Paul Giamatti,
recentemente visto ne Le Idi di Marzo diretto da Clooney, sarà
Frate Lorenzo nell’adattamento di Romeo e Giulietta realizzato da
Carlo Carlei, come sappiamo interpretato da Hailee Steinfeld e
Douglas Booth nei ruoli principali.
Paul Giamatti nel Romeo e Giulietta di Carlo Carlei
Steven Spielberg e Warner Bros lavorano ad un Kolossal su Mose’
Per Deadline la Warner e Bros
Steven
Spielberg sarebbero intenzionati a realizzare un kolossal
intitolato Gods and Kings sulla figura e sulla storia di Mose’.
Più come un artista: recensione del film di Elisabetta Pandimiglio
“La cucina è come la vita: un continuo proporsi”. Parola di Gennaro Esposito, cuoco provetto nonché proprietario del ristorante “La Torre del Saracino”, protagonista, insieme al suo gruppo di lavoro, del documentario firmato da Elisabetta Pandimiglio e prodotto dalla coppia Ledda – Arcopinto: Più come un artista.
Più come un artista e il dietro le quinte di una cucina
Già presentato al Festival di Venezia alle Giornate degli autori, Più come un artista è stato proiettato ieri alla Casa del Cinema di Villa Borghese. L’opera nasce dalla volontà di riprendere il dietro le quinte di un ristorante pluristellato, portando con sé un’analisi attenta e mai superficiale delle tensioni, degli odi e degli amori che nascono all’interno del microcosmo di una cucina d’alto livello. Un compito che si è rivelato più facile del previsto, dato che, come afferma la regista.
Ed è stato proprio il protagonista a fornire alla Pandimiglio la chiave attraverso cui plasmare ciò che si presentava come un materiale immenso: l’idea della totale coincidenza di vita privata e lavoro, la consapevolezza del lavoro come forma di riscatto e trampolino di lancio verso una nuova esistenza. Un mestiere che Gennaro intraprese all’età di 9 anni nella pasticceria dello zio – quasi un gioco, culminato anni più tardi nella creazione di quella che la regista non ha esitato a definire “una bottega rinascimentale”, in cui il capo chef “mette a disposizione la propria esperienza agli allievi che apprendono”.

La cucina come un microcosmo
Per comprendere i ritmi e la vita quotidiana della ciurma di cuochi capitanata da Gennaro, la Pandimiglio ha dovuto svolgere un vero e proprio “lavoro d’immersione”, stando con loro e seguendone le vicende, culinarie e non, da mattina a sera. Un’esperienza totalizzante , e insieme una lente d’ingrandimento sugli aspetti più umani del colorito gruppo, che è riuscita a catturare “quei tempi morti della cucina, in cui i personaggi pensano ad altro”. Curioso, le musiche sono del tutto assenti, fatta eccezione per le ultimissime inquadrature. Una scelta che l’autrice spiega parlando della cucina come di “un luogo molto interessante anche dal punto di vista sonoro… Questo documentario è già abbastanza pieno, e la musica sarebbe stata solo un di più”.
Tra i futuri progetti della regista, accanto ad un film in preparazione dal titolo provvisorio Cattive, è ancora in piedi l’idea di un documentario su un gruppo di cuochi che lavorano in carcere. Con la speranza che, qualora venga realizzato, sappia restituire la verità e la semplicità riscontrate in Più come un artista.
L’altra faccia del diavolo – Full Trailer Italiano
L’altra faccia del diavolo (The Devil Inside) è un film del 2012 diretto
da William
Brent Belle girato in stile falso documentario.
Ulteriori info nella nostra scheda film: L’altra faccia del diavolo
La Grande Guerra secondo Steven Spielberg: arriva War Horse, storia d’amore e amicizia
Inghilterra, 1912: Ted Narracott vive con la moglie Rose e il figlio Albert in un piccolo podere nel Devon: in bassa fortuna, l’uomo acquista all’asta per 30 sterline un bellissimo cavallo, dal manto rosso e con una croce bianca sul muso; rimproverato dalla moglie che sperava in qualcosa di meglio per risollevare le sorti della fattoria, Ted decide egualmente di tenere il cavallo su insistenza del giovane figlio Albert, che inizia subito a nutrire per Joey(questo il nome scelto per l’animale) un sentimento di affetto profondo. La necessità economica alla fine però avrà la meglio: pressato dai debiti Ted sarà costretto a vendere Joey all’esercito inglese, pronto a scendere in campo per combattere nel Primo Conflitto Mondiale; il cavallo passerà così di mano in mano, attraversando ogni schieramento e legando a sé il destino di molti nell’attesa di ricongiungersi col suo padrone, che nel frattempo partirà volontario nella speranza di ritrovarlo e di riportarlo a casa.
Steven Spielberg sfida Steven Spielberg: a brevissima distanza da “le avventure di Tintin: il segreto dell’Unicorno”, splendido omaggio al grande cinema d’avventura e spettacolare rievocazione del celebre fumetto europeo, il regista si mette alla prova ancora una volta con “War Horse”, tratto dal romanzo per ragazzi di Michael Morpurgo e già piéce teatrale di successo al National Theatre di Londra.
Ambientato durante la Grande Guerra, War Horse racconta dunque un periodo storico che raramente ha trovato il suo posto sul grande schermo, riflesso di un mondo destinato a svanire dove i cavalli erano ancora parte integrante della vita dell’uomo ed essenziali in battaglia, prima che i motori cambiassero per sempre non solo la quotidianità ma anche il modo di concepire le strategie militari;un’opera ambiziosa, dotata di uno scenario che Spielberg promette di dipingere con l’epica e la poesia dei suoi più grandi classici ma che, avverte lui stesso, considerare un film bellico sarebbe un errore: “Questo è un film d’amore, non di guerra. Non è un altro Salvate il soldato Ryan, ma una storia incentrata sui legami affettivi”.
