Belgravia recensione serie tv

Si intitola Belgravia e si candida ad essere una delle prossime miniserie must see della stagione tv autunnale. Arriva il 6 ottobre su Sky Serie e in streaming su NOW e i motivi per cui dovrebbe solleticare il palato sono diversi. Primo tra tutti, il titolo pungola il serialholic che ha amato Shelock: la vetta massima della serie tv con Benedict Cumberbatch e Martin Freeman è infatti l’episodio 1 della seconda stagione, che si intitola proprio “Uno Scandalo a Belgravia”, vedeva Sherlock alle prese con Irene Adler ed era basato sul racconto Uno Scandalo in Boemia, di Conan Doyle, ovviamente.

 

Belgravia, il quartiere chic di Londra in cui era ambientato quell’episodio della serie BBC e che dà il titolo alla serie è in realtà anche il titolo del romanzo da cui è tratta la miniserie, e come questo breve e prezioso ciclo di sei episodi, è firmato da Julian Fellowes. E qui veniamo al secondo e più importante motivo per cui Belgravia è una serie da non perdere: Fellows è infatti il papà di Downton Abbey, la premiatissima serie tv (15 Emmy) con Michelle Dockery e Maggie Smith. 

Sia l’assonanza con l’episodio di Sherlock, che la sicurezza della mano che l’ha scritta e trasposta poi sul piccolo schermo, contribuiscono a fornire sufficienti elementi per convincere lo spettatore a guardarla, ma la raffinatezza di scrittura di Fellowes sarà poi l’elemento che avvinghierà l’attenzione.

Belgravia, la trama

1815, la notte tra il 15 e il 16 giugno, Bruxelles. Al ballo organizzato dalla Duchessa di Richmond per il Duca di Wellington alla vigilia della Battaglia di Quatre Bras, dunque due giorni prima della famigerata Battaglia di Waterloo, sono presenti anche James e Anne Trenchard, che vivono agiatamente grazie ai profitti della loro impresa in ambito commerciale. Sophia, la figlia della coppia, cattura l’attenzione di Edmund Bellasis, erede di una delle famiglie più ricche e degne di nota di tutta l’Inghilterra. L’unione dei due forgerà un’eredità che creerà scandalo per le generazioni a venire. Ventisei anni dopo, quando le due famiglie vivono ormai entrambe nell’elegante quartiere londinese di Belgravia, gli eventi e i segreti di quel ballo tornano a galla, con tutte le conseguenze del caso…

Ed eccoci qui, in quell’ambiente tanto familiare a Fellowes: alta borghesia, nobili, balli, segreti, bugie, dinamiche di corte, ma anche downtown con maggiordomi e servette che tentano di stare a galla come possono, nutrendo a volte stima, altre volte (più spesso) invidia verso coloro che servono. Nessuno, in Belgravia, è un personaggio secondario: l’autore conferisce ad ognuno uno spessore, un ruolo nella storia, ognuno è un mattone che aiuta nella costruzione della struttura perfetta.

La recensione di Belgravia

Come aveva già dimostrato per lo show prodotto per iTv, Julian Fellowes conferma di avere una predilezione per i personaggi femminili. Come quelle di Casa Crawley, anche le donne protagoniste di Belgravia sono sfaccettate, fuori dal loro tempo, con un grande spessore morale ma ancora di più con forza d’animo e desiderio di autonomia, padrone del loro destino e quasi mai imbrigliate nello stereotipo della donna dell’800: consce del loro ruolo e dei tempi ma anche in grado di gestire la propria vita e gli accidenti che capitano loro volgendo le situazioni a proprio vantaggio.

Certo, siamo lontani dal sontuoso affresco storico che è stato Downton Abbey, ma è pur vero che in questo caso si parte da un testo “limitato”, Belgravia è una miniserie che mostra tutti i punti forti della scrittura di Fellowes. 

La narrazione si concentra ovviamente su amori proibiti, scandali e intrecci, questioni d’onore e di debiti, nobili in disgrazia e ricchi commercianti che hanno fatto fortuna sgomitando e facendosi valere. È sempre presente il concetto del contrasto di classe ma allo stesso tempo è forte l’idea che, nonostante le regole della società ottocentesca, chiunque può trovare fortuna nel mondo. C’è, di fondo, un certo moralismo, la tendenza a dividere buoni e cattivi, optando per scene di redenzione e sacrificio al fine di riscattare chi non ha avuto un comportamento virtuoso (Thomas Barrow di Downton Abbey vi dice niente?). A questo si aggiunge un trattamento superficiale degli “avversari” della vicenda, una narrazione a volte semplificata che però sembra curiosamente appannaggio dei personaggi maschili, che ingiustamente appaiono sempre un po’ impacciati, ignari, meschini, insicuri. 

Nonostante la sensazione di déjà-vu che percorre tutta la miniserie, Belgravia è un prodotto ben confezionato, che facendo leva sui meccanismi da soap riesce a costruire una narrazione intrecciata e articolata che spinge lo spettatore a spron battuto verso quel finale atteso ma non per questo meno soddisfacente. 

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Chiara Guida
Laureata in Storia e Critica del Cinema alla Sapienza di Roma, è una gionalista e si occupa di critica cinematografica. Co-fondatrice di Cinefilos.it, lavora come direttore della testata da quando è stata fondata, nel 2010. Dal 2017, data di pubblicazione del suo primo libro, è autrice di saggi critici sul cinema, attività che coniuga al lavoro al giornale.
belgravia-di-julia-fellowesNonostante la sensazione di déjà-vu che percorre tutta la miniserie, Belgravia è un prodotto ben confezionato, che facendo leva sui meccanismi da soap riesce a costruire una narrazione intrecciata e articolata che spinge lo spettatore a spron battuto verso quel finale atteso ma non per questo meno soddisfacente.