To Leslie, recensione del film con Andrea Riseborough

Il film ha fatto discutere per l'inaspettata nomination di Andrea Riseborough come miglior attrice protagonista agli Oscar 2023.

To Leslie film 2022

To Leslie, il piccolo film indipendente di Michael Morris, che ha incassato solo 27.000 dollari al botteghino, ha fatto notizia nelle ultime settimane per la sua campagna inusuale per arrivare agli Oscar. Cate Blanchett ha elogiato la grandiosa interpretazione della protagonista Andrea Riseborough mentre è stata premiata per il suo film Tár ai Critics’ Choice Awards 2022. Edward Norton ha scritto un intero thread su Twitter sulla sua interpretazione “fisicamente straziante” e Kate Winslet ha definito la performance della Riseboroughla più grande interpretazione femminile sullo schermo che abbia mai visto in vita mia“.

 

Forte di questo consenso da parte di illustri colleghi, Andrea Riseborough si è assicurata una nomination come miglior attrice protagonista agli Oscar 2023, notizia inaspettata che ha fatto parecchio discutere e ha portato l’Academy ha effettuare un’analisi circa le tattiche adottate per la campagna del film, che hanno “suscitato preoccupazioni“, ma senza ritirare la candidatura alla Riseborough, come inizialmente si temeva.

To Leslie, la trama: una vittoria sfortunata

Quando si è resa conta di aver vinto 190.000 dollari alla lotteria, Leslie (Andrea Riseborough) sapeva che la sua vita stava per cambiare per sempre. E così è stato, ma non nel modo in cui si aspettava. La storia di To Leslie di Michael Morris comincia esattamente sette anni dopo la grande vincita di Leslie quando, dopo aver dilapidato tutti i soldi, la donna è sola, trasandandata, sprofondata nell’alcool e sta per essere cacciata dalla sua nuova casa: uno squallido motel sul ciglio dell’autostrada del Texas occidentale.

Non sapendo a chi rivolgersi, Leslie chiede un appoggio al figlio che aveva abbandonato anni prima, il diciannovenne James (Owen Teague), che sembra subito a disagio per la sua presenza. Sa bene che, quando la mamma viene a trovarlo, significa che qualcosa è andato storto. Per la prima volta riusciamo a capire cosa è successo ai soldi di Leslie quando James stabilisce le regole di base per il suo soggiorno. Non puoi restare qui per sempre, dice, e soprattutto non devi bere. Quest’ultima richiesta si rivela un po’ eccessiva per Leslie, che finisce rapidamente per tornare in strada. Non avendo più alternative, torna a malincuore nella sua squallida città natale. Lì si imbarca in un’odissea cupa e straziante che la costringe a confrontarsi con le realtà opprimenti dell’alcolismo, del senso di colpa e del rimpianto.

Andrea Riseborough in To Leslie

La complessità caratteriale di Leslie

Il viaggio di Leslie è allo stesso tempo intimo, doloroso e malinconico, caratteristiche accentuate dalla fotografia di Larkin Seiple, che assume la forma di un cupo diario di viaggio. Quando si realizza un ritratto ravvicinato di due ore delle sofferenze raccapriccianti di un tossicodipendente, è difficile non risultare condiscendenti o fin troppo sentimentali, Ma To Leslie non cade in questa trappola. Non si tratta infatti della solita storia di disagio di una classe inferiore. Per la maggior parte del film, Leslie non si comporta come ci aspettiamo. Usa costantemente la sua arguzia e la sua sagacia per togliersi dalla strada, ma si rifiuta di agire in modo da rimanerne fuori. Che cosa vuole esattamente Leslie? È difficile dirlo ma, qualunque cosa sia, la desidera con tutto il cuore.

La rinfrescante complessità della protagonista di To Leslie è sostenuta dalla notevole interpretazione della Riseborough, che può essere ritenuta a pieno titolo una delle migliori dell’anno. In ogni assordante primo piano, l’attrice trasmette una complessa sequenza di emozioni. La cinepresa si concentra sulle sue reazioni quando James è coinvolto in una rissa nel corridoio del suo appartamento; il volto di Leslie comunica paura, scongiuro e senso di colpa, il tutto in pochi secondi. Più tardi, quando chiede all’affascinante sconosciuto al bar di dirle che è una brava persona, la sua espressione è contemporaneamente di vergogna, frustrazione e speranza.

Leslie è “l’evento”

Invece di costruire la sceneggiatura attorno a un grande evento catartico (scoprire cosa ha fatto Leslie per sperperare i suoi guadagni al lotto, per esempio, o magari un alterco epico), il film di Michael Morris ci assicura in ogni frangente che è Leslie – con tutti i suoi difetti e le sue incoerenze – ad essere l’evento. Questo non significa che la storia funzioni sempre. Un gran numero di drammi sulla povertà della classe operaia e dell’America centrale ha già fatto questo lavoro. A volte si ha l’impressione che si tratti di un film ripetitivo: c’è la caduta in disgrazia; c’è il momento in cui si tocca il fondo; c’è il monologo in cui la protagonista si rende conto che deve rimettersi in sesto; c’è il salvatore che ha pietà dell’eroe sfortunato e gli offre una piattaforma per risorgere. I punti fermi sono tutti presenti e ben definiti.

Ma To Leslie fa qualcosa di leggermente diverso: non c’è nessuna sdolcinatezza. Leslie è un disastro, sì, ma lo è anche il mondo che la circonda. Dutch (Stephen Root) e Nancy (Allison Janney) sono persone sinceramente arrabbiate e amareggiate, prive di qualsiasi empatia, che creano un ambiente ostile in cui Leslie non può avere alcuna speranza di guarire. Gli amici di James, lungi dal cercare di aiutare la madre, ne favoriscono il comportamento. Un gran numero di uomini moralmente falliti si avvicinano a Leslie nei bar, individuando una preda facile, e tentano di rimorchiarla con battute da far accapponare la pelle, come “io, tra un’ora“, quando lei chiede loro cosa ci trovino in lei. Non c’è un mondo da favola, non ci sono valori americani di provincia in mostra. Piuttosto che un semplice arco di redenzione, Leslie deve rialzarsi e cadere in diverse occasioni prima che le cose inizino ad andare anche solo leggermente nella sua direzione.

Una scena di To Leslie

Un’interpretazione da Oscar?

Al centro del realismo di To Leslie c’è il personaggio stesso. Il modo in cui la Riseborough affronta il personaggio è assolutamente privo di vanità e il regista Michael Morris non si tira indietro nel mostrare quanto Leslie possa essere crudele e rapace, ma prova anche una profonda empatia nei suoi confronti. La riprende attraverso la grana dello skyline texano, la spinge nelle viscere della società in cui vive – attraverso motel e lavanderie a gettoni, bettole e binari ferroviari – ma per tutto il tempo è determinato a mantenere la sua umanità. La cinepresa riesce sempre a individuare i momenti in cui Leslie si sente di nuovo umana, e questo basta a mantenere alto il livello di coinvolgimento dello spettatore. Raccontare la storia di una protagonista innegabilmente imperfetta senza offrire molti commenti al riguardo è di per sé un’impresa eroica: forse è proprio Morris ad aver vinto la lotteria assicurandosi Andrea Riseborough come Leslie.

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