Shantaram: recensione della serie con Charlie Hunnam

La serie con il protagonista di Sons of Anarchy arriva su Apple Tv+ il 14 ottobre

Shantaram recensione

Dopo essere stato corteggiato quasi vent’anni dal grande schermo (Johnny Depp e Peter Weir tra gli altri hanno tentato di realizzarne un film, sviluppando dissidi creativi che hanno praticamente portato al ritiro del grande autore australiano) il libro-verità pubblicato da Gregory David Roberts arriva invece sulla piattaforma streaming APPLE TV+ sotto forma di miniserie. La vicenda racconta in Shantaram è appunto quella del reale rapinatore e tossicodipendente Lindsey (nome fasullo dello stesso scrittore) che, dopo essere stato condannato a diciannove anni di prigione, nel 1980 riesce ad evadere da una prigione australiana e scappare in India, dove comincia un percorso di redenzione rinascita spirituale.

 

Shantaram, un progetto a lungo desiderato

Dopo aver visto i primi episodi dello show che vede creatori Eric Wagner Singer e Steve Lightfoot, con quest’ultimo anche in veste di showrunner, dobbiamo purtroppo constatare che un’attesa tanto longeva ed estenuante non è stata premiata da un prodotto sufficientemente soddisfacente. Fin dalle prime scene si percepisce che in Shantaram c’è qualcosa che manca, ovvero il dramma. La messa in scena si presenta immediatamente come elegante, volta a catturare l’esotismo dell’ambientazione così come il fascino “maledetto” dei personaggi in scena,  e sotto il profilo squisitamente estetico il prodotto è confezionato con cura. Ma quanto a garantire allo spettatore empatia con personaggi, quanto a restituire il dramma o la tensione delle situazioni in cui protagonista e personaggi comprimari vanno a trovarsi, ecco che Shantaram dimostra enormi limiti.

Charlie Hunnam non delinea la figura di Lindsay

A partire dall’attore principale, un Charlie Hunnam che conta in maniera davvero eccessiva sulla prestanza fisica e sulla naturale presenza scenica per delineare la figura di Lindsay: a forza di pettorali in bella mostra e di sorrisi da simpatica canaglia, l’attore finisce per rendere monodimensionale una figura a livello psicologico potenzialmente molto profonda. E invece Lindsay percorre il proprio viaggio di accettazione degli errori commessi nel passato, di redenzione e rinascita spirituale in maniera superficiale, approssimativa, settata secondo un percorso a tappe quasi disconnesse tra loro invece che legate da una trama ben organizzata.

L’efficacia della serie è minata

Una volta che Shasntaram vede il proprio fulcro emotivo debilitato dalla mancanza di una narrazione precisa e da una prova d’attore vagamente supponente, ecco che l’efficacia della serie nella sua interessa viene minata, e i personaggi a supporto non riescono più di tanto a risollevare le sorti. Le sottotrame che riguardano gli intrighi politici e criminali che regolano la vita e gli affari di Bombay non sono abbastanza forti per catturare l’attenzione del pubblico. In questo modo la serie si avvia ben presto ad essere percepita come una sorta di cartolina esotica ed elegante: l’ambientazione temporale di inizio anni ‘80 inserisce Shantaram in quel filone di revival cinematografico e televisivo che sta sfruttando il decennio per prodotti fin troppo leccati, i quali non riescono del tutto a indagare le contraddizioni sociali e politiche di quegli anni. Di sicuro non ci riesce questo show patinato e in fin dei conti piuttosto anonimo.

Grande impegno di Apple Tv+

Apple TV + si sta impegnando più della altre piattaforme di streaming nella trasposizione di testi letterari in miniserie o serie che esplorano, indagano le pieghe della nostra contemporaneità. Ultimamente tale processo ha portato a risultati più che soddisfacenti (Black Bird) quando non addirittura notevoli (Five Days at Memorial). Nel caso di Shantaram invece il processo subisce un deciso arresto a livello artistico, consegnando allo spettatore un prodotto che lavora soltanto in superficie, non rivelandosi capace di andare in profondità.

Converrebbe capire se si è trattato della scelta di una storia forse “fuori tempo massimo” in quanto molte di questo genere ne sono già state raccontate e con risultati apprezzabili, oppure la necessaria creatività e lucidità sono venute a mancare in fase di trasposizione. Fatto sta che Shantaram manca il bersaglio, lasciando un senso di incompiutezza e di vacuità abbastanza difficili da ignorare.

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