28 giorni, 6 ore, 42
minuti, 12 secondi: ecco quando il mondo finirà.”
Il coniglio Frank
Ha appena 26 anni, Richard Kelly, quando Donnie Darko, il suo esordio alla regia, fa il suo debutto nelle sale cinematografiche statunitensi. La critica rispose entusiasticamente, descrivendolo come il miglior esordio dai tempi de Le Iene di Quentin Tarantino, l’accoglienza che gli riservò il pubblico fu invece a dir poco tiepida facendogli raggiungere soltanto 517.375 dollari di incasso.
Ma contestualizziamo: è il 26 ottobre del 2001, il ricordo dei due Boeing 767 scagliati contro le Twin Towers è ancora troppo fresco e nessuno negli Stati Uniti ha voglia di riviverlo nel dramma di un adolescente che si vede precipitare il motore di un aereo nella sua camera da letto.
Servirà il tam tam inarrestabile dei fan che su internet si scontrarono a colpi di argute teorie interpretative, che resero virali le enigmatiche frasi pronunciate da Granma Death, che condivisero incessantemente i brani new wave e post punk che ne compongono la colonna sonora, a trasformare quella pellicola diretta in soli 28 giorni (casualmente proprio lo stesso lasso di tempo che il Coniglio Frank indica annunciare l’apocalisse) in un piccolo oggetto di culto.
La consacrazione conferitagli nel 2004 dalla presentazione fuori concorso alla 61ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia, condurrà nuovamente il film nelle sale (stavolta nella versione Director’s Cut) facendogli ottenere, finalmente, il successo meritato.
Ed è proprio la straordinaria versione Director’s Cut, stavolta restaurata in 4k, che il 3, il 4 e il 5 giugno, Notorius Pictures porta al cinema per celebrare il 20° anniversario dalla prima proiezione italiana di un’opera che, mescolando insieme science fiction e coming-of-age, destino e libero arbitrio, viaggi nel tempo e multiversi, realtà e illusione, buchi neri e ossessioni oniriche, e facendo confluire il tutto nella grammatica del teen movie, la rendono tuttora estremamente attuale.
Ma chi è Donnie Darko? Un ragazzo americano come tanti, con una buona famiglia alle spalle, cui un coniglio gigante dal volto scarnificato che solo lui riesce a vedere, salva la vita facendolo uscire dalla sua stanza poco prima che venga completamente distrutta dalla caduta del motore di un aereo. Non solo, lo stesso coniglio lo avvisa che mancano 28 giorni alla fine del mondo.
Di sfondo a questo canovaccio tanto esile quanto intrigante, Richard Kelly pone lo scontro elettorale tra George W. Bush e Michael Dukakis che porterà uno dei due a diventare il nuovo presidente degli Stati Uniti (con tutti i danni che ne conseguiranno) restituendoci così una delle più efferate critiche all’American Way Of Life.
Donnie Darko, film visionario e lisergico
Spietata fotografia di una società sull’orlo del baratro, romantico teen movie dove il sentimento viene celebrato con tutta la sua forza viscerale, opera fantascientifica dedicata ai viaggi nel tempo, Donnie Darko è tutto questo. E se da un lato si pone come un film visionario e lisergico, dall’altro schiva qualsiasi paragone con la surrealtà Lynchana, sforzandosi di razionalizzare ogni elemento narrativo.
Benedetta da un cast in stato di grazia, l’opera che ha reso evidente a tutto il mondo lo straordinario carisma di Jake Gyllenhaal, poggia anche sui notevoli contributi di Mary McDonnell, la mamma wasp di Donnie, di Patrick Swayze nel ruolo di uno sgradevole quanto irresistibile guru, di Jena Malone che rappresenta l’amata ideale e idealizzata, ma soprattutto di Drew Barrymore nei panni della professoressa vicina a Donnie. All’ex enfant prodige di E.T. si deve anche la fattibilità stessa del film, perché proprio il suo ingresso nel cast ha permesso di aprire le porte giuste per coinvolgere gli altri attori in questa bizzarra opera d’esordio su cui pochi, inizialmente, avrebbero puntato.
Tra muri trasparenti che separano una dimensione dall’altra, impacciati innamoramenti e vermoni gelatinosi che tracciano le traiettorie umane, scienza, astrattismo e emotività danzano insieme al ritmo della luna assassina cantata da Echo & The Bunnymen, si separano sulle note della struggente Lowe Will tear Us Apart dei Joy Division, si ritrovano su quelle di Notorius dei Duran Duran e piangono abbracciati nella malinconica Mad World di Gary Jules & Michael Andrews.
Si, perché la favola di Donnie Darko e di quei ventotto giorni che portarono alla fine del (suo) mondo è soprattutto una storia d’amore, per questo parla di ognuno di noi.
“Perché indossi quello stupido costume da
coniglio, Frank?”
“E tu perché indossi quello stupido costume da uomo,
Donnie?”
Donnie Darko vi aspetta al cinema il 3, 4 e 5 giugno nella sua versione Director’s Cut restaurata in 4K, distribuito da Notorious Pictures.