La fine della serie di Harry Potter
non ha segnato la fine del mago nel mercato mondiale, poichè il
prossimo 11 novembre arriverà in Blu Ray e DVD il film, con un
documentario girato sul set de I Doni della Morte.
Matrimonio a Parigi: recensione del film
Dopo la cerimonia di nozze invernale, Massimo Boldi ci riprova con l’ennesimo matrimonio con Matrimonio a Parigi, questa volta nella bellissima cornice di Parigi insieme ad un cast di facce note che non si stancano mai di passare da un set all’altro, da una commedia all’altra, portandosi sempre dietro il proprio personaggio.
In Matrimonio a Parigi Lorenzo (Boldi) è un imprenditore polentone fai da te, che vende su TeleLecco Sat (sua emittente privata) tutta una serie di attrezzi e elettrodomestici che fa credere indispensabili ai suoi ascoltatori. E’ attorniato dal socio (Massimo Ceccherini) che sogna di avere una passionale storia d’amore con la moglie di Lorenzo, e dalla moglie stessa, Elvira (Paola Minaccioni), che suggerisce al marito i modi migliori per … evadere le tasse.
Matrimonio a Parigi, il film
Gennaro (Biagio Izzo), ufficiale della guardia di finanza, è un irreprensibile cittadino, ligio al dovere e al rispetto delle regole, con una moglie travolgente, tale Costanza (Anna Maria Barbera), che gestisce un negozio di intimo nella assolata e pittoresca Napoli. Le due famiglie si incontrano su un treno (rigorosamente Freccia Rossa) diretto a Parigi, dove i rispettivi figli, compagni di camera e di studi all’Istituto di Arte e Design di Parigi, stanno per diplomarsi.
Alterne vicende e scambi di persone porteranno i personaggi ad intrecciare le loro vite, all’insegna di ricatti, tentati tradimenti, scherzi, appuntamenti al buio e minacce di arresto per evasione. Inutile dire che si tratta della solita commedia pre-natalizia, dopo il divorzio Boldi – De Sica, che mette in tavola una gran minestra di battute, tentate citazioni di altri successi (Benvenuti al Sud su tutti) e un po’ di sana attualità, ovvero i riferimenti agli evasori ed ai paradisi fiscali che tanto sono di moda nel nostro Paese.
Il tentativo iniziale di introdurre una trama che strizza l’occhio in maniera un po’ grossolana alla contemporaneità, viene immediatamente soppiantato dalla riabilitazione del solito affastellamento di situation (non) comedy che ormai siamo abituati a vedere. Matrimonio a Parigi è una commedia di evasione, che strappa qualche raro sorriso grazie soprattutto al personaggio di Anna Maria Barbera e che andrebbe vista anche solo per la bonus scene con protagonisti Rocco Siffredi e Massimo Ceccherini.
Guy Ritchie per il remake di La corsa più pazza d’America
Mentre si attende l’uscita del Sherlock Holmes, Guy Ritchie è alla ricerca del suo prossimo
progetto. Secondo alcune fonti potrebbe essere il remake della
commedia su quattro ruote La corsa più pazza d’America, film del
1981 con Roger Moore e Burt Reynolds.
Kristen Stewart si fa male sul set di Snow White and the Huntsman!
Le riprese di Show Whit and the
Huntsman hanno subito una battuta d’arresto per un infortunio
accaduto alla sua protagonista, Kristen Stewart.
A rivelarlo è Mike Manganello sulla sua pagina di Twitter.
Al Capone contro i Vampiri?
Anne Hathaway per Les Miserables!
Anne Hathaway avrà il ruolo di Fantine in Les Miserables, prossimo adattamento cinematografico del romanzo di Victor Hugo ad opera di Tom Hooper. Per la gioia di Hugh Jackman che recentemente aveva espresso il desiderio di averla come co-protagonista. Vi ricordiamo che la Hathaway vestirà presto i panni di Catwoman in The Dark Knight Rises. Nel cast di Les Miserables, oltre a Hugh Jackman si è aggiunto recentemente anche Russell Crowe.
Il Cavaliere Oscuro il ritorno si sposta a New York!
