The Last Station: recensione del film con James McAvoy

The Last Station

The Last Station – Quando lo scrittore Lev Tolstoj decide di dare via tutti i suoi beni per affrontare l’ultimo periodo della sua vita secondo una nuova religione da lui stesso fondata, la Duchessa Sophia, fedele moglie e assistente di una vita, scatena la sua rabbia contro il marito e conro coloro che, secondo lei, stanno provando ad allontanarlo dalla sua vita e dal suo amore.

 

Da una premessa materialista (la perdita dei beni materiali) prende le mosse un dramma intimista, quello di Sophia, una sfolgorante Helen Mirren, una donna appassionata ed innamoratissima del proprio marito che vede scivolarle tra  le dite tutta una vita costruita insieme a lui. Per quanto il romanzo originale di Parini, dal quale Hoffman ha tratto la sceneggiatura per il suo film, abbia come sottotitolo Gli Ultimi Giorni di Tolstoj, la grande protagonista della storia resta senza dubbio la Duchessa. La passione di una moglie che ha paura di pedere tutto si scatena contro coloro che sostengono la decisione di Tolstoj e pare per un attimo metterle contro anche il marito, che con asoluta atarassia conduce senza esitare la sua decisione di abbandonare ogni cosa terrena.

The Last Station – recensione del film con James McAvoy

Pur se tacciato di immobilità, The Last Station trova in questo fortissimo moto dell’animo il suo ritmo che sembra latitare da un punto di vista narrativo, conferendo al racconto per immagini una potenza espressiva da addebitare non soo alla già citata performance della Mirren, ma anche a tutto il cast: Christopher Plummer, Paul Giamatti e James McAvoy assolutamente superbi nelle loro interpretazioni.

Presentato al Festival Internazionale del Film di Roma, The Last Station, valso ad Helen Mirren il Marc’Aurelio per la miglior interpretazione femminile e una nomination all’Oscar (ricevuta anche dal collega Plummer), uscirà nelle sale italiane il 28 maggio.

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