Raccontare un conflitto senza mostrarne la crudeltà e il sangue al fine di renderlo fruibile per un pubblico eterogeneo era effettivamente una vera sfida:”Ho girato in modo che non sia ‘Rated R’ -sottolinea Spielberg- cioe’ vietato ai minori di 17 anni se non accompagnati da adulti, come ad esempio ‘Salvate il soldato Ryan’, perche’ lo considero un film per famiglie. La guerra e’ solo lo sfondo della storia, e offre lo spunto drammatico per collegare i personaggi di questa avventura”. L’impresa è stata però senza dubbio favorita dalla scelta, fedele al libro ma non al lavoro teatrale, di raccontare la guerra attraverso gli occhi di Joey(interpretato nel film da ben 14 esemplari diversi), cavallo sfortunato chiamato a combattere dietro ogni trincea, accompagnato da diversi padroni tutti destinati a scivolare via come gocce nel mare di un conflitto troppo grande e immenso, fino a ritrovarsi a correre disperatamente e senza più una guida nella Terra di nessuno.
Fra gli splendidi paesaggi della campagna del Devon(“Mai prima d’ora,-ha detto il regista- nella mia lunga ed eclettica carriera, mi ero trovato di fonte a così tanta bellezza naturale come in questo film”) e il campo di battaglia della Somme, a sostenere la pellicola è soprattutto un cast corale e in gran parte britannico, che conta fra i tanti padroni di Joey David Kross(the reader), nei panni di un soldato tedesco che per sfuggire all’orrore sceglie la diserzione, e le nuove promesse Tom Hiddleston(Thor, Midnight in Paris) e Benedict Cumberbatch(Espiazione, la Talpa) nei panni di due prodi e determinati ufficiali di cavalleria; senza dimenticare ovviamente la famiglia Narracott, con Peter Mullan nel ruolo di Ted, Emily Watson in quello della madre Rose e l’esordiente Jeremy Irvine(che presto vedremo anche nel nuovo grandi speranze di Mike Newell), scelto dal regista per le sue “qualità ineffabili, che l’hanno subito reso diverso dagli altri, per la sua autenticità di fronte alla telecamera”, nel ruolo di Albert.
La corsa di War Horse, già iniziata negli States nel periodo di Natale e finalmente pronta a proseguire anche nelle sale italiane dal 17 febbraio, potrebbe non fermarsi ai semplici incassi: il film è stato infatti candidato a ben 6 Premi Oscar fra cui miglior film, miglior fotografia per Janusz Kaminski, e miglior colonna sonora originale, ancora una volta firmata dal grandissimo John Williams, per il quale il regista non si è risparmiato in parole di elogi e gratitudine: “L’anno prossimo sarà il quarantesimo anno che collaboriamo insieme con una sorta di esclusiva. […] Adoro qualsiasi cosa abbia scritto, ma alcune bozze che mi propone suonandole al piano hanno un profondo impatto su di me. I temi di Schindler’s List hanno letteralmente devastato me e mia moglie. E anche quello che fece con E.T. mi lasciò senza fiato. E con War Horse, mi ha suonato tre temi ed ero in lacrime.”
Attendiamo con ansia allora di poter finalmente cavalcare insieme a Joey, consapevoli che Il 17 febbraio non arriverà mai troppo presto.
Molto Forte e Incredibilmente Vicino: prossimamente al cinema
Un famoso detto
afferma: “tre indizi fanno una prova”; qui più che indizi abbiamo
tre nomi: Stephen Daldry, Johnatan Safran Foer ed Eric Roth.
Il primo è uno straordinario regista britannico che dal 2000 ad
oggi ha collezionato tre candidature agli Oscar per Billy Elliot
(2000), The Hours (2002) e The reader – A voce alta (2008);
Polisse: conferenza stampa
Maiwenne Le
Besco
D.: Polisse è un film che riesce a dare la sensazione di
essere una presa diretta sulla realtà. C’è un motivo particolare
per cui ha scelto di dare al film un taglio documentaristico
selezionando, poi, i casi da portare sulla pellicola?
R.: Molto probabilmente riesce a dare la sensazione della realtà
perché è girato bene e la percezione di veridicità che si prova nel
guardarlo è dovuta proprio al modo in cui è stata effettuata
la selezione dei casi trattati nel film, dettata non tanto
dall’elemento della straordinarietà che, inevitabilmente, avrebbe
fatto dei poliziotti francesi degli eroi, ma piuttosto in
base alla capacità delle storie di essere molto vicine alla realtà.
Quello che ho cercato di fare con Polisse è stato fare mia la
realtà che mi circonda. E ogni volta che la realtà viene riportata
in un film questa assume sempre una connotazione differente a
seconda di chi è a raccontarla. Ad esempio i personaggi del film
non sono inventati ma sono persone il cui modo di essere è stato
messo in scena direttamente da me e l’elemento del suicidio ne è
una prova visto che proprio una poliziotta ha tentato di
suicidarsi.
D.: Ha lavorato a contatto con la polizia francese? E se si
come è stato valutato il suo operato da chi quotidianamente svolge
questo lavoro e quali difficoltà ha incontrato?
R.: Non ho avuto la possibilità di lavorare con loro perche i loro
capi non hanno voluto. Poi però alla proiezione si sono sentiti a
disagio perché il film effettivamente meritava e si sono resi conto
di aver perso un’opportunità. Quando si dirige un film non si ha la
possibilità di raccontare tutto, quello in cui mi sono impegnata è
stato cercare di fare un film che lasciasse libero lo spettatore di
riflettere senza essere pro o anti polizia.
