Bridget Jones è tornata. Ma questa volta, l’eroina goffa e irresistibile che ha fatto innamorare generazioni di spettatori è cambiata, e con lei anche la sua storia. Bridget Jones: Un amore di ragazzo, quarto capitolo della saga con Renée Zellweger, segna una svolta più matura e riflessiva rispetto ai film precedenti, affrontando temi di perdita, crescita e nuove opportunità con un tono più intimo e profondo. Il miglior sequel del franchise senza ombra di dubbio.
Diretto da Michael Morris (To Leslie, Better Call Saul), il film riprende la vita di Bridget dopo una tragedia inaspettata: la morte del suo grande amore, Mark Darcy (Colin Firth), avvenuta quattro anni prima durante una missione umanitaria in Sudan. Ora, Bridget è una madre single, alle prese con la crescita di Billy (9 anni) e Mabel (4 anni), mentre cerca di ritrovare un equilibrio tra famiglia, lavoro e – su pressione della sua inseparabile “Famiglia Urbana” – una vita sentimentale che sembra sempre più difficile da ricostruire.
Se nei capitoli precedenti Bridget era la regina delle disