Habemus Papam (qui la recensione), uscito nel 2011 e diretto da Nanni Moretti, rappresenta uno dei momenti più singolari e intensi nella filmografia del regista romano. Conosciuto per il suo sguardo ironico e spesso autoanalitico, Moretti in questo film abbandona il tono più autobiografico per abbracciare una riflessione surreale e malinconica sul potere e sulla fragilità umana. Il film si apre con la morte del Papa e l’elezione di un nuovo pontefice, interpretato magistralmente da Michel Piccoli, il quale, colto da una crisi di panico subito dopo l’annuncio, rifiuta il ruolo e si nasconde, aprendo così una profonda riflessione sulla paura della responsabilità e sull’identità individuale all’interno delle istituzioni.
Ciò che rende Habemus Papam un’opera affascinante è l’equilibrio tra satira e umanità. Moretti, che interpreta anche uno psicanalista chiamato in Vaticano per aiutare il pontefice in crisi, costruisce un racconto dove la dimensione simbolica del potere religioso si scontra con la vulnerabilità psicologica dell’uomo. La scelta di girare in interni fastosi e solenni, con un uso calibrato della musica e dei silenzi, contribuisce a creare un’atmosfera sospesa e quasi irreale. Il film ha ricevuto il plauso della critica internazionale ed è stato presentato in concorso al Festival di Cannes 2011, ottenendo il plauso dei Cahiers du Cinema e raccogliendo numerose candidature ai David di Donatello e ai Nastri d’Argento.
Sebbene sia stato realizzato prima dell’inaspettata abdicazione di Papa Benedetto XVI nel 2013, Habemus Papam ha acquisito col tempo un’aura quasi profetica. Moretti immagina infatti un pontefice sopraffatto dalla grandezza del ruolo e incapace di accettarlo, un’ipotesi che sembrava allora impensabile, ma che si è concretizzata solo due anni dopo l’uscita del film. Nei prossimi paragrafi approfondiremo dunque le sorprendenti coincidenze con la realtà, le differenze tra finzione e storia vera, e come il film abbia anticipato un tema che solo successivamente avrebbe trovato spazio nel dibattito pubblico e religioso.
La trama e il cast di Habemus Papam
Il film si apre con la morte del Santo Padre e il conclave per eleggere il nuovo Papa. Dopo alcune fumate nere, viene finalmente nominato pontefice il cardinale Melville (Michel Piccoli). Tuttavia, il giorno della proclamazione, mentre i fedeli sono in attesa nella piazza di San Pietro, il religioso va improvvisamente nel panico e fugge, interrompendo l’annuncio ufficiale della sua nomina. Sorpresi dall’inaspettata reazione, i membri del conclave si trovano bloccati all’interno della Santa Sede, in quanto – secondo il diritto canonico – finché il Papa non si affaccia al balcone per mostrarsi ai fedeli, la cerimonia non può dirsi conclusa e cardinali elettori non possono uscire dal Vaticano.
Per venire a capo della crisi esistenziale che sembra aver colpito il cardinale Melville, viene chiamato in aiuto lo psicologo Brezzi (Nanni Moretti). Dopo qualche infruttuosa seduta analitica, il dottore consiglia al Papa di recarsi da uno psicoanalista che non conosca la sua vera identità, indirizzandolo allo studio della sua ex moglie (Margherita Buy), anch’essa psicologa. Dopo la prima seduta – in cui il religioso si spaccia per un attore – il pontefice si dà alla fuga, seminando la sua scorta di sicurezza. Nel frattempo i cardinali e il dottor Brezzi, ignari della situazione e rinchiusi nella Santa Sede, passano il tempo giocando a un torneo di pallavolo, in attesa del ritorno del Papa.
La storia vera che il film sembra aver ispirato
Come anticipato, l’11 febbraio 2013, a quasi due anni dall’uscita nelle sale di Habemus Papam (2011) di Moretti, il mondo intero rimase sconvolto da una notizia senza precedenti nella storia moderna della Chiesa cattolica: Papa Benedetto XVI annunciava ufficialmente la sua rinuncia al pontificato. Era la prima volta dopo quasi 600 anni — l’ultimo era stato Gregorio XII nel 1415 — che un Papa abdicava volontariamente. La notizia colpì l’opinione pubblica e lo stesso clero con la forza di un fulmine a ciel sereno, generando smarrimento e un senso di disorientamento generale, simile a quello raccontato nel film di Moretti.
In Habemus Papam, la figura immaginaria del cardinale Melville viene eletto Papa ma, sopraffatto dal peso della responsabilità, va in crisi profonda e si rifiuta di assumere il ruolo, fuggendo dal Vaticano. Nel film, il protagonista è spinto da un senso di inadeguatezza e smarrimento esistenziale, e la sua fuga diventa una metafora del dubbio, della fragilità umana e della difficoltà di sopportare il carico spirituale e istituzionale di essere il Vicario di Cristo. Quando, due anni dopo, Benedetto XVI motivò le sue dimissioni con l’età avanzata e le forze venute meno “nel corpo e nello spirito”, molti non poterono fare a meno di cogliere un’inquietante e quasi profetica somiglianza con quanto narrato da Moretti.
Quella che nel film era una finzione ironica e tragica allo stesso tempo, divenne improvvisamente realtà. Le dimissioni di Benedetto XVI sollevarono interrogativi profondi non solo sulle sue condizioni personali, ma anche sul significato del papato nel mondo contemporaneo. Alcuni osservatori videro nel gesto una forma di coraggio e di onestà intellettuale, altri una resa alle pressioni interne alla Chiesa. In entrambi i casi, il parallelismo con Habemus Papam sembrava innegabile: in entrambe le narrazioni, un uomo spirituale mette in discussione la propria capacità di essere guida del mondo cattolico, scegliendo di farsi da parte per il bene dell’istituzione.
Il film, alla sua uscita, aveva diviso l’opinione pubblica: per alcuni era irriverente, per altri profondamente umano. L’Avvenire aveva addirittura invitato a boicottare il film non sostenendolo al botteghino. Ma dopo il gesto di Benedetto XVI, l’opera di Moretti apparve sotto una luce nuova, quasi come un’intuizione lungimirante dei dilemmi che possono attraversare anche la figura più alta della Chiesa. La realtà superava la finzione, o forse l’aveva solo seguita da vicino.