Nero: la recensione del primo film di Giovanni Esposito

Dal 15 maggio in sala l'opera prima del cineasta napoletano

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Nero, in uscita al cinema giovedì 15 maggio 2025, è un film drammatico diretto da Giovanni Esposito. Prodotto e ambientato in Italia, il film ha una durata di 105 minuti e viene distribuito da Bartlebyfilm.

 

Si tratta della prima esperienza alla regia per Esposito, che oltre a dirigere, prende parte anche come interprete. Il cast riunisce volti noti e provenienti da ambiti diversi, a partire da Giovanni Esposito stesso, affiancato da Susy Del Giudice, Anbeta Toromani e Giovanni Calcagno. Un gruppo di attori eterogeneo che contribuisce a dare forma a un racconto costruito su sfumature espressive e registri differenti. Per un film che, tra alti e bassi, paga il desiderio, ambizioso, di unire più di uno spunto.

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La trama di Nero

Nero è un delinquente di mezza età che si arrangia con piccoli crimini per mantenere la sorella Imma, affetta da gravi disturbi mentali. Durante una rapina finita male, uccide accidentalmente un benzinaio. Sconvolto, fugge, ma viene presto raggiunto da una notizia sconcertante: il benzinaio si è risvegliato miracolosamente, illeso. La comunità attribuisce il miracolo alla Madonna dei Detersivi, una statua collocata nel negozio della vittima. Tuttavia, il poliziotto Abate, visionando i filmati di sorveglianza, giunge a una conclusione diversa: è Nero ad avere un potere inspiegabile.

Convinto della sua intuizione, Abate lo rintraccia e lo supplica di aiutare sua figlia, in coma da mesi. Nero, riluttante, accetta e riesce incredibilmente a guarirla. È a quel punto che comprende la verità: possiede un dono straordinario, ma ogni volta che lo usa perde qualcosa di sé. Dopo ogni guarigione, uno dei suoi cinque sensi svanisce. Man mano che le richieste si moltiplicano e le guarigioni si susseguono, Nero si ritrova intrappolato in un dilemma sempre più straziante. È celebrato come un santo, ma dentro si consuma lentamente, mentre il legame con Imma si fa sempre più fragile. Fino a dove sarà disposto a spingersi per aiutare gli altri? Cosa resta di un uomo che dona tutto, pezzo dopo pezzo?

Nero: ambiguità esistenziale

Colore e sua totale assenza. La dichiarazione di intenti di Giovanni Esposito, qui al suo esordio in cabina di regia, è chiara, addirittura cristallina. Perché le quattro lettere che compongono il titolo di questo suo primo lavoro descrivono innanzitutto l’ambiguità che sottende l’intero minutaggio del film; evidente tanto nella scelta simbolica (e in parte ironica) del nome del suo protagonista – più volte appellato da persone della comunità nera che compongono il suo vicinato – quanto, e soprattutto, nella duplice condizione dello stesso: criminale da quattro soldi da un lato, guaritore per certi versi divino dall’altro. E con questa ambiguità Esposito gioca, si diverte a modellare situazioni, seduto al tornio di un lavoro che, in questo caso in contraddizione con il suo nome, ragiona più che altro di sfumature di grigi. Provando a costruire una serie di impalcature visive e concettuali che, muovendosi tra disagio sociale ed esistenziale, pongono al centro il corpo – “battezzato” dalle acque del mare – dello stesso regista/attore.

La difficoltà di trovare un’amalgama

Tra i punti di maggiore forza del Nero del Giovanni Esposito regista, il Giovanni Esposito attore è infatti, con ogni probabilità, il primo e più importante. In grado di portare sulle proprie spalle il peso di un personaggio dilaniato dal dolore e, allo stesso tempo, di mappare gli scarti, gli improvvisi cambi di direzione del racconto, attraverso un’espressività che – al di là dell’esuberanza insita nella scrittura del protagonista stesso – non risulta mai fuori dalle righe. Riuscendo anzi a sopperire, in più di un’occasione, ad alcune mancanze tecnico-strutturali che il film sembra purtroppo trascinarsi dalla prima inquadratura.

Al netto della prova di Esposito e di alcuni momenti di ottimo cinema – ravvisabili specialmente in quei frangenti di dolcezza che vedono protagonisti Nero e la sorella (entrambi in qualche modo posti a contatto con una dimensione coscienziale oltre-umana – il lungo del regista napoletano soffre infatti del tentativo del suo creatore di amalgamare forse fin troppi spunti. Difficoltà che nulla ha a che vedere con la gestione non proprio ottimale dei pochi momenti action del film – che avrebbero indubbiamente necessitato di una mano più esperta, ma sui quali è tutto sommato semplice soprassedere. Ma che riguarda, essenzialmente, l’indecisione cronica di un progetto che, per quanto affascinante, sembra non scegliere mai la direzione da prendere. Finendo per disperdere nella dissolvenza in nero conclusiva tutta una serie di questioni che, concettualmente intriganti se prese singolarmente, faticano a costruire l’agognata unitarietà della loro sommatoria.

Nero
2.5

Sommario

Un film dalle premesse intriganti che trova spessore nell’ottima prova del suo regista/attore, ma che fatica a trovare una convincente amalgama dei numerosi spunti che mette sul tavolo.

Dario Boldini
Dario Boldini
Laureato in Lettere Moderne all'Università Statale di Milano, ha collaborato con l'Associazione Culturale Lo Sbuffo a partire dal 2019, scrivendo articoli e approfondimenti sul mondo dello spettacolo. Ha poi frequentato la specializzazione in Critica cinematografica presso la rivista e scuola di cinema di Sentieri Selvaggi di Roma, con la quale collabora dal 2022. Appassionato di cinema e serie tv, collabora con Cinefilos dal 2023. A partire dal 2022 ha partecipato a diversi festival cinematografici su territorio nazionale, tra cui quelli di Venezia, Roma, Torino, Bergamo e Trieste.

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