Nel mio mondo, quello della “sinistra al caviale”, purtroppo quando
si parla di polizia si reagisce sempre in maniera negativa. Quando
mi sono resa conto che avrei potuto individuare degli elementi
positivi e quindi metterli in scena sono stata criticata, in
particolar modo, da quella sinistra di cui mi sento parte.
A tal proposito vi racconto un aneddoto. Un giorno con la mia
macchina ho imboccato una strada preferenziale e, giustamente, i
poliziotti mi hanno fermata. Quando ho aperto la portiera si sono
resi conto chi ero e mi hanno ringraziata per come sono riuscita a
portare sulla scena il loro lavoro.
Quello che effettivamente conta per me nella vita non è essere
compiacente con tutti, ma essere me stessa. Ho prodotto il mio
primo film da sola, l’ho girato da sola e sono fiera di essere
quello che sono.
Se mi rendo conto che c’è un poliziotto che fa bene il suo lavoro,
penso anche che valga la pena raccontarlo. Sono di sinistra, è
vero,ma non voglio e non devo compiacere nessuno.
Questa è una delle caratteristiche della Francia: fai una cosa per
trovare giustizia e poi vieni accusato di tradimento.
A Cannes sono stata contenta di due cose. Prima di tutto che una
rivista di sinistra mi abbia messo in copertina e abbia definito
Polisse: “un film che colpisce lo stomaco”. Seconda cosa quando il
Direttore del Festival
di Cannes mi disse che la decisione di eliminare alcuni
personaggi francesi dalla giuria avrebbe portato alla vittoria di
qualche film francese.
D.: Ha scelto Riccardo Scamarcio perché era intenzionata a
trovare un attore straniero o ci sono altre
motivazioni?
R.: Sinceramente a me non interessava riuscire a trovare un
attore straniero, quello che maggiormente volevo era un attore
carismatico. Alle origini del film il ruolo interpretato da
Riccardo rientrava a far parte di un triangolo amoroso: me, lui e
il poliziotto. Inizialmente avevo elaborato quest’idea di creare
conflittualità sia tra i due personaggi sia tra i due mondi che
essi stessi rappresentano: da una parte la facilità della vita
borghese e dall’altra la realtà povera del poliziotto. Poi mi sono
resa conto che creare una storia parallela a quella raccontata nel
film non funzionava. E il motivo principale per cui ho scelto
Riccardo è perché le sue peculiarità caratteriali si sarebbero
integrate perfettamente in questo contesto e soprattutto lo avrebbe
avvantaggiato il suo modo di essere un po’ chiuso nei
sentimenti. Mentre per quanto riguarda la lingua inizialmente ho
pensato che avrebbe potuto rappresentare un ostacolo poi invece
sono arrivata alla conclusione che avrebbe potuto aiutare a
renderlo un personaggio diverso dal contesto raccontato e che in un
certo senso mi avrebbe aiutato a riconciliarmi con le mie origini
maghrebine.
Forse in futuro girerò Polisse 2 con Riccardo come attore
principale!
D.: Il film è semplicemente straordinario. Cos’ha però di
autobiografico?
R.: La domanda e la risposta, in questo caso, rischiano di essere
uguali per tutti i registi. Ad ogni modo in ogni film c’è una parte
dell’inconscio che viene fuori e che ti porta a realizzare
determinate cose.
Io credo che qualsiasi artista quando produce una sua opera che sia
un quadro, una canzone o altro, racconta sempre qualcosa di sé, la
sua identità che poi è il passato.
Per me, ogni cosa che faccio, è autobiografica. L’abilità è nel
saperla nascondere. Molto probabilmente io non sono molto brava in
questo. Alcune volte però si tratta di antibiografia cioè
raccontare quello che si vorrebbe essere. Nei miei film, ad
esempio, è sempre molto presente l’aspetto della genitorialità, del
come si fa ad essere genitori o come si fa ad essere figli. Per
esempio nel mio ultimo film si percepisce la mancanza d’amore che
caratterizza il periodo dell’infanzia.
Se non ricordo male era Troufau a dire che si fa sempre lo stesso
film per tutta la vita e ci sono due frasi che caratterizzano la
mia esperienza: la prima me la disse un ragazzo quando avevo 11
anni: “Sai non ci sono regole per saper scrivere, si scrive come si
pensa.” La seconda è la seguente:” Tutti si possono identificare in
storie autobiografiche e in ogni storia autobiografica c’è qualcosa
di intimo”.
Riccardo Scamarcio
D.: Questa volta, al contrario di quello che succede
normalmente, hai recitato per un ruolo non da protagonista. Ti ha
fatto piacere?
R.: Avevo avuto modo di vedere il primo film di Maiwenne e la
conoscevo. Conoscevo il suo lavoro e il suo modo di lavorare e di
mettere in scena. Sostanzialmente ero curioso di lavorare con lei
che ha comunque un modo particolare di produrre film. Questo mi ha
spinto ad accettare questa parte che, sicuramente, in origine,
aveva un’importanza diversa da quella che ha avuto poi alla fine,
ma questo sinceramente non è rilevante perché la mia è stata
sostanzialmente una sfida, un mettersi in gioco nel recitare in
francese e nell’andare a lavorare in un altro Paese. La cosa che mi
ha spinto maggiormente è che Maiwenne quando gira un film parte dal
copione ma poi lascia ampio spazio all’improvvisazione. E questo,
per una persona che conosce il francese ma non lo parla come un
madrelingua è una grande sfida!