Transformers 4 e 5 girati insieme da Michael Bay?
La Hasbro ha ufficialmente avviato le trattative con la Paramount Pictures, Steven Spielberg e Michael Bay per realizzare i nuovi episodi di Transformers. Secondo Variety annuncia che le discussioni potrebbero includere la possibilità di girare due sequel contemporaneamente, ovvero Transformers 4 e 5.
Sempre Variety conferma alcune sensazioni riguardanti al cast, Shia LaBeouf difficilmente ritornerà nel nuovo film. Le voci vanno versò la possibilità che Jason Statham possa assumere il ruolo di protagonista. Ma la notizia più eclatante è che Michael bay starebbe prendendo in considerazione la possibilità di tornare alla regia, senza limitarsi quindi alla produzione esecutiva. Come sappiamo già Bay girerà il suo nuovo film, Pain & Gain, entro la fine del 2012, quando si pensa che le riprese del nuovo episodio di Transformers potrebbero iniziale. Le sue intenzioni sono sempre state quelle di Bay volersi dedicare a un altro progetto, ma nel frattempo c’è stato di mezzo il successone del terzo capitolo (1,119 miliardi) che ha ribaltato un po’ tutti i piani. Non ci resta che attendere ulteriori sviluppi.
Fonte: Variety
Le avventure di TinTin: il segreto dell’unicorno Trailer 2
Nuoto trailer per Le avventure di
TinTin: il segreto dell’unicorno. Prodotto da Peter Jackson e
diretto da Steven Spielberg.
Steven Spielberg parla di Le avventure di TinTin: il segreto dell’unicorno.
Steven
Spielberg ha rilasciato una lunga intervista ad Empire
sull’atteso film Le avventure di Tintin: Il segreto
dell’unicorno che vedremo in anteprima nella Sezione Alice del
Festival del film di Roma.
Bryan Singer parla della morte del remake di Excalibur!
E’ lo stesso Bryan Singer a
ufficializzare la morte del film Excalibur, film che ha lungamente
sviluppato presso la Warner Bros negli ultimi anni. Il regista
spiega i motivi del perché la Warner lo abbia cancellato.
Keanu Reeves pronto a dirigere Man of Tai Chi
Keanu Reeves dopo aver annunciato l’intenzione di
dirigere un film sulle arti marziali dal titolo Man Of Tai Chi, si
appresta ad iniziarne le riprese. Con un budget di circa 25 milioni
di dollari, messo a disposizione da China Film, Village Roadshow e
Wanda Group, il film può partire.
Shawn Levy potrebbe dirigere un prequel su Pinocchio
Shawn Levy, reduce dal successo al botteghino
americano di Real Steel, potrebbe dirigere per la Fox The Three
Misfortunes of Geppetto, basato su una sceneggiatura originale
dell’esordiente Michael Vukadinovich.
Aaron Eckhart uno dei Beach Boys
La carriera di Aaron Eckhart
sembra procedere a gonfie vele. L’attore è impegnato su molti
fronti per il futuro ma arriverà prossimamente nelle sale al fianco
di Johnny
Depp in The Rum Diary. Ora arriva la notizia che sarà anche il
batterista dei Beach Boys Dennis Wilson nel biopic The Drummer.
Box Office USA 17 ottobre 2011
Harper’s Bazar omaggia il cinema di Martin Scorsese!
La famosa rivista
Harper’s Bazar ha dedicato una retrospettiva al cinema di Martin Scorsese,
in attesa dell’arrivo di Hugo Cabret nelle sale cinematografiche il
prossimo 23 novembre (il 16 dicembre il Italia).
Train de Vie – Un treno per vivere
Train de Vie Anno: 1998 Regia: Radu Mihaileanu Cast: Lionel Abelanski, Rufus, Clément Harari, Michel Muller
Un primo piano apre su un giovane che comincia un racconto. E’ Shlomo, lo “scemo del villaggio”. Per la precisione di uno Shtetl, villaggio ebraico dell’Europa dell’Est, che nel 1941 rischiava l’invasionenazista e la conseguente deportazione dei suoi abitanti.
