Dopo il grande successo de L’uomo invisibile, rielaborazione thriller e moderna del classico del cinema dell’orrore, Leigh Whannell, accompagnato da Blumhouse e Universal, ci regala un nuovo e inquietante racconto: Wolf Man, rivisitazione moderna e psicologicamente intensa della leggendaria figura dell’uomo lupo. Il film cerca di essere da una parte un viaggio nei recessi più oscuri della psiche umana dall’altra una rielaborazione audace di un mito che ha affascinato il pubblico per generazioni.
La trama di Wolf Man: un incubo familiare
Al centro della storia c’è Blake (Christopher Abbott), un uomo con una infanzia turbolenta che è costretto a tornare nella vecchia casa nel cuore delle foreste dell’Oregon, dopo che suo padre viene dichiarato morto dopo lunghi anni di ricerche in quelle stesse foreste. La sua vita sembra essere in un punto morto: il matrimonio con Charlotte (Julia Garner), donna assorbita dalla carriera e distante, è in crisi, e il rapporto con la loro figlia Ginger (Matilda Firth) è segnato dall’incomprensione. Quando Blake convince Charlotte a prendere una pausa dalla frenesia di San Francisco e a rifugiarsi nella casa di famiglia, quello che inizialmente doveva essere un tentativo di recuperare i suoi legami familiari, si trasforma presto in un incubo.
Nel cuore della notte, la famiglia viene attaccata da una creatura invisibile, e si rifugia all’interno della casa mentre la minaccia si aggira minacciosamente all’esterno. Ma, mentre la tensione cresce e la creatura rimane misteriosamente nel fuori campo, la situazione prende una piega ancora più oscura: Blake inizia a comportarsi in modo strano, mostrando segni di una specie di malattia, come se fosse stato infettato da un virus. La sua metamorfosi è progressiva e dolorosa, e ben presto Charlotte dovrà decidere se il pericolo rappresentato dal mostro all’esterno è meno spaventoso della creatura che sta prendendo il posto del suo stesso marito.
Una visione moderna dell’uomo lupo
Wolf Man non si limita a raccontare la classica leggenda del mostro che emerge dalla notte: Whannell porta la figura dell’uomo lupo nel XXI secolo, creando una storia che non solo esplora la trasformazione fisica ma anche quella psicologica. La figura del lupo, tradizionalmente simbolo di selvaggia irrazionalità, qui si intreccia con la psicologia umana, in particolare con le difficoltà e le fratture all’interno della famiglia.
Il punto di forza del film è senza dubbio l’approccio alla trasformazione. Non è presente il classico mito dell’argento come unica arma che può uccidere la creatura, né le classiche convenzioni del genere; al contrario, la trasformazione avviene attraverso un processo sensoriale estremamente inquietante. Con l’aumento della percezione di suoni, odori e sensazioni tattili, Blake scivola progressivamente in uno stato animale che lo rende incapace di riconoscere le persone che ama.
Le leggende classiche vengono parzialmente abbandonate, ma le invenzioni narrative sono numerose e spesso sorprendenti, a partire dalla gestione della tensione e della suspense. L’elemento sonoro, per esempio, diventa un elemento fondamentale, utilizzato con maestria per accentuare il terrore crescente e per far sentire lo spettatore intrappolato nella casa insieme ai protagonisti.
Sebbene il film si avvalga anche di effetti visivi, è la componente sonora che gioca il ruolo principale nel generare ansia. Nella prima parte, la mancanza di azione crea un’atmosfera di inquietudine palpabile, sostenuta da suoni, rumori e silenzi che disagio e inquietudine. La creatura nascosta nel buio diventa più spaventosa proprio perché non si vede, ma solo percepire attraverso i suoni che la circondano.
Il film non si risparmia quando si tratta di gore: la trasformazione di Blake è rappresentata con un’intensità visiva che fa il suo dovere nel rendere il processo fisico doloroso e credibile, con un bell’omaggio a John Landis e al suo classico Un Lupo Mannaro Americano a Londra. Il sangue scorre a fiumi, ma senza mai cadere nel caricaturale, mantenendo un tono di realismo disturbante.
Tematiche sociali e riflessioni familiari
Oltre alla componente horror, Wolf Man cerca anche di approcciare in maniera più profonda ai temi sociali e personali che affronta. Il film si concentra su dinamiche familiari complesse: il conflitto tra genitori e figli, il deteriorarsi di un matrimonio e le difficoltà che nascono quando una persona si ritrova intrappolata in una situazione che sembra impossibile da superare. In quest’ottica, Wolf Man non è solo un horror, ma anche un’esplorazione psicologica delle relazioni familiari, dei legami che si sgretolano e della violenza che può emergere nei contesti più intimi.
Wolf Man è un film che mescola un personaggio mitologico, horror classico, dramma psicologico e riflessioni sociali, sforzandosi di trovare un punto di vista originale. Mentre il film è narrativamente ingenuo in alcune sue scelte, cerca di essere una riflessione sul cambiamento, sulla paura e sull’impossibilità di sfuggire alle proprie ossessioni interiori. Whannell conferma la sua abilità nel giocare con la suspense e nel manipolare l’orrore psicologico, mentre gli attori, Christopher Abbott e Julia Garner, riescono a trasmettere tutta la tensione emotiva che la situazione richiede.
Come per L’uomo invisibile, Leigh Whannell riesce a toccare il mostro classico, raccontandolo con un punto di vista che parla all’oggi, dando nuovo ossigeno al personaggio e riproponendolo al pubblico contemporaneo.
Wolf Man
Sommario
Leigh Whannell riesce a toccare il mostro classico, raccontandolo con un punto di vista che parla all’oggi, dando nuovo ossigeno al personaggio e riproponendolo al pubblico contemporaneo.