Giardini regali, lunghi e sfarzosi corridoi, architetture suggestive, il castello di Louveciennes, l’amore sconfinato di re Luigi XV e l’odio profondo di Maria Antonietta: un piatto dolceamaro quello che fu servito a Jeanne du Barry, figura controversa della storia Francia, che raggiunse il potere negli anni dell’Ancien Regime, per poi trovare la morte in seguito alla Rivoluzione Francese.
Di origini umilissime, Jeanne du Barry si fece strada grazie alla sua bellezza, che la portò fino alla corte di Luigi XV, del quale divenne poi la favorita. Una figura affascinante, che il cinema ha raccontato diverse volte. Attingendo dalla sua storia, in cui la contessa è stata delineata nel tempo come una donna sovversiva, maliziosa e desiderosa di arrivare al potere, molti registi hanno voluto raccontarla, e di seguito, ecco i più significativi nel corso degli anni.
Madame du Barry – 1919
Nel 1919 la tedesca Projektions-AG Union decide di produrre Madame du Barry, film in costume con al centro la favorita del re di Francia Luigi XV, sotto la regia di Ernst Lubitsch – regista conosciuto ai più per aver contribuito in maniera sostanziosa al cinema muto americano. La pellicola in bianco e nero, che rientra fra i migliori lungometraggi rappresentanti Jeanne du Barry, ebbe all’epoca un enorme successo e sancì anche quello dello stesso Lubitsch e della sua interprete, Pola Negri. Nella storia raccontata dal regista, la contessa du Barry è indecisa tra l’amore di Armand, uomo povero ma onesto, e quello del ricco Don Diego, e cerca di scegliere fra i due contando come se fossero petali di un fiore i nastri del suo corsetto. Arrivata a Versailles, però, viene immediatamente notata da re Luigi XV, il quale decide di portarla a palazzo facendola diventare la sua nuova amante, atto che porterà Jeanne – alla fine – alla ghigliottina. Della du Barry viene restituita qui una versione molto infantile, spesso frivola e solo a tratti scandalosa, caratteristica che si evince sin dalla prima inquadratura del film.
Lubitsch, infatti, gioca molto con le espressioni della sua attrice già dalla scena iniziale, in cui si vede la du Barry provocare un gentiluomo per strada, poi baciare il suo fidanzato e infine incontrare l’aristocratico Don Diego, tutto prima di fare la conoscenza del Conte du Barry e, per ultimo, del re. Il suo personaggio è tratteggiato con estrema malizia, più teso alla leggerezza e alla comicità, non mancando comunque di sottintendere una precisa furbizia – tipica della sua figura – quando si tratta di manipolare il suo re che cade, come è davvero stato, ai suoi piedi. Solo in alcune scene dall’impatto elevato viene mostrata una Jeanne più cupa, malinconica e triste, specie nei momenti in cui subisce violenze a corte. In questo caso, quando Lubitsch affronta il tema del maltrattamento subito dalla favorita del re, è chiaro l’intento che ebbe al periodo: voler sfruttare la figura della du Barry per parlare della condizione di molte donne che, nella Germania del Dopoguerra, si prostituivano. Non dimenticando però mai di mantenere un ponte empatico fra lo spettatore e la sua protagonista che, in questa storica rappresentazione, non può fare a meno di provare simpatia per lei.
Mademoiselle du Barry – 1943
Facciamo un salto temporale e arriviamo al 1943, periodo florido per il cinema classico hollywoodiano. In quell’anno esce Mademoiselle du Barry (titolo originale Du Barry Was a Lady), una commedia musicale basata sull’omonimo musical teatrale, diretto da Roy Del Ruth, ricordato soprattutto per essere stato uno dei sette registi che contribuirono al film di successo Ziegfeld Follies di Vincent Minelli con un cast di divi eccezionali come Gene Kelly, Judy Garland, Fred Astaire e Lucie Ball. É proprio quest’ultima che diventa protagonista di Mademoiselle du Barry, la quale nella storia di Del Ruth ha un doppio ruolo: quello di May Daly e, per l’appunto, di Jeanne du Barry. Il film, girato in Technicolor, racconta della cantante May che, nel nightclub in cui lavora, è desiderata da tutti, fra questi da Louis Blore – guardarobiere – e il maestro di cerimonie Alec Howe.
Di indole simile alla du Barry, che interpreta nel locale costruendo un racconto meta-teatrale, May è incline a voler sposare un uomo ricco. Quando Alec però le si dichiara, lei lo rifiuta in favore del benestante Willie. Anche Louis è innamorato di May e quando questo vince alla lotteria, decide di rivelarle il suo amore, riuscendo ad ottenere la sua mano. Dopo questa linea comedy, il film cambia. Louis assume una bevanda contenente della droga e, cadendo in un sonno profondo, sogna di essere re Luigi XV a Versailles. May è Madame Du Barry, Alec è la Freccia Nera, Willie è il Duc de Rigor e il cameriere del nightclub Charlie è il Delfino. Fra sogno e realtà, il regista costruisce un parallelismo fra May e la du Barry, ispirandosi alla figura della contessa e attingendo dal suo carattere per plasmare la sua protagonista.
