quelli in cui è Zimmer a riecheggiare ancora una volta con potenza e emozione.
La famiglia di elezione e la dignità del singolo
Mufasa: Il Re Leone si fa promotore di due temi estremamente contemporanei e potenti. Da una parte il film fa sua l’idea di una famiglia che va oltre i legami di sangue e si costruisce, nel corso della vita, come una comunità legata da affinità elettive emotive e di intenti, da una consonanza di sentimenti che nasce spontanea, e non fa riferimento a gerarchie o al diritto di nascita. Allo stesso modo, il film insegna, con una “morale” perfettamente integrata nel tessuto narrativo, partendo dall’archetipico contrasto tra natura e cultura, che non è scritto nel nostro DNA cosa diventeremo e cosa siamo destinati a essere perché tutto dipende dalle nostre capacità e da quello che apprendiamo nel nostro percorso personale. Sono queste le caratteristiche che fanno di noi leader, servitori, seguaci, compagni per la vita, fratelli e anche avversari. Questo è particolarmente evidente nella trasformazione di Mufasa, il cui viaggio personale lo conduce a riconoscere che un vero re è definito non dal potere, ma dalla capacità di servire il suo popolo.
La storia di
Mufasa non è certo rivoluzionaria o estremamente
originale, ma offre una nuova prospettiva a quello che è il
racconto classico de Il Re Leone, ne arricchisce senza dubbio la
loro e per certi versi ne rende più pesante l’eredità e il
messaggio. In questo suo rimando continuo all’originale, il film
riesce comunque a trovare una propria voce e, probabilmente, anche
un proprio posto nella videoteca del classici Disney. È un’opera
che celebra la forza dell’umiltà e della comunità, offrendo una
lezione tempestiva per le nuove generazioni e un’esperienza
nostalgica ed emozionante per i fan di lunga data.
Mufasa: Il Re Leone
Sommario
Il film si distingue per un approccio narrativo che unisce profondità emotiva, chiarezza di temi, un’estetica visiva elaborata, a una regia che sfrutta a pieno le potenzialità della computer grafica, il tutto mantenendo uno stretto legame con l’eredità del classico del 1994.