Badland Hunters: recensione del k-thriller di Netflix

L’adrenalinico thriller postapocalittico con protagonista l’iconico Gilgamesh degli Eternals, il talentuoso e acclamato Don Lee.

Badland Hunters - recensione serie

In una distopica Seoul, un improvviso catastrofico terremoto distrugge la città, rendendola una distesa desolata e arida in cui i pochi sopravvissuti lottano disperatamente per difendersi da bande di spregiudicati criminali e da un folle crudele scienziato. È in questo scenario apocalittico che si muovono i coraggiosi Nam-san (Ma Dong-Seok) e Ji-wan (Lee Jun-young), i protagonisti dell’inquietante k-thriller Badland Hunters (titolo originale in hangul 황야).

Dopo aver debuttato lo scorso 26 gennaio sulla celebre piattaforma Netflix, il film sudcoreano – diretto da Heo Myeong-haeng e scritto da Kim Bo-tong (sceneggiatore dell’avvincente ed emozionante k-drama D.P.) e Kwak Jae-minha rapidamente conquistato il podio della classifica dei film non inglesi, stabilizzandosi nella Top10 Netflix di questa settimana e conquistando il pubblico con una buona dose di adrenalina e frenesia.

Badland Hunters. (Da sinistra a destra) Don Lee e Lee Jun-young – Cr. Cha Min-jung Netflix © 2024

Badland Hunters: la trama

Alcuni anni dopo un terribile terremoto che ha devastato la città di Seoul, i pochi sopravvissuti allestiscono un villaggio improvvisato dove i due cacciatori Nam-san e Ji-wan cercano di recuperare un po’ della quotidianità perduta dopo il disastro. Un giorno, però, la loro relativa pace viene improvvisamente abbattuta dall’arrivo di un gruppo di individui armati che rapiscono con l’inganno l’adolescente Su-na (Roh Jeong-eui) e la sua debole nonna. Quando scoprono che la giovane è in serio pericolo, Nam-san e Ji-wan – insieme all’ex soldata Eun-ho (An Ji-hye) – partono in cerca del Condominio, l’inquietante e oscuro palazzo in cui il dottor Yang Gi-su (Lee Hee-joon), uno scienziato squilibrato, conduce esperimenti biologici su soggetti umani, con il fine di creare una nuova razza di uomini e donne immortali.

Non solo demoni e zombie in Badland Hunters

Hellbound, Sweet Home e Non siamo più vivi sono solo alcuni dei prodotti sudcoreani di successo, giunti su Netflix negli ultimi anni, che hanno trasportato il pubblico in un vorticoso viaggio attraverso le inquietudini dell’esistenza umana e la paralizzante paura della fine del mondo. Ed è proprio a questa (ancor troppo breve) lista che si aggiunge l’ultima fatica di Heo Myeong-haeng. Nonostante l’assenza di demoni infernali e zombie “mangia cervello”, Badland Hunters – proprio come il recente k-drama La Creatura di Gyeongseong, con protagonista il magnetico Park Seo-Joon (The Marvels, Parasite, Dream) – porta in scena un racconto orrorifico che mostra (e ricorda) come tutto il male del mondo possa, il più delle volte, nascere dalla crudeltà e avidità umana.

Badland Hunters. In foto l’attore Lee Hee-jun nei panni del dottor Yan Ki-su.

Infatti, accecato dal desiderio di concedere una seconda possibilità a sé stesso e alla figlia in fin di vita, Yang Gi-su intraprende una sconsiderata e atroce sperimentazione per creare ciò che neppure Dio è riuscito a dare: l’immortalità umana. Ed è proprio dalla diabolica presunzione e insensata ostinazione di Yang Gi-su che nascono mostri (come gli spaventosi soldati rinchiusi nei sotterranei dell’edificio) e individui mostruosi (tra cui l’insegnante e il sergente che divengono complici di omicidi violenti col solo intento di ottenere protezione e una “dose” di quella immortalità).

Don Lee, il gigante buono del Sud Corea

Grazie alla collaborazione con il regista Heo, l’acclamata star d’azione Ma Dong-seok, conosciuto al pubblico internazionale come Don Lee, debutta ufficialmente su Netflix nei panni dell’introverso ma valoroso Nam-san. Noto al mondo per successi come Train to Busan e Eternals, Don Lee è riuscito – durante la sua ventennale carriera – a conquistare l’esigente pubblico sudcoreano grazie all’immagine cinematografica che gli è stata cucita addosso: quella di un “gigante buono”, tanto grosso e rozzo quanto gentile e di buon cuore. Definito da alcuni il “The Rock asiatico” e da altri il “Bud Spencer coreano”, Don Lee dà quindi nuova dimostrazione del suo talento e, con ironia e umorismo, porta sul piccolo schermo un grande eroe che poco ha da invidiare all’eterno Gilgamesh.

Badland Hunters Don Lee
Badland Hunters. In foto l’attore Don Lee che interpreta Nam San.

Badland Hunters, quando la spettacolarità dell’azione non basta

Con un’avvincente e frenetica narrazione ritmata da violente coreografie d’azione, Badland Hunters afferra con forza lo spettatore per trascinarlo, scena dopo scena, in una storia intrisa di catastrofi naturali e crudeltà umana, ma anche di audacia e resilienza. Pur incantando visivamente, però, il film di Heo finisce per valorizzare così tanto l’azione da sacrificare amaramente sia la profondità psicologica dei personaggi che la coerenza e l’integrità della trama.

Inoltre, un altro aspetto critico è rappresentato dal doppiaggio italiano: come spesso accade nei prodotti asiatici, infatti, il doppiaggio priva la versione italiana dell’intensità recitativa che caratterizza quella originale, riducendo la recitazione degli attori a una interpretazione più superficiale e caricaturale.

In conclusione, Badland Hunters è un’emozionante thriller che, sebbene offra al pubblico un’esperienza di grande spettacolarità, non riesce ad andare al di là delle immagini e a lasciare, così, un’impronta duratura e significativa nello spettatore.

- Pubblicità -