E poi Polisse è un film importante che parla di un argomento
altrettanto importante quale quello della pedofilia e ne parla in
maniera così differente dalla normalità che alla fine del film ho
provato un sentimento di tenerezza sia nei confronti dei bambini
che degli adulti.
D.: Secondo quanto detto prima il tuo ruolo avrebbe dovuto
essere molto più importante. Cosa hai provato quando hai visto le
tue scene ridotte?
R.: Mi è dispiaciuto perchè alla fine avevo fatto un gran lavoro in
10 giorni ma, allo stesso tempo, sono contento di essere in questo
film, anche con una piccola parte. Questo perché Polisse mi ha
trasmesso delle sensazioni e delle emozioni particolari: provare
tenerezza per un bambino è insito nella natura umana ma provare
quello stesso tipo di tenerezza anche per gli adulti non è cosa da
tutti i giorni.
Sono felice di averne preso parte perché è un film
intensamente vivo, che trasmette una grande vitalità e allo stesso
tempo una immensa tenerezza.
Inoltre guardandolo si riesce ad individuare quella sensazione
di malessere del vivere che, ormai, ci riguarda tutti, è un
film denso e non penso ce ne siano molti.
D.: Dato il tuo carattere pignolo com’è stata la tua prima
volta sotto la direzione di una donna e che hai provato a girare un
film in un paese straniero?
R.: Si effettivamente è la prima volta che recito in un film sotto
la direzione di una donna. E sinceramente ho accettato passivamente
tutto quello che Maiwenne mi ha chiesto. Per quanto riguarda,
invece, il mio essere pignolo non penso che i registi italiani
pensino questo di me o, perlomeno, nel set sono quello che tende a
risolvere i problemi poi al di fuori del set è tutta un’altra
cosa.
D.: Progetti Futuri?
R.: Tornerò a Roma a breve e comincerò il film con Valeria Golino,
al quale lavoro da ormai un anno, ovviamente come produttore. Il
titolo provvisorio è Vi perdono.
Il Paradiso Amaro di Payne
Le combinazioni vincenti non sono dettate dalla loro natura di affinità e questo Alexander Payne lo ha capito da sempre. La bellezza non è data dalla felicità, e forse la perfezione dei suoi film scaturisce da abbinamenti opposti e complementari: la spensieratezza della California con la consapevolezza amara vissuta da Paul Giamatti, e ancora l’esotismo delle Hawaii con il dramma di George Clooney.
I Muppet: recensione del film con Amy Adams
Dal ’76 all ’81 hanno imperversato nelle tv americane, si sono spostati poi in tutto il mondo e anche da noi in Italia, raccogliendo piccoli fan in tutto il mondo con il loro show che ha cambiato le regole dei programmi per bambini.Adesso arrivano al cinema in un lungometraggio che li riporterà alla ribalta. Sono I Muppet, i simpatici e colorati pupazzi, una via di mezzo tra marionette e burattini, che hanno imperversato in tv per molti anni, diventando protagonisti anche di una serie animata.
La trama di I Muppet
Sotto il Teatro dei Muppet è stato trovato del petrolio e perciò il petroliere Tex Richman (Chris Cooper) vuole raderlo al suolo per perforare ed estrarre l’oro nero. Walter (Jim Parsons) il più grande fan del mondo dei Muppet con suo fratello Gary (Jason Segel) e la fidanzata di quest’ultimo Mary (Amy Adams) vengono a conoscenza del piano di Tex Richman e, volendo fermarlo.
Decidono dunque di mettere in scena il Muppet Telethoon, con il quale vogliono raccogliere i dieci milioni di dollari necessari per salvare il teatro. Al fine di mettere in scena lo spettacolo Walter, Mary e Gary devono però aiutare Kermit a riunire i Muppets, che si sono separati e hanno preso tutti una strada diversa.
I Muppet si risolleva da metà film in poi
Il film, incredibilmente noioso per la prima parte, si apre a divertentissime gag verso la metà e soprattutto nel finale, quando i nostri eroi, finalmente riuniti rimettono insieme lo show dei Muppet. Ci sono tutti da Kermit la rana a Miss Piggy, da Animal e Gonzo e tutti sono esattamente gli stessi, solo con qualche anno in più.
La storia è banale e si riduce alla raccolta fondi per tenere in piedi gli studi e il teatro dei pupazzi e sembra assomigliare molto a quei film di fine anni ’30 in cui Mickey Rooney e Judy Garland mettevano in piedi uno show in un granaio. Tuttavia lo spirito con cui il film è stato girato è quello giustamente filologico che dei personaggi così amati meritano, avendo così la capacità di risvegliare in ogni fan ormai cresciuto, il divertimento, la meraviglia, la gioia di guardare ancora il Muppet show.

Tutti in fila per un cameo
Anche la metatestualità dello show originale è stata conservata in questo esperimento cinematografico, regalando ancora un altro elemento di valore al film. A testimonianza di quanto i Muppet fossero amati il film diventa poi una caccia al cameo, poiché disseminati per tutta la pellicola ci sono volti notissimi di cinema e tv che si prestano anche per un solo secondo a comparire accanto ai pupazzi, come se fossero le celebrità che un tempo andavano come special guest agli episodi dello show tv.
Accanto agli attori principali Jason Segel e Amy Adams che si cimentano in numerosi numeri musicali, scorgiamo qua e là il grande Mickey Rooney, Emily Blunt, Jim Parsons, Neil Patrick Harris, Zach Galifianakis e Jack Black nel ruolo di sé stesso. L’operazione nostalgica si può definire decisamente riuscita e chissà che i bambini di oggi non comincino ad affezionarsi ai Muppet di ieri. Se così non dovesse essere, poco male, c’è un pubblico di 40enni che è già in fila fuori dai cinema in attesa del 3 febbraio.