Il paesino vive tranquillamente il proprio quotidiano, finché Shlomo avvisa i suoi compaesani che nei villaggi vicini gli ebrei sono cacciati dai militari nazisti. Ma oltre ad allarmare i suoi concittadini, propone anche un’idea suggestiva per sfuggire allo sterminio: creare un finto treno nazista per le deportazioni che li accompagni in Palestina passando per l’Unione Sovietica. Si riunisce così il consiglio degli anziani che approva la stramba quanto salvifica idea di Shlomo. Comincia così un viaggio strambo e rocambolesco alla ricerca della salvezza.
Train de vie, del rumeno Radu Mihaileanu, non appartiene ad un genere preciso. Molti dizionari cinematografici lo archiviano come film drammatico, perché ambientato in quella tragica pagina storica che è stata la Shoah, altri ancora come commedia, ma forse indebitamente, date le varie gag che gustosamente ingloba nella sua trama, potrebbe essere perfino etichettato come un film comico.
Questo stupendo lungometraggio del 1998 girato tra Francia, Belgio, Romania, Israele e Paesi Bassi, è una grande prova di come l’arte cinematografica possa trattare un tema così delicato attraverso storielle divertenti, ironiche, pittoresche, grottesche, fantasiose. Il tutto senza offendere chi certe tragedie le ha subite sulla propria pelle, né calpestare la memoria di quanti hanno perso tragicamente la vita per il disegno meschino di una mente folle.
In quel treno c’è la metafora del Mondo: c’è il capo rabino che dialoga con Dio e gli presenta i suoi umani dubbi, c’è chi professa il comunismo creando un gruppo di dissidenti, ci sono ebrei e zingari uniti nella tragedia, c’è chi vorrebbe atteggiarsi a filosofo utopista ma poi cede puntualmente ai piaceri della carne. Insomma, in pochi vagoni colorati è racchiusa l’umanità intera, con i suoi soliti vizi, le sue virtù, i suoi conflitti, le sue prepotenze, le sue debolezze, le sue speranze.
A contribuire all’ambientazione vivace e fiabesca del film contribuiscono, oltre che l’aspetto grottesco dei protagonisti, anche le musiche del bosniaco Goran Bregovic, autore di moltissime colonne sonore dalla fine degli anni ’70 ad oggi.
C’è anche un aneddoto, o forse solo una leggenda, che lega questo film a Roberto Benigni. Pare che il regista e comico toscano abbia letto la sceneggiatura di questo film prima che iniziassero le riprese e che abbia tratto ispirazione dalla vena comica della storia, utilizzandola anche, in una maniera del tutto personale, nel suo La Vita è Bella, uscito lo stesso anno.
Il remake de Il Corvo di nuovo senza regista
E’ davvero ammirevole l’ostinazione con cui si sta portando avanti un progetto che proprio non vuole decollare. Si tratta dell’ennesimo remake di un film The Crow, (Il Corvo) che per motivi diversi ha segnato la storia dei cinefili più accaniti, all’inizio degli anni ’90.
Il remake de Il Corvo The Crow non sa da fare. Dopo l’abbandono di Juan Carlos Fresnadillo, che era subentrato all’altro regista rinunciatario Stephen Norrington, non si sa davvero che altro tentare per realizzare il film.
E pensare che Eric Draven poteva essere interpretato da Bradley Cooper, il che avrebbe reso tutto più semplice. Ma l’impegno con Paradise Lost ha impedito al divo di seguire anche Il Corvo.
Ora urge una sostituzione e si parla già dello spagnolo F Javier Gutierrez, ma sarà la volta buona?
Fonte: comingsoon.it
Box Office ITA del 17 ottobre 2011
Dopo un appassionante testa a testa, I tre moschettieri 3D ottiene il primo posto al box office italiano, ma solo per poche migliaia di euro. Debutta così al secondo posto il vero vincitore del weekend, This must be the place…
E’ stato difficile prevedere chi
alla fine l’avrebbe spuntata. Per tutto il weekend, le due new
entry più forti si sono scontrate in un testa a testa che però non
lascia dubbi sul vincitore. Fino a sabato, infatti, a detenere il
primo posto è stato This must be the place, mentre
I tre moschettieri 3D ha recuperato
domenica, grazie al più esteso target di riferimento.
