Sconnessi: recensione del film con Ricky Menphis

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Cosa succederebbe se una famiglia rimanesse bloccata per più giorni in uno chalet di montagna senza la connessione a internet? È da questa premessa che nasce l’idea del film Sconnessi, di Christian Marazziti. Desideroso di parlare del fenomeno sempre più diffuso della nomofobia, ovvero la paura di rimanere sconnessi dal contatto con la rete di telefonia mobile, il regista compone un grande cast corale per dar vita ad un microcosmo che può benissimo rivelarsi universale.

 

In Sconnessi tutto ha inizio con Ettore (Fabrizio Bentivoglio), noto scrittore, che per l’occasione del suo compleanno decide di trascorrere un weekend nel suo chalet di montagna con i suoi famigliari. Quando il gruppo rimane improvvisamente senza connessione internet, tutti entrano nel panico, con conseguenze rocambolesche. La “sconnessione” li metterà di fronte a tutte le loro insicurezze, i segreti tra famigliari verranno presto in superficie e le loro convinzioni ribaltate.

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Sconnessi, il film

Da questa idea di base Christian Marazziti arriva ad una sceneggiatura, scritta insieme a Michela Andreozzi e Massimiliano Vado, che dipinge un ritratto, non completo ma piuttosto esaustivo, dell’influenza tecnologica nelle nostre vite, con un focus particolare sui sempre più numerosi social network. Ogni personaggio si trova così alle prese con un particolare aspetto di questa realtà, imprigionato nelle sue trappole d’oro. È così che nel film l’uso dei social diventa il surrogato che riempie mancanze, e dietro questa dipendenza si nascondono spesso insicurezze e negatività. Il rischio, ci tiene a comunicare il regista, è quello di perdersi ciò che ci circonda e viviamo quotidianamente. Attraverso una serie di eventi e situazioni successivi alla “sconnessione” dei protagonisti, si ha l’impressione di trovarsi in una spirale ascendente che porta sempre più ad un distacco da quella che oggi è considerata la nostra “scatola nera”, per arrivare a rialzare gli occhi e godere della bellezza intorno a noi.

All’interno del film si ritrovano situazioni tra il serio e il comico, con battute spesso ciniche e provocatorie, ma sempre divertenti, sulla nostra attualità. Se non sempre questa convivenza di elementi risulta ben bilanciata, trovando nella scrittura alcuni snodi narrativi poco convincenti, e generando di conseguenza un po’ di stanchezza nello spettatore, sul finale si inserisce tuttavia un’inaspettata emotività, elemento su cui il regista ha ammesso di aver lavorato di più, e che permette alla storia narrata di trovare un barlume di speranza.

sconnessiPer sorreggere un film corale ambientato in un unico luogo occorre infine un cast in grado di prendersi sulle spalle questo peso. Se non tutti riescono in questo compito, a spiccare sono certamente Carolina Crescentini, che conferma la sua bravura nel padroneggiare la comicità, Antonia Liskova, che dona diverse sfumature alla sua glaciale governante, e Stefano Fresi, straripante di energia e travolgente comicità. A Ricky Memphis sono invece affidate la maggior parte delle gag, che porta avanti con il suo solito fare sornione, mentre Fabrizio Bentivoglio, nella sua consolidata bravura, incarna l’occhio del regista, stupito e preoccupato dalla vicinanza fisica ma non mentale delle persone intorno a lui.

Quello trattato nel film è un tema sociale difficile da indagare in profondità oggi, e del quale si avrà un quadro più chiaro e completo solo ad anni di distanza. Ciò che qui Marazziti vuole proporre è tuttavia una riflessione sul fatto che il problema spesso non è la tecnologia ma le persone che ne fanno uso, invitando così ad un educazione nei confronti di questa nuova realtà digitale dalla quale ormai è difficile rimanere fuori.

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Gianmaria Cataldo
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Gianmaria Cataldo
Laureato in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è un giornalista pubblicista iscritto all'albo dal 2018. Da quello stesso anno è critico cinematografico per Cinefilos.it, frequentando i principali festival cinematografici nazionali e internazionali. Parallelamente al lavoro per il giornale, scrive saggi critici e approfondimenti sul cinema.
sconnessiQuello trattato nel film è un tema sociale difficile da indagare in profondità oggi, e del quale si avrà un quadro più chiaro e completo solo ad anni di distanza. Ciò che qui Marazziti vuole proporre è tuttavia una riflessione sul fatto che il problema spesso non è la tecnologia ma le persone che ne fanno uso, invitando così ad un educazione nei confronti di questa nuova realtà digitale dalla quale ormai è difficile rimanere fuori.