Paradiso Amaro: George Clooney e Alexander Payne al confronto sul Cinema!
Arrivano due
interessanti featurette che vede protagonisti George Clooney e
Alexander Payne, attore e regista di Paradiso Amaro, entrambi candidati all’Oscar
per il film. I due deliziano il pubblico in una conversazione su
registi della storia del cinema che hanno iniziamo con commedie per
arrivare a film drammatici.
The Darkness 2 – Trailer
Cinemaster 2012: Studio Universal e Corti d’Argento insieme!
Studio
Universal e Corti d’Argento insieme per
la nuova edizione del concorso CINEMASTER 2012. Al via, per la
prima volta in collaborazione con i Corti d’Argento dei giornalisti
cinematografici, il Cinemaster Studio Universal 2012, il progetto
per giovani registi italiani organizzato dalla TV del Cinema da chi
fa Cinema (distribuita sul Digitale Terrestre nell’offerta Premium
Gallery di Mediaset) che sceglie quest’anno il corto vincitore in
una rosa di titoli selezionati dal Sindacato Nazionale Giornalisti
Cinematografici Italiani (SNGCI) sulla base dei requisiti indicati
dal regolamento del Canale.
Una Notte da Leoni 3? La Wb è disposta a pagare 15mln a testa!
Sembra proprio che quando firmarono il loro contratto da 1 milione per Una Notte da Leoni, Bradley Cooper, Ed Helms e Zach Galifianakis abbiano firmato per il possesso di una vera e propria miniera d’oro. Sembra infatti che la Warner Bros sia disposta a pagare i tre 15 milioni a testa per farli tornare di nuovo a sbronzarsi, questa volta a Los Angeles. Se come detto per il primo film il terzetto ha incassato 1 milione e per il secondo 5, l’incremento è mostruoso ma giustificato dalle cifre da capogiro incassate dei primi due film: 467 milioni per il primo e 581 per il secondo.
Anche Tod Phillips verrebbe richiamato a bordo per girare il film quest’estate e farlo uscire nel 2013. Staremo a vedere cosa si deciderà, intanto i fan delle hangoover possono cominciare a sfregarsi le mani.
Fonte: comingsoon
Emma Stone e il primo bacio a Garfield…sul set
Emma Stone e Andrew Garfield stanno
pubblicizzando in giro per il mondo The Amazing Spider-Man.
Ovviamente a nessuno sfugge ormai che i due hanno cominciato una relazione e quindi i
IMDB compie 10 anni e fa i conti
Il più fornito e famoso database cinematografico di internet compie 10 anni. E’ ovviamente IMDb e per celebrare il suo compleanno, il sito ha stilato un po’ di classifiche per valutare chi, tra star, film , serie tv e film in arrivo è il più popolare nell’arco di questi 10 anni.
Johnny Depp si è rivelato il più popolare tra gli attori, uomini e donne comprese, in una classifica che vede nomi molto glamuor nelle prime dieci posizioni e a sorpresa forse un decimo posto occupato da Emma Watson, che senza dubbio riesce a sfruttare alla grande il suo successo ottenuto con Harry Potter. Per quanto riguarda il film, il più cliccato è Il Cavaliere Oscuro, Lost primeggia tra le serie tv e per quanto riguarda i film in produzione più attesi a capeggiare la classifica dei primi dieci c’è prevedibilmente Il Cavaliere Oscuro il Ritorno.
Ecco le liste complete:
Top 10 Stars degli ultimi
10 anni:
1. Johnny Depp
2. Brad Pitt
3. Angelina Jolie
4. Tom Cruise
5. Natalie Portman
6. Christian Bale
7. Scarlett Johansson
8. Jennifer Aniston
9. Keira Knightley
10. Emma Watson
Top 10 dei film degli
ultimi 10 anni:
1. Il cavaliere oscuro
2. Donnie Darko
3. Pulp Fiction
4. Il Signore degli Anelli: La compagnia dell’anello
5. Il Signore degli Anelli: Il Ritorno del Re
6. Harry Potter e il prigioniero di Azkaban
7. Harry Potter e l’Ordine della Fenice
8. Twilight
9. Harry Potter e il calice di fuoco
10. il Padrino
Top 10 delle Serie TV degli
ultimi 10 anni:
1. Lost
2. House M.D.
3. Grey’s Anatomy
4. Heroes
5. How I Met Your Mother
6. 24
7. Glee
8. True Blood
9. Dexter
10. Gossip Girl
Top 10 dei film in produzione più attesi degli ultimi 10
anni:
1. The Dark Knight Rises
2. Men in Black III
3. The Dictator
4. G.I. Joe: Retaliation
5. The Expendables 2
6. Battleship
7. The Avengers
8. Rock of Ages
9. The Hunger Games
10. Prometheus
Fonte: IMDb
What to Expect When You’re Expecting: cinque character poster
The Amazing Spider-Man: trama ufficiale e cameo d’eccezione!
Mission: Impossible – Protocollo fantasma: recensione del film con Tom Cruise
Con Mission: Impossible – Protocollo fantasma Tom Cruise ritorna nei panni dell’agente segreto Hunt, in quella che sembra l’inizio di una nuova trilogia in cui, oltre a vedere il nostro fare bello sfoggio delle sue straordinarie doti di stunt di se stesso, si introducono nuovi personaggi che al suo fianco potrebbero dare freschezza alla formula del franchise.
