Si alza il sipario sulla 78 edizione del Festival di Cannes con quella che ormai sembra una vera e propria tradizione consolidata per la Croisette: una commedia. Solo per citare alcuni titoli, è da anni che le danze del concorso cinematografico più prestigioso del mondo prendono il via sulle note di una visione “leggera”, pur con le dovute variazioni: ricordiamo, ad esempio, Cut! Zombi contro zombi! del 2022, remake dell’horror comedy giapponese Zombie contro Zombie e The Second At di Quentin Dupieux (2024), tra gli ultimi titoli del genere deputati all’apertura del concorso ufficiale. Per l’edizione 2025, è il turno di Partir un jour, esordio al lungometraggio della regista francese Amélie Bonnin e sviluppato a partire dall’omonimo corto vincitore di un premio César nel 2023.
Bentornata a casa, Cècile
Negli ultimi anni, stiamo assistendo a una sorta di estensione del raggio di interesse del coming-of-age: spesso, complice la realtà frammentaria in cui viviamo, i protagonisti di questo tipo di narrazioni non sono più ragazzi sulla soglia della maturità, ma millenials alle prese con le difficoltà di un ingresso nel mondo adulto che è notevolmente mutato rispetto a quello conosciuto dai loro genitori.
Questo è anche il caso di Cécile, chef di cucina gourmet all’apice della sua carriera professionale, ma totalmente ingarbugliata nella sfera privata. Fatica a comunicare con gli affetti, dunque Bonnin si avvale di alcuni inserti musicali che dovrebbero restituire frammenti del passato, percezioni del presente e speranze o timori per il futuro, tanto della protagonista quanto dei comprimari. Purtroppo, non sempre la loro attinenza ai vari segmenti narrativi risulta particolarmente decisiva e, pur restituendo parentesi divertenti, in linea con lo spirito più generale dell’opera, resta da chiedersi cosa rimane oltre la superficie di un racconto agrodolce su una millenial frammentata.
Non la solita eroina
Particolarmente interessante è la prospettiva adottata, quella di una femminilità non canonica, che ritrova soprattutto nel confronto con le figure maschili legate alla sua infanzia un nuovo punto di vista. Curiosamente, Cécile riesce a connettersi con la sua emotività lontano dalla rigidità della cucina altolocata, sporcandosi le mani nella cucina casalinga dei suoi genitori, in mezzo ad amici che lavorano con i motori, e serate all’insegna di bevute in compagnia. Senza la pressione che il suo ruolo prominente nella brigata parigina porta con sè, la nostra giovane protagonista sarà costretta a confrontarsi con un avvenimento destinato a cambiare per sempre la sua vita.
Quello che Partir un Jour riesce a restituire con tenerezza è il riavvicinamento al fiorire di emozioni tipico dell’adolescenza, il ritrovo con gli amici e la “stupidità” delle avventure in gruppo, ma siamo lontani dall’accuratezza con cui Joachim Trier – curiosamente in concorso anche quest’anno con il film Sentimental Value – aveva tracciato lo scrapbook frammentato di Julie nel suo The Worst Person in the World.
Nota di merito a tutte le performance, sfaccettate nella loro sincerità e particolarmente in linea con il tono del racconto. Armanet incarna con credibilità un carattere in crisi tra la nuova vita cittadina che si è costruita e il ritorno alle origini, dove tutto è apparentemente rimasto uguale, esattamente come il suo sguardo su di esso, che non ha mai messo in discussione. D’altra parte, Bouillon brilla nei panni dell’amore giovanile, che con un immutato senso dell’umorismo sembra riuscire a rimettere tutto in equilibrio. È proprio grazie a queste prove attoriali se, nel complesso, Partir un Jour risulta un’esperienza di visione comunque piacevole, seppur non particolarmente accattivante. Ma, ça va sans dire, il vero festival deve ancora iniziare.
Partir un jour
Sommario
Partir un jour apre Cannes 2025 con delicatezza, raccontando il ritorno alle origini di una millennial in crisi. Nonostante qualche superficialità narrativa, le interpretazioni sincere e il tono nostalgico rendono il film una visione piacevole, seppur non memorabile.