Così il film per famiglie ispirato al celebre romanzo di Alexandre
Dumas père esordisce al primo posto con 1.456.000 euro: distribuito
in ben 500 sale e sfruttando anche il sovrapprezzo, il risultato
non può essere considerato esaltante.
Ben più interessante il debutto di This must be the place: per soli 7000 euro di differenza, il film di Paolo Sorrentino apre in seconda posizione raccogliendo 1.449.000 euro; la pellicola ottiene la migliore media per sala, con 332 copie a disposizione. Il film con Sean Penn è dunque il ‘vincitore morale’ del weekend e sarà interessante vedere gli effetti del passaparola nei prossimi giorni.
Il botteghino italiano torna a
registrare incassi interessanti, dopo un settembre sottotono. Così
Ex – amici come prima scende al terzo
posto, ma perde molto poco: 1,1 milioni di euro raccolti negli
ultimi tre giorni, per 3,5 milioni complessivi.
Amici di letto esordisce al quarto posto:
la commedia con Mila Kunis e Justin Timberlake apre infatti con 1
milione di euro.
I Puffi
scende in quinta posizione e giunge a quota 10,5 milioni con altri
573.000 euro.
Cowboys & Aliens debutta al settimo posto
con un risultato discreto, ovvero 546.000 euro in 300 sale.
Seguono Final Destination 5 (423.000
euro) e Abduction (347.000 euro),
arrivati rispettivamente a 1,5 e 1,2 milioni totali.
A dangerous method scende in nona posizione e giunge a 1,7 milioni con gli ultimi 291.000 euro raccolti, mentre Baciato dalla fortuna (231.000 euro) chiude la top10 arrivando a 2,2 milioni complessivi.
Ghost Rider 2 ‘sarà più oscuro, più perverso e più cattivo’
Ghost Rider: Spirit of Vengeance ‘sarà
più oscuro, più perverso e più cattivo’, parola di Mark Neveldine e
Brian Taylor, la squadra che scrive e dirige il secondo film con
protagonista Nicolas Cage.
The Avengers – Trailer italiano
Marvel Studios presenta “The Avengers”, i supereroi più famosi si riuniscono in una squadra di personaggi leggendari come Iron Man, l’incredibile Hulk, Thor, Captain America, Occhio di Falco e Vedova Nera. Quando la comparsa di un nemico inatteso minaccia la tranquillità e la sicurezza del mondo, Nick Fury, direttore dell’agenzia internazionale per il mantenimento della pace conosciuta come S.H.I.E.L.D., si trova ad aver bisogno di una squadra che salvi il pianeta dall’orlo del disastro. Inizia così, da un capo all’altro della terra, un audace lavoro di reclutamento.
A Matt Reeves il remake de Ai confini della realtà?
La Warner Bros Pictures ha finalmente deciso
che prenderà le redini del remake di Ai confini della realtà (The
Twilight Zone). Erano nomi importanti quelli stilati nella short
list: da Rupert
Wyatt, Alfonso Cuaron e David Yates, fino addirittura a Christopher
Nolan e Michael Bay.
Menzione speciale per Krokodyle al Festival fantastico di Catalunya
Si conclude, con un altro successo ed un altro premio,
l’avventura di Krokodyle e del suo regista, Stefano Bessoni, al 44esimo Festival Internazionale
del cinema fantastico della Catalunya.
L’Amore che Resta: recensione del film di Gus Van Sant
Nel suo ultimo lavoro L’Amore che Resta, Gus Van Sant torna a soffermarsi sui giovani e sulle loro problematiche. La trama non è nuova al grande schermo, incentrata sulla coesistenza di amore e morte. Ma il regista ha uno sguardo originale ed è coadiuvato da un buon soggetto e da un’altrettanto valida sceneggiatura, firmata da Jason Lew e inizialmente destinata al teatro.
In L’Amore che Resta i protagonisti sono due adolescenti le cui vite sono precocemente segnate dalla morte, per motivi diversi: lui ha perso i genitori in un incidente, lei è gravemente malata. È sulla base di questa similitudine che avviene il loro incontro. Ciascuno di loro si confronta con la morte ogni giorno, a modo suo, cercando di trovare un sistema per affrontarla e continuare a vivere.
