Ave Cesare!

Ave Cesare! è un’esplosione di concetti, di citazioni, di rimandi, di critiche, di ironie così satura di elementi che quasi si fatica a mettere tutto insieme, le uniche cose a mancare sono le regole. È infatti essenziale aspettarsi tutto e niente, lasciarsi prendere dal flusso degli eventi e navigare insieme ai personaggi, siano essi alla ricerca di un sottomarino russo o della battuta perfetta, lanciata via dalle labbra senza incertezza. Corpi gettati nel tritacarne industriale, senza fede, pedine del perfetto Capitale teorizzato da Karl Marx, inesistenti eppure fondamentali: è questo che siamo sempre stati e sempre saremo? L’accettazione, dopo la tempesta, è probabilmente l’ultimo stadio dei Coen.

 

Secondo la storia comune, universalmente riconosciuta, Giulio Cesare (Ave Cesare!) è stato uno degli uomini più importanti dell’umanità, influente e potente come pochi. Un uomo dalla grinta statuaria, combattente sul campo ma allo stesso tempo fine stratega politico, tutto davanti a lui si arrendevano senza opporre resistenza. Nella mente di Joel e Ethan Coen però le cose girano in maniera diversa, il corpo del condottiero, del dittatore, è fallibile e fragile come ogni altro uomo, è il medesimo identico assioma che funziona per gli idealisti, per le star viziate che hanno reso grande Hollywood, per i registi, i produttori e per chi ha il solo compito di risolvere i problemi degli altri, senza aver tempo di sistemare i propri. È la storia di Eddie Mannix, ‘fixer’ dell’industria cinematografica dei gloriosi anni ‘50; il volto rude e lo sguardo deciso in realtà non fanno altro che mascherare le sue debolezze, le sue profonde e irrisolte insicurezze, capro espiatorio in un mondo infame e materialista. Un panorama talmente fedele alla realtà da essere visceralmente surreale, tanto che un lavoro così slegato e anarchico nella filmografia dei due fratelli-autori del Minnesota non si era ancora mai visto.

La teoria è però solo la fine del viaggio, la meta, il tragitto è spesso divertente e grottesco grazie a un comparto artistico impeccabile: Channing Tatum si conferma sempre più versatile ed essenziale, Josh Brolin determinato e indispensabile, George Clooney giullare e camaleontico, ma è forse nelle comparsate d’autore di Frances McDormand, Jonah Hill, Ralph Fiennes che trasuda tutto lo spirito dell’opera, scanzonato ma solido. L’unico rammarico è che forse si poteva andare ancora oltre, prendendo un drappo rosso e sfidando il sarcasmo nell’arena, si poteva esagerare ulteriormente per prendersi meno sul serio. Poco male, il risultato funziona ugualmente, anche se forse non è adatto a ogni tipo di pubblico (attenzione a non farvi ingannare dal trailer…).

Ave CesareIl Cristo redentore sceso dalla croce, al contrario di quello tarantiniano in The Hateful Eight, è disposto a concedere seconde occasioni e a guardare le nostre rughe di sorpresa da buoni soldati, ma appunto, a patto di obbedire come si deve.

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