Non solo Barbara Ronchi e Greta Scarano, ma anche Neri Marcorè arriva al 42° Bellaria Film Festival, in qualità però non solo di attore ma anche di regista. Nella quarta giornata del festival Marcorè presenta infatti al pubblico il suo debutto dietro la macchina da presa, Zamora, già uscito in sala il 4 aprile. È l’occasione per Marcorè per raccontare qualcosa in più su questo suo progetto – liberamente tratto dall’omonimo romanzo scritto da Roberto Perrone – che ha per protagonista il trentenne Walter Vismara (Alberto Paradossi), impiegato come contabile in una piccola fabbrica di Vigevano che si vede costretto a trasferirsi nella caotica Milano.
Qui inizia a lavorare al servizio di un imprenditore moderno e brillante, il cavalier Tosetto (Giovanni Storti). Andrebbe tutto bene se non fosse che costui ha il pallino del folber (il football, secondo un neologismo di Gianni Brera) e obbliga tutti i suoi dipendenti a sfide settimanali scapoli contro ammogliati. Walter, che considera il calcio uno sport demenziale, si dichiara portiere solo perché è l’unico ruolo che conosce e non sa che da quel momento, per non perdere l’impiego, sarà costretto a partecipare agli allenamenti settimanali, in vista della partita ufficiale del primo maggio.
“Nel film
il calcio è ovviamente un pretesto per parlare di una situazione di
inadeguatezza, di solitudine, ma anche di come ognuno è artefice
delle proprie fortune e non è con intenti vendicativi o bellici che
si possono raggiungere i risultati che ci si è prefissati. –
spiega Marcorè, iniziando a parlare di Zamora
– Quello che si semina si raccoglie. Se uno si nutre di buoni
sentimenti, di generosità d’animo e di amore, il concetto di
felicità è qualcosa che gli può appartenere con maggiore facilità.
È questo che Walter deve imparare nel corso del
film”.
“Fare delle cose per vendicarsi o per dimostrare agli altri qualcosa che poi non ti dà gioia è sterile, non porta alla restituzione di quello che si è perso. Nel film Walter comprende quindi che giocare la partita decisiva non è importante per i motivi per cui era nata quella volontà ma semplicemente perché farlo per sé stessi significa prendere consapevolezza di essere dotati di quella forza che permette di aiutare gli altri. È questo il messaggio principale del film”.
Un film di sentimenti universali
In Zamora si ritraggono diverse sfumature dell’italianità, dalle persone che si riuniscono davanti alla televisione per seguire i programmi di Mike Bongiorno, alla passione per il calcio e ai conflitti tra provenienze geografiche diverse. Tuttavia, Marcorè afferma che: “Penso che sia un film non solo molto italiano, ma anche molto francese in quanto ad atmosfere. Italiano lo è se facciamo riferimento ai grandi registi degli anni Sessanta, che sono stati quelli su cui mi sono formato. Però ritengo che questa storia molto italiana possa parlare anche ad un pubblico internazionale, perché internazionali sono i sentimenti di cui parla, così come il linguaggio che si porta avanti.
“Forse in Francia o altrove non c’era Mike Bongiorno, – aggiunge Marcorè – ma ci sarà sicuramente stato qualcuno che motivava la gente che non aveva il televisore a prendere la sedia e spostarsi nella casa dei vicini che invece l’avevano, o ancora il discorso dello spostarsi dalla provincia alla grande metropoli per avere maggiori occasioni lavorative, sono tutti aspetti che pur se molto caratteristici a loro modo si ripresentano un po’ in tutte le culture e per questo immagino che in molti potrebbero riconoscersi in queste situazioni”.
La colonna sonora di Zamora, da Nada a Umberto Bindi
Per costruire l’atmosfera di cui parla, Marcorè ha fatto ricorso a grandi classici della canzone italiana: “Per le musiche del film, ci tenevo che ci fosse un legame filologico. Nei cinque brani che si possono ascoltare in Zamora ho trovato una corrispondenza perfetta per sottolineare alcuni passaggi del film. Sembra quasi che siano stati scritti apposta invece di far parte del repertorio di quasi sessant’anni fa! Hanno tutti un’attinenza con quello che accade in scena, da “Ma che freddo fa” con “cos’è la vita senza l’amore” fino a “Il freddo dell’anima”, in riferimento al protagonista di cui all’inizio non sappiamo molto ma che scopriremo essere appunto un animo freddo.
“C’è poi “Arrivederci” di Umberto Bindi che suggella il passaggio di malinconia e sconfitta che il protagonista vive. Infine “Il mondo” di Jimmy Fontana, che è una canzone di speranza, di ripartenza, che ci ricorda che il mondo va comunque avanti, tra amori già finiti e nuovi amori da vivere, facendo tesoro degli errori del passato. Poi ci sono Gianni Morandi, Giorgio Gaber… sì, l’aspetto musicale in questo film è davvero prezioso”, afferma Neri Marcorè.
Lezioni di regia
Neri Marcorè, che nella sua carriera da attore ha lavorato con numerosi importanti registi e autori del cinema italiano, afferma infine che: “Da tutti i registi con cui ho lavorato ho imparato qualcosa. Anche quando l’esperienza non è stata positiva, in quel caso impari a non rifare quegli errori. Non posso non citare Pupi Avanti, che è stato la mia fortuna quando mi scelse come protagonista di Il cuore altrove. Non tanto il suo modo di fare cinema, perché ognuno ha il suo linguaggio, ma certamente il suo modo di stare sul set, di curare la recitazione e ogni altro aspetto. Questo mi ha sicuramente influenzato molto”.
“Quello che mi interessava anche fare con questo film era il non mettermi al centro. – spiega poi Marcorè – Non volevo interpretare il protagonista, ma in un certo senso ho voluto fare quello che Avati fece con me quando mi scelse come tale per il film che citavo, ovvero scegliere un attore che non fosse molto conosciuto e ho trovato in Alberto Paradossi la persona giusta. È quasi un passaggio di testimone e spero che lui potrà ora avere le fortune che a mio tempo ebbi io”.
“E poi, – conclude Marcorè – volevo anche andare un po’ contro lo stereotipo per cui il pubblico va al cinema solo per vedere certi attori. Per colpa di questo stereotipo si reiterano una serie di situazioni che poi vengono però smentite dai risultati. Volevo quindi mostrare dei volti meno noti, che meno li vediamo spalmati sullo schermo più ci permettono di credere ai personaggi che stiamo vedendo”. Infine, alla domanda se possiamo aspettarci altri film da lui diretti, non ha dubbi: “Direi proprio di sì“.