Se morite dalla
voglia che arrivi il 3 ottobre per andare a vedere il biopic sulla
principessa Diana, tanto amata dalla gente quanto poco amata dal
marito e dalla suocera, è meglio non leggiate i commenti della
stampa inglese.
Diana – The
legend is never the whole story, da noi tradotto, con la
consueta creatività, Diana – La storia segreta di Lady D, è
stato presentato in anteprima ai giornalisti del Regno Unito
venerdì 20 settembre ed è stato accolto negativamente, per usare un
eufemismo. Nulla, o quasi, da ridire, sulla sceneggiatura di
Stephen Jeffreys (The
Libertine), basata sul libro del 2001, Diana: her
last love, di Kate Snell. Niente da rilevare
neanche sulla regia del tedesco e nominato all’Oscar,
Oliver Hirschbiegel
(Downfall). Molto da recriminare nei
confronti della pluripremiata, ammirata e pagata star di Hollywood,
Naomi Watts. Non si può capire il senso delle
critiche inglesi se non si è stati fan delle Spice Girls e di David
Beckham perché i giornalisti di Sua Maestà dicono pressappoco
“Ok, Naomi le somiglia, cammina come lei, ha i capelli cotonati
e laccati alla perfezione e il mascara della marca esatta, ma è
comunque poco posh rispetto all’originale”. Posh, è
l’epiteto che veniva affibbiato a Victoria Beckham
quando fingeva di cantare nel quintetto tutto al femminile, e
significa “elegante” e “di lusso”. «Nonostante la camminata e
le cadenze giuste e lo sguardo verso l’alto da martire e da santa,
è troppo bella, troppo normale», scrive David
Sexton di This is London. «Il suo lato positivo
è che è isterica», tuona Tim Robey dalle
pagine del Daily Telegraph, mentre Rotten Tomatoes
piazza un bel 4 per cento accanto al titolo del film e
Peter Bradshaw, sul Guardian, introduce il
suo articolo con «Poor Princess Diana». Ma cosa possiamo
capire, noi, dando solo un’occhiata ai trailer? I tre minuti ci
offrono un assaggio degli ultimi due anni di vita della
“principessa triste”. Capiamo che la storia si focalizza
soprattutto sull’amore con il chirurgo Hasnat Khan, una passione
che sembra non sfumare neanche quando Lady D. incontra Dodi Al
Fayed. Poi la vediamo camminare sui campi minati dell’Angola, e
mentre, circondata da bambini in una delle sue tante missioni
umanitarie, allontana i microfoni dei cronisti. Per ora noi
possiamo solo ribadire la somiglianza impressionante e fare un
plauso alla grande flessibilità che la Watts, nonostante le
critiche, dimostra nell’affrontare ruoli molto diversi l’uno
dall’altro.