The Shrouds – segreti sepolti: recensione del film di David Cronenberg

Il film è in arrivo al cinema dal 3 aprile distribuito da Europictures in collaborazione con Adler Entertainment. L’Italia sarà il primo Paese del mondo a distribuire il film nelle sale.

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Mettiamola in questo modo: se The Shrouds dovesse essere l’ultimo lungometraggio diretto da David Cronenberg nella sua straordinaria carriera, sarebbe allora la inebriante, gioiosa chiusura di un cerchio artistico paragonabile a nessun altro nella storia del cinema contemporaneo.

 

L’autore canadese infatti è a ben vedere colui che, almeno tra i maggiori cineasti dei nostri tempi, è riuscito a riflettere sulle stesse tematiche dal suo primo film fino a quest’ultimo, affascinante compendio cinematografico. E in maniera ancor più sorprendente lo ha fatto riuscendo molto spesso a rinnovarsi, non tanto nello stile quanto nella presentazione dei temi che a lui interessano.

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La metamorfosi, ancora una volta

Al centro del cinema di David Cronenberg ci sono sempre stati la metamorfosi, la dualità dell’essere umano costantemente scisso tra psiche e carne, tra morale e mancanza di senso, tra istinti primordiali e regole sociali. Fino a circa vent’anni fa tutto questo veniva rappresentato attraverso opere che mostravano il cambiamento in maniera esplicita, se non addirittura brutale. Da qui pietre miliari del cinema fantastico come Videodrome, La mosca o Inseparabili. Dal un altro capolavoro come A History of Violence in poi la metamorfosi si è invece maggiormente interiorizzata, la trasformazione del corpo come metafora di dissoluzione dello status quo ha lasciato spazio a una rappresentazione spesso più sottile ma non meno ficcante dell’essere umano e del suo dualismo.

Il precedente Crimes of the Future ma soprattutto quest’ultimo The Shrouds si presentano come sintesi estremamente consapevole del proprio cinema, che lo stesso Cronenberg cita in maniera esplicita e sorprendentemente divertita. Esatto, perché a partire dalla pubblicazione del suo romanzo Consumed avvenuta nel 2014 – ma forse tracce sotterranee se ne possono trovare anche in alcuni dei suoi lavori precedenti  – l’autore ha cominciato a sviluppare una componente autoironica rivolta verso molte delle sue “ossessioni”, come ad esempio l’uso delle tecnologie maggiormente avanzate.

The ShroudsL’intera sottotrama di The Shrouds dedicata al rapporto tra il protagonista Karsh e la sua assistente virtuale in alcuni momenti possiede addirittura il tono della commedia satirica, almeno nel senso in cui Cronenberg la intende mettere in scena. Oltre che riflessione semi-seria ma assolutamente non superficiale riguardo le tematiche portanti del suo cinema, il lungometraggio offre poi uno sguardo verso il (non) futuro che a suo modo si fa addirittura commovente.

The Shrouds è una riflessione sulla morte

L’ultra-ottantenne Cronenberg infatti con The Shrouds riflette sulla morte e ciò che rappresenta, sul tentativo di non lasciar andare il ricordo, fisico ancor prima che emotivo. Si può in qualche modo allontanare la totale cancellazione dell’individuo creando una sorta di connessione simbolica tra vivi e morti, per quanto macabra e complessa sia? Attraverso questo film l’autore confessa di sperarci almeno un minimo. Considerato che Karsh è chiaramente un alter-ego di Cronenberg stesso (basta vedere la pettinatura del protagonista Vincent Cassel) per comprendere quanto The Shrouds sia un’opera estremamente personale, che mette a nudo sia i timori che la candida consapevolezza del suo creatore.

The Shrouds non avrebbe potuto essere uno specchio tanto sincero del pensiero di Cronenberg senza l’apporto prezioso di Cassel, il quale ha compreso perfettamente il proprio personaggio, esplicitandone al meglio la vulnerabilità, il dolore sommesso ma anche il sottile sarcasmo. Si tratta realmente di una delle prove migliori nella carriera dell’attore francese, il quale regge sulle proprie spalle carismatiche l’intero lungometraggio, supportato a tratti da un Guy Pearce anche lui disposto a mettersi amichevolmente in gioco. Unico punto a sfavore di The Shroud sono invece le interpretazioni molto meno convincenti di Sandrine Holt e in particolar modo Diane Kruger, la quale ha un doppio ruolo che non riesce a rendere mai interessante.

Per amare fino in fondo The Shrouds bisogna coglierne il sottofondo divertito e insieme malinconico. Si deve senza alcun dubbio prendere il film sul serio, poiché attraverso esso David Cronenberg tenta seriamente di teorizzare sulla sua poetica passata e sulla normale incertezza di un futuro che non può essere più remoto. Il cineasta sembra volerci dire che se la fine, artistica ma non solo, è probabilmente vicina, si può comunque esperirla in maniera gioiosa. Alla maniera di David Cronenberg, sia chiaro…

The Shrouds
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Sommario

Il cineasta sembra volerci dire che se la fine, artistica ma non solo, è probabilmente vicina, si può comunque esperirla in maniera gioiosa.

Adriano Ercolani
Adriano Ercolani
Nasce a Roma nel 1973. Laureato in Storia e Critica del Cinema alla "Sapienza", inizia a muovere i primi passi a livello professionale a ventidue anni, lavorando al tempo stesso anche nel settore della produzione audiovisiva. Approda a Coming Soon Television nel 2006, esperienza lavorativa che gli permette di sviluppare molteplici competenze anche nell'ambito del giornalismo televisivo. Nel 2011 si trasferisce a New York, iniziando la sua carriera di corrispondente di cinema dagli Stati Uniti per Comingsoon.it e Cinefilos.it - È membro dei Critics Choice Awards.

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