La trama di Mission: Impossible – Protocollo fantasma
In Mission: Impossible – Protocollo fantasma l’agente Ethan Hunt torna al cinema nella sua quarta indagine. Questa volta però l’IMF (Impossible Mission Force) non sarà dietro di lui a coprirgli le spalle, ad organizzare recuperi d’emergenza, a fornirgli l’attrezzatura ipertecnologica che sin dal primo film lo ha accompagnato nelle sue missioni. Questa volta Hunt si trova ad avere a che fare con una minaccia nucleare e soprattutto a fare i conti con una squadra, lui che ha sempre agito in solitaria. Questa volta la missione impossibile sarà riabilitare il suo nome, quello dell’agenzia e soprattutto diventare un team leader, il capo di una squadra di agenti operativi, tutti come lui, allontanati dal servizio del loro Paese.

La nuova squadra di agenti desautorizzati è composta dal notissimo leader, Tom Cruise, sempre più in forma e sprezzante nei confronti della forza di gravità, che nonostante l’età riesce ancora a competere con i vari giovanissimi attori che si travestono da supereroi nel cinema recente, gravitando l’attenzione su di sé. Ritroviamo in questo film Simon Pegg, che riprende il ruolo di Benji Dunn, promosso alla squadra operativa, fondamentale elemento nel cast per veicolare ironia in ogni momento, sempre con grande efficacia.
Jeremy Renner si aggiunge al gruppo, il suo William Brant è un sedicente analista che nasconde un passato oscuro che cerca a tutti i costi di scontare una colpa che grava sulla sua coscienza. Famme Fatale di turno è Paula Patton; lei è l’agente Jane Carter, decisamente fatale, che si unisce al gruppo e come tutti gli altri fa fatica a guadagnarsi la fiducia del nostro Ethan.
Alla regia, dopo De Palma, Woo e Abrams (qui in veste di produttore), si riconosce l’abile mano che fu dietro a Gli Incredibili della Pixar. Brad Bird regala allo spettatore un rutilante spettacolo pirotecnico dietro l’altro, a partire dei titoli di testa, passando per l’epica sequenza girata sul Burj Khalifa, a Dubai, l’edificio più alto del mondo.
Mission: Impossible – Protocollo fantasma, Tom Cruise è tornato in grande stile
Per tutti i nostalgici ritroviamo in questo quarto film, Mission: Impossible – Protocollo fantasma, i famigerati occhialini di Hunt, le maschere in lattice per i travestimenti, e ovviamente le celeberrime note della colonna sonora, riadattate da Michael Giacchino e che ripercorrono tutta la pellicola. L’idea di una nuova trilogia è evidente e fondata, dal momento che la storia convince anche se il ritmo narrativo risulta disomogeneo, soprattutto nella prima parte del racconto.
Tom Cruise è tornato in grande stile, riesce a portare avanti la sua storia personale con notevole energia e promette altre avventure ‘antigravitazionali’. Mission: Impossible – Protocollo fantasma è un film da vedere, per chi ha amato i precedenti capitoli e per chi si vuole semplicemente divertire pur senza conoscere i dettagli delle precedenti avventure di Ethan Hunt.
Polisse: recensione del film di Maïwenn
La regista francese Maïwenn porta sullo schermo la routine quotidiana della Sezione Protezione Minori (Brigade de Protection des Mineurs). A scatenare la curiosità della giovane e poliedrica transalpina verso questa tematica è stato un documentario di Virgil Vernier su questo particolare reparto: in Polisse ci sembra infatti di rivivere costantemente, a stretto contatto con gli uomini della Sezione, stralci di indagini su casi di abuso, pedofilia e delinquenza minorile. Ma la macchina da presa non si ferma a questo, vuole mostrarci ancora più chiaramente le ripercussioni emotive su Nadine (Karin Viard), Fred (Joey Starr), Iris (Marina Foïs), Mathieu (Nicolas Duvauchelle), di un lavoro che porta allo stremo persino chi è immerso in queste vicende quotidianamente.
Polisse, il film
Maïwenn riesce a far collimare perfettamente sia il lato documentaristico che quello più romanzesco. Il lavoro del cast accanto a veri agenti della Sezione Protezione Minori ha sicuramente facilitato il lavoro della regista facendo raggiungere a Polisse un alto livello di verosimiglianza in entrambi i lati. L’illusione della realtà è molto forte e coinvolge in pieno lo spettatore, il quale risulta totalmente immerso in ogni dramma che il film racconta.
Lo stile registico della giovane francese si accosta un po’ troppo a quello di numerose serie poliziesche viste e riviste in televisione. L’originalità non può di certo dirsi il punto forte della pellicola, ma nonostante tutto ne esce fuori un qualcosa di convincente ma soprattutto di coinvolgente, che porta lo spettatore ad immergersi totalmente negli orrori su cui indagano gli uomini della Sezione, ma anche a comprendere i complicati meccanismi che ci sono dietro questo lavoro.
L’unica parte che rimane confusionaria in Polisse risulta essere quella relativa alle numerose relazioni amorose all’interno del nucleo. Queste porzioni di pellicola avrebbero dovuto lasciare più spazio all’azione documentaristica del film. Maïwenn ed il suo Polisse ha sicuramente meritato il Prix du Jury a Cannes e un riconoscimento ancora maggiore lo otterrà sicuramente dal consenso del pubblico che lo vedrà in sala dal 3 Febbraio 2012.
L’arte di vincere – Moneyball: recensione del film con Brad Pitt
L’arte di vincere – Moneyball, regia di Bennett Miller, racconta di un sogno, di una scommessa fatta contro un sistema solido e chiuso, di un uomo coraggioso che voleva più della vittoria, voleva stravolgere il suo mondo, quello del baseball.