Nel segmento onirico, May/Jeanne inizia ad amare il fuorilegge Freccia Nera, lo segue, lo scruta, e questo modella il suo temperamento da guerriera ed eroina. La sua du Barry sfugge al re, lotta per il suo amore clandestino e alla fine cerca di salvargli la vita quando Luigi XV lo cattura e lo condanna a morte con la ghigliottina, confessando di amarlo. Lucie Ball restituisce delle sue protagoniste, facce della stessa medaglia, il conflitto interiore fra ciò che esse apertamente dichiarano e ciò che in verità, nel profondo, provano. La storia di du Barry, qui volutamente rivisitata, è utilizzata come espediente narrativo per parlare dell’importanza dei sentimenti che vanno oltre il mero denaro. Infatti, la componente onirica del film è sfruttata proprio per far arrivare May ad una consapevolezza: che nella vita più che lo sfarzo, il lusso, la ricchezza, esiste l’amore, l’unico che può vincere su tutto e può davvero renderci felici e appagati.
Lady Oscar – Anime ’70
Nel parlare della figura di Jeanne du Barry non possiamo fare a meno di menzionare Lady Oscar, serie anime degli anni Settanta considerata fra i capisaldi dell’animazione giapponese, adattata dall’omonimo manga pubblicato in Italia sotto il nome de La rosa di Versailles, scritto e disegnato da Riyoko Ikeda.
La storia di Lady Oscar si costruisce durante il periodo della Francia rivoluzionaria, inglobando eventi storici memorabili come l’arrivo di Maria Antonietta a corte, la sua salita al trono e la caduta della monarchia francese. Nella trama dell’anime, Oscar vive gli ultimi anni dell’Ancien Regime poiché diventa capitano delle guardie reali di Versailles. Questo suo ruolo le permette di assistere a numerosi episodi noti a palazzo, fra cui proprio l’antipatia della futura regina verso la favorita del re: Jeanne du Barry. Negli episodi in cui compare, la contessa è rappresentata come una delle antagoniste del racconto, una donna malvagia e arrivista; sin dalle prime puntate viene mostrato il suo conflitto con la Delfina, in cui le due si battono con gioielli e abiti di seta. La du Barry è odiata dalle figlie di Luigi XV, poiché sostengono che a causa sua il padre le abbia private di attenzioni, e cercano di tirare dalla loro parte anche Maria Antonietta, affinché anch’ella possa vederla con disprezzo.
Nonostante l’odio che subisce dalle tre, l’anime vuole dimostrare come la contessa comunque non sia mai stata buona ma che anzi, al contrario, sia una delle villain principali, mettendo in scena i suoi comportamenti poco ortodossi e il suo desiderio, che neppure lei nasconde, di voler solo avere un’influenza a corte per poter dimostrare a tutti di essere la donna più potente a Versailles. L’anime segue la stessa traccia – storica – della nuova serie televisiva franco-polacca Maria Antonietta, in cui anche lì, in maniera abbastanza fedele a ciò che avvenne davvero, viene spiegato come Jeanne du Barry arrivò a farsi odiare a corte, fino al suo esilio dopo la morte del re.
Maria Antonietta – 2006
Continuiamo il nostro viaggio nella rappresentazione di Jeanne du Barry al cinema con Maria Antonietta, terzo lungometraggio di Sofia Coppola, in questo film alle prese con il ritratto biografico della regina di Francia, sposa di Luigi XVI. Il dramma in costume, con inserti pop, segue le vicende della giovane Maria Antonietta a Versailles, ponendo l’accento sulle difficoltà che la giovane arciduchessa d’Austria ebbe nell’adattarsi alla nuova vita di corte.
Stando alla storia, Maria Antonietta e la contessa du Barry non strinsero mai un vero rapporto d’amicizia e, come dicevamo in Lady Oscar, fra le due donne non scorse mai buon sangue, ma anzi era detestata dalla prima che neppure le parlava. Nella sua pellicola, Coppola decide di enfatizzare proprio questo aspetto, mettendo in risalto i tentativi che fece la favorita di re Luigi XV per potersi guadagnare almeno il saluto dalla futura regina. Jeanne du Barry qui è interpretata da Asia Argento e, rispetto alle opere precedentemente menzionate, è un personaggio molto marginale, introdotto in particolare per esaltare la figura di Maria Antonietta. Argento, infatti, non si vede molto spesso all’interno della narrazione, la troviamo il più delle volte semplicemente passeggiare o accanto al re, e gli unici momenti in cui è in scena la raffigurano come una donna abbastanza appariscente e sfrontata, utilizzata come contrasto di Maria Antonietta.
Di lei è restituita una versione poco elegante e a tratti anche abbastanza scialba, e la sequenza del rutto a tavola è la chiara prova di quanto Coppola volesse mostrate l’inadeguatezza della cortigiana e il suo essere fuori luogo a Versailles. Poche immagini ma incisive che nel film della regista hanno reso Madame du Barry una donna decisamente poco piacevole e, per certi versi, anche poco femminile.