Il protagonista maschile – Enoch/Henry Hopper, figlio del celebre Dennis cui il film è dedicato – è un giovane isolato, senza amici, che “si allena” alla morte imbucandosi ai funerali altrui, sperando così forse di abituarvisi, o di imparare dall’osservazione del dolore degli altri come affrontare il proprio. È alto, magro, veste sempre di nero, vive in una casa scura, con una zia che veste anche lei di nero. Forse, vorrebbe essere morto lui stesso. L’unica relazione che Enoch coltiva è quella con il fantasma di un kamikaze giapponese della seconda guerra mondiale, che lo segue ovunque.
L’Amore che Resta, il film
La protagonista femminile, Annabel (Mia Wasikowska), all’opposto di Enoch, ha una grande gioia di vivere, veste con abiti colorati e dalle fantasie particolari, non si vuole deprimere, non vuole lasciarsi abbattere, nonostante la morte le sia già vicina. I due s’incontrano e insieme, aiutandosi l’un l’altro, cercano e in qualche modo riescono ad affrontare qualcosa di difficile ed estremo, come può essere la morte per due adolescenti. Per Enoch la storia d’amore con Annabel sarà occasione di crescita: capirà che non ci si abitua mai, che non esistono antidoti, scorciatoie o soluzioni di comodo alla morte, che non si può non soffrirne, si può solo accettarla come parte della vita. E poiché non siamo comunque al riparo dalla sofferenza, anziché isolarsi, è comunque meglio vivere con gli altri la propria esperienza.
La forza del film però, al contrario di quanto si potrebbe pensare, è quella di non essere didascalico o patetico, di non puntare sul melodramma. Gus Van Sant tratta il tema in modo intelligente, riuscendo a tenersi quasi sempre lontano dalla retorica, anche grazie a un uso consistente dell’ironia, come quella che esercita con tutta evidenza in un paio di sequenze (molto divertente quella delle “death scenes”), ironizzando sull’approccio melodrammatico a questo tipo di storie. I dialoghi sono asciutti ed essenziali e al posto di frasi retoriche si preferiscono allusioni e silenzi.
L’interpretazione dei due protagonisti in L’Amore che Resta è misurata ed efficace. Hopper ci regala a volte uno sguardo assente, perso nel vuoto del suo isolamento, ma più spesso rende con spontaneità, assieme alla Wasikowska, quella voglia di normalità che li caratterizza entrambi. Wasikowska, col suo volto angelico e sbarazzino al tempo stesso, incarna in modo convincente un’apparente ingenuità, estrema difesa nei confronti di ciò che l’attende.
Gus Van Sant non cerca ciò che potrebbe facilmente colpire lo spettatore, per tenerlo avvinto alla storia, come l’esibizione della sofferenza o della malattia, ma punta proprio sulla ricerca della normalità. Ne risulta un racconto che si muove sul filo della leggerezza, su un argomento “pesante”. Il regista riesce così a far rimettere in tasca fazzoletti intonsi a chi si era preparato “al peggio”.
Particolarmente efficaci in questo senso alcuni espedienti di sceneggiatura, come la figura del fantasma Hiroshi: una sorta di saggio venuto dall’al di là, che accompagna Enoch e lo consiglia, ma allo stesso tempo, suo amico, complice e sodale. Nel film c’è, sì, una storia d’amore, c’è una riflessione profonda sul tema della morte, il tutto però filtrato da un’ottica disincantata ed ironica. Il regista si muove abilmente tra questi due poli, come tra una matrice americana e un “mood britannico”, che può ricordare pellicole come Another Year di Mike Leigh. Lo stesso fa con la scelta della colonna sonora, che si apre coi Beatles e si chiude con la voce di Nico. La pellicola è prodotta da Ron Howard e da sua figlia Bryce.
The Woman in Black: trailer internazionale
Grazie a MSN, abbiamo un trailer
internazionale del prossimo film horror con Daniel
Radcliffe: “The Woman in Black”, basato su un romanzo di Susan
Hill.
Shame Trailer con Michael Fassbender!
E’ stato diffuso il trailer di Shame
di Steve
McQueen, che vede come protagonista l’attore in ascesa Michael
Fassbender.
William Monahan parla di Sin City 2!
Lo sceneggiatore Premio Oscar per The
Departed William Monahan ha rilasciato alcune dichiarazioni a
Collider in merito al suo lavoro in Sin City 2 di Robert
Rodriguez.
This Must Be the Place: recensione del film di Paolo Sorrentino
In This Must Be the Place Cheyenne è una ex rock star cinquantenne che vive un’agiata e pigra esistenza nella sua immensa casa, tra partite di pelota con la simpatica moglie, azzardi in borsa, e Mary una ragazzina che gli è legata quasi fosse un padre. Scambia la noia per depressione e continua, imperterrito, a truccarsi il viso e gli occhi come quando aveva 15 anni. La morte del padre porterà un cambiamento radicale nella sua vita e lo costringerà a spostarsi per l’America sulle tracce di chi ha umiliato il genitore tantissimi anni prima.
Paolo Sorrentino è forse il più talentuoso giovane regista italiano. L’aveva mostrato con diverse opere e con il Divo è arrivato all’attenzione di Sean Penn. Ed ecco trovato il pretesto: il due volte premio Oscar, ragazzaccio contro, ha accettato di vestire i panni di Cheyenne per Sorrentino ed è venuto fuori This Must Be the Place, opera complessa nella quale il regista mostra tutta la sua abilità nel raccontare attraverso le immagini.
This Must Be the Place, il film
La fotografia di This Must Be the Place è brillante e le immagini morbide e fluide, accostate come sono seguendo lunghi e piani movimenti di macchina, carrellate e piani sequenza a volte fini a se stessi ma sempre molto suggestivi. La rappresentazione dell’America in questo road movie sui generis è piuttosto tradizionale, le strade sono quelle lunghe dritte e deserte e i colori sono quelli da cartolina, quasi ci trovassimo in un episodio della serie Smallville.
Ma
Paolo Sorrentino filtra tutto attraverso lenti
deformanti usando sia per gli interni che per li esterni evidenti
grandangoli che spesso modificano anche le proporzioni dei visi. Il
risultato di tutto ciò è un racconto molto lento, tacito e a tratti
profondamente triste, che permette alla spettatore (insieme al
protagonista) di raggiungere una sorta di catarsi finale che rimane
sospesa, e quindi nemmeno tanto sicura. Protagonista indiscusso e
chiacchierato sin dalle prime immagini trapelate delle riprese è
Sean Penn, incredibile interprete di un
personaggio schivo e silenzioso, ma sincero e schietto, spiritoso e
molto tormentato.
Cheyenne si ritrova ad aver a che fare con il passato di suo padre, con il quale non parlava da 30 anni, si ritrova in giro per gli Stati Uniti alla ricerca di una persona, ma forse si tratta di risposte ai suoi interrogativi, alle sue paure. Alla fine Cheyenne si libererà delle maschere e forse ricorderà tutte le donne e gli uomini (e i bambini) che ha incontrato nel suo viaggio, che gli hanno dato involontariamente indizi sulla sua ricerca, e che hanno lasciato un segno in lui. Bellissimo anche se marginale è il ruolo di Jane, interpretata da una splendida Frances McDormand, moglie pratica e tuttofare di un uomo con la testa tra le nuvole. La cifra identificativa del loro matrimonio è l’ironia che sottende ogni dialogo, ogni scambio di sguardi e persino i momenti intimi.
Straordinaria è la colonna sonora, opera di David Byrne che in This Must Be the Place ha una piccola parte e con il quale Cheyenne si sfoga, mettendo a nudo la sua anima e la sua rabbia, è l’unico caso in cui il nostro protagonista alza la voce. A sostenere queste complesse e interessanti psicologie c’è l’ego spropositato di Paolo Sorrentino, bravissimo a far muovere la camera anche se a volte sembra per il semplice gusto dell’autocompiacimento, dilatando ulteriormente una storia che già di per sé ha tempi lunghi.