La trama di L’arte di vincere – Moneyball
L’arte di vincere – Moneyball è la storia di Billy Beane (Brad Pitt) che nella stagione del 2002 è stato general manager degli Oakland Athletic’s e si è trovato a dover rifondare la squadra senza soldi e con tre dei giocatori migliori ceduti a società più importanti. Contro tutto e tutti Billy si affida a Peter Brand (Jonah Hill), giovanotto goffo di movimenti ma agilissimo di mente, laureato in economia a Yale, e con lui costruisce una squadra servendosi di un metodo molto poco ortodosso.
Un metodo numerico, basato sulle percentuali di successo e le caratteristiche singole del giocatore. Beane e Brand andranno dunque contro la grande tradizione del baseball, raccogliendo mezzi giocatori, alcuni troppo vecchi, altri troppo giovani e irrequieti, altri ancora infortunati, e formeranno una squadra che riuscirà a sfondare il muro delle vittorie consecutive.

Un duo di irresistibili protagonisti
L’arte di Vincere – Moneyball ci trasporta quindi nel mondo del baseball scandagliandolo con attenzione, dilungandosi nei dettagli squisitamente tecnici, una vera gioia per gli appassionati. Non c’è da stupirsi quindi se il film ha ricevuto diverse candidature ai prossimi Oscar in un Paese in cui il baseball è un rito sociale piuttosto che uno sport. A gareggiare per la statuetta non è solo il film stesso, ma i suoi protagonisti.
Prima di tutto Brad Pitt, nei panni di Billy, è disgustosamente convincente mentre sgranocchia, divora, mangia e ingurgita tutto quello che si trova a tiro sputacchiando qua e la tabacco masticato a dovere. La sua interpretazione riesce a mostrare con grande sobrietà e funzionalità le sfaccettature di un personaggio che oscilla tra l’euforia e l’ottimismo fino a cadere nei più bui antri dello scoramento.
Accanto a lui c’è il giovane Jonah Hill, candidato come migliore non protagonista, molto conosciuto in America per un certo genere di commedia demenziale, e qui invece nei panni goffi, divertenti ma a suo modo carismatici dell’esperto di economia che riesce, insieme a Billy, a cambiare il volto del baseball. E chissà che questa bella coppia non possa riservarci sorprese agli Oscar, visto che Miller ha già portato fortuna al ritrovato Philip Seymour Hoffman qui nei panni dell’allenatore Art Howe.

L’arte di vincere – Moneyball è un puro trionfo
Il film si fregia anche di un’ottima partitura musicale di Mychael Danna, già autore della colonna sonora di Little Miss Sunshine. Quello che però rende davvero prezioso questo film è la fotografia del premio Oscar Wally Pfister (Inception), che disegna l’inquietudine dei personaggi sui loro volti attraverso ombre sapientemente distribuite. Bennett Miller ci mette il resto, riservandoci una regia sobria e davvero brillante in alcune scelte di inquadratura.
L’arte di vincere – Moneyball lascia dunque la sensazione di un grande trionfo, di quelli silenziosi e duraturi, è la storia di un ‘magnifico perdente’ che con il suo sogno ha cambiato per sempre le regole. Gli appassionati di baseball lo adoreranno, gli appassionati di cinema pure.
I Muppet tornano tra noi, questa volta sul grande schermo
Il corvo remake: nuovo regista e nuovo sceneggiatore!
Arrivano aimé due buone notizie per il remake del Corvo The Crow. La prima riguarda la controversia legale sui diritti del nuovo adattamento dell’opera. E’ di ieri la notizia che la Relativity Media e The Weinstein Company hanno risolto il problema e che sono pronte ora a produrre il film.
La seconda notizie è che questo ha creato un indotto e le cose si stanno muovendo rapidamente, tanto che la pellicola ha ora un nuovo regista, F. Javier Gutierrez, e un nuovo sceneggiatore, Jesse Wigutow. L’obiettivo è quello di andare sul set in autunno. Ora non resta che aspettare notizie sul casting, vi ricordiamo che il progetto è stato abbandonato da Bradley Cooper.
Fonte: Variety
Paradiso amaro: recensione del film con George Clooney
Alexander Payne – ritorna dopo ben sette anni dal suo fortunato ed ultimo lavoro Sideways – In viaggio con Jack – con Paradiso amaro, e lo fa ancora una volta facendo incetta di nomination agli Oscar. Per certi versi in questo caso il suo merito è minore rispetto alla precedente pellicola, che sorprese molto per la brillantezza della sceneggiatura e per l’ironica malinconia che sarebbero poi diventate lo stilema prediletto del regista, autore anche di A proposito di Schmidt.
The Descentans, titolo originale del film da noi tradotto Paradiso amaro, racconta la storia di Matt King (George Clooney), un marito e padre da sempre indifferente e distante dalla famiglia. Ma quando la moglie rimane vittima di un incidente in barca nel mare di Waikiki è costretto a riavvicinarsi alle due figlie, e quindi a riconsiderare il suo passato e valutare un nuovo futuro. Mentre i loro rapporti si ricompatteranno, Matt è anche alle prese con la difficile decisione legata alla vendita di un terreno di famiglia, richiesto dalle élite delle Hawaii ma anche da un gruppo di missionari.