Jeanne du Barry – La favorita del re – 2023
Concludiamo il nostro percorso con Jeanne du Barry – La favoria del re, film presentato fuori concorso alla 76° edizione del Festival di Cannes, con la regia di Maiwenn che, oltre a dirigere, interpreta la contessa du Barry. Maiwenn decide di trasporre su schermo tutta la storia della du Barry, partendo dalle sue umili origini fino ad arrivare alla sua ascesa sociale a Versailles quando il conte, Jean du Barry, la inizia alla corte con lo scopo di farla diventare l’amante del re di Francia.
Abbracciando dunque tutta la sua vita, almeno quella passata alla reggia, la regista modella una figura femminile diversa da quella che nelle precedenti pellicole abbiamo imparato a conoscere. Il ritratto è infatti quello di una donna che, oltre ad avere un indole giocosa (come vediamo anche in Madame du Barry), ha un approccio molto affettuoso (re a parte) con il figlio del marito, Adolphe, e il paggetto indiano regalatole dal sovrano. In questo contesto, Maiwenn costruisce un personaggio che attinge solo in parte alla storia, focalizzandosi su due aspetti principali: da una parte il lato materno, dall’altra il suo essere una donna emancipata, facendo di Jeanne du Barry – La favorita del re un racconto inedito, con un film che mostra la sua natura contemporanea pur essendo in costume.
La contessa viene rappresentata nella pellicola come un punto di rottura in una corte saldamente attaccata alla figura maschile e, di conseguenza, al patriarcato, e attraverso la sua indipendenza sia negli usi che nei costumi Maiwenn vuole dare la sua versione di una donna che non è stata solo la nemica di Maria Antonietta o delle figlie di Luigi XV, ma anche modello (femminista) sovversivo da seguire e da cui imparare, che infrange le regole e arriva addirittura a vestirsi da uomo. Sempre circondata da cultura, arte e bellezza, elementi in grado di elevarla ancor di più e fortificare il suo potere. Un inno dunque alla libertà d’essere, che sottolinea quanto l’amore e la devozione al proprio compagno (o in questo caso re) non tolga la possibilità di poter essere se stesse.
Jeanne Du Barry – la Storia
Di Jeanne du Barry sono state date nel tempo diverse versioni, ognuna delle quali ha contribuito, con i propri pezzi, a completare il puzzle della vita dell’ultima favorita del re Luigi XV. Affidandosi prettamente alla storia, possiamo dire che la vita della du Barry fu tutto sommato serena fino a quando non arrivò la Rivoluzione francese. Il suo nome di battesimo era Marie-Jeanne Bécu: figlia di una cuoca, Anne, e del monaco Frère Ange che non la riconobbe mai, ebbe la fortuna di essere istruita grazie ad un funzionario parigino presso cui la madre lavorava. Fu lui, infatti, a iniziarla alla letteratura, fino a mandarla in convento affinché potesse studiare meglio.
Jeanne crebbe colta, bellissima e amante dell’arte (come si vede in Jeanne du Barry – La favorita del re), ma iniziò a circondarsi anche di uomini dell’alta borghesia. Questa sua scalata sociale contribuì a farle fare un nome: a quel punto, con le sue doti da ammaliatrice, Jeanne iniziò a vendere le proprie prestazioni sessuali in cambio di gioielli e soldi, arrivando poi ad avere un amante principale, il conte Jean-Baptiste du Barry. È con lui che ebbe una svolta, perché l’uomo la spinse alla corte del re di Francia, Luigi XV, con un solo obiettivo: diventare la sua favorita. A Versailles il sovrano se ne innamorò subito; il problema, però, è che Jeanne proveniva da una famiglia povera e per essere la sua amante doveva avere un titolo nobiliare. Per queste ragioni, la donna convolò a nozze con il fratello del conte du Barry, Guillaume, (Jean era già sposato) potendo ufficialmente iniziare la sua ascesa a corte. Nel 1769 il titolo di Jeanne du Barry come favorita del re (“maitress en titre”) divenne ufficiale.
Gli anni con Luigi XV furono per Jeanne bellissimi, nonostante non fosse vista di buon grado dalle sue figlie ed ebbe molti problemi con Maria Antonietta. Neppure il popolo la apprezzava, poiché per la sua posizione a corte era considerata una traditrice, provenendo lei dal ceto popolare. La situazione per la contessa si complicò solo quando il sovrano si ammalò di vaiolo e, in punto di morte, chiese a Jeanne di abbandonare Versailles affinché lui potesse confessarsi ed espiare i suoi peccati. La du Barry fu così esiliata in un convento, ove rimase per circa un anno. Conclusasi la sua permanenza lì, tornò al castello di Louveciennes (regalo del re quando era in vita), e ci rimase per dieci felici lunghi anni. Fu la Rivoluzione francese, però, a mettere fine alla sua vita. Affiancatasi ai contro-rivoluzionari, con l’aggravante di ostentare i suoi beni che in quel momento i nobili tutti nascondevano per non suscitare l’ira del popolo, Jeanne venne arrestata e condannata alla ghigliottina. Il processo avvenne l’8 dicembre 1793 e si dice che le sue ultime parole siano state: “Ancora un momento, signor Boia, la prego!”