Elaborare il lutto
Paradiso amaro racconta dunque la dimensione tragica di un uomo difronte a degli eventi drammatici con cui irrimediabilmente deve fare i conti e che rappresenta un bivio non solo per la propria esistenza, ma anche per la sua famiglia. Alexander Payne ancora una volta dimostra di essere molto abile nel muoversi dentro questo substrato di vissuto pieno di dolore e malinconia, abile nello scrutare con il suo sguardo le difficoltà e le peripezie di una condizione così, senza togliere il dubbio di quanto essa rappresenti l’inevitabile conclusione di una strada sinuosa e difficile da attraversare.

Quello di Payne è quindi un film su un percorso da affrontare, è il tentativo di rimettere insieme un rapporto e una famiglia che fino ad ora era vissuta in totale agonia, è soprattutto l’intenzione di King (George Clooney) di voler rimediare al passato, cercando di vivere il presente e modificare il futuro, cercare di riconciliare un puzzle che è per sua stessa natura in frantumi.
Paradiso amaro si muove su un equilibrio precario
Nonostante le buone intenzioni Paradiso amaro, pur assicurandosi l’ampia sufficienza, ha alcuni lati negativi che in qualche maniera ne offuscano la brillantezza. Se da un lato colpisce il lato tragicomico che regala forse i momenti migliori della pellicola, d’altro canto sorprende nell’accezione negativa, la forzata ricerca di una drammaticità eccessiva, che rileva l’intenzione di voler commuovere a tutti i costi. In questo è lo stesso Payne a peccare, nella mancata ricerca di un equilibrio perfetto fra le due nature che compongono il nucleo centrale della narrazione, che avrebbe reso il film più sincero e più dolce.
Detto ciò, rimangono i bei momenti del film e un cast che sorprende soprattutto nelle loro protagoniste femminili, fra tutte una delle due figlie di King, Alexandra, interpretata con sincera passione da Shailene Woodley, all’altezza del compito e capace di duettare con il talento di George Clooney.
The Raven: nuovo spettacolare poster!
Entertainment Weekly oggi propone in anteprima il nuovo teaser poster americano di The Raven – Gli ultimi giorni di Edgar Allan Poe (John Cusack), la nuova pellicola di James McTeigue (V for Vendetta, Ninja Assassin) ispirata alla figura e ai racconti dello scrittore di Boston.
Alexander Payne a Roma presenta Paradiso Amaro
L’arte di Vincere – Intervista a Brad Pitt
Brad Pitt parla dei protagonisti del film L’Arte
di Vincere, per il quale lui e Jonah Hill sono stati candidati
all’Oscar (rispettivamente per Miglior attore protagonista e
Migliore attore non protagonista). Dal 27 gennaio al
cinema.
Ulteriori info nella nostra Scheda-Film
Lily Collins rinuncia al remake di La Casa
Niente remake di La Casa per Lily Collins (vista in Abduction e prossima interprete di Mirror Mirror, film ispirato aBiancaneve): l’attrice britannica ha declinato il ruolo della protagonista femminile a causa dei troppi impegni concomitanti, tra cui il tour promozionale dello stesso Mirror Mirror e la partecipazione all’adattamento di The Mortal Instruments, ennesima saga post-adolescenziale (firmata da Cassandra Clare) che dopo il successo nelle librerie americane, si prepara a sbarcare sul grande schermo.
Il remake di Evil Dead dovrà trovare dunque una nuova interprete per il ruolo di Mia, una ragazza che nel corso di una gita tra amici finisce in una casa abbandonata… ovviamente infestata, con tuttò ciò che ne seguirà (rispettando il plot dell’originale). Regista del film sarà il semisconosciuto Fede Alvarez, regista uruguayano segnalatosi per il cortometraggio fantascientifico Ataque de Panico. La sceneggiatura è stata scritta dallo stesso Alvarez, assieme a Rodo Sayagues, con l’assistena di Diablo Cody. L’inizio delle riprese è previsto per il prossimo marzo, l’uscita nelle sale per l’aprile 2013.
Fonte: Empire
Cast completo per il nuovo horror di James Wan
Si va completando il cast del nuovo vilm di James Wan (regista del primo Saw e, più recentemente, di Insidious): dopo Patrick Wilson e Vera Farmiga è la volta di Ron Livingstone e Lily Taylor. Il titolo inizialmente scelto, The Conjuring, è stato in seguito scartato e al momento non ne è stato ancora trovato un altro. Wilson e la Farmiga interpreteranno una coppia di ‘investigatori psichici’ che affronteranno il caso più terrificante della loro vita in una fattoria del Rhode Island; qui, un’altra coppia (Livingstone e la Taylor) si è trasferita coi propri figli, solo per scoprirla infestate da una presenza dmeoniaca che decisamente non li vuole trai piedi. La sceneggiatura è stata scritta Chad e Carey Hayes, sulla base del caso della famiglia Perron, raccontato dagli investigatori Ed e Lorraine Warren, negli anni ’70. Le riprese dovrebbero cominciare nel prossimo marzo.
Fonte: Empire
Lena Headey a fianco di Ethan Hawke in Vigilandia
Dopo aver trovato in Ethan Hawke il protagonista, Vigilandia – sci-fi thriller di James DeMonaco (regista le cui precedenti opere non sono granché memorabili) ha trovato anche la sua controparte femminile in Lena Headey (protagonista in Terminator: The Sarah Connor Chronicles, oltre ad aver recitato in altre serie come Game of Thrones o White Collar).
Del film, che sarà un’opera a basso costo, si sa poco: regista e produttori hanno voluto mantenere il massimo riserbo. Produttore è Jason Blum (Insidious), la cui compagnia sta attualmente lavorando a Platinum Dunes di Michael Bay. Nota anche per il ruolo della Regina Gorgo in 300 di Zack Snyder, la Headey sarà sugli schermi in autunno col remake del fumettistico Dredd.
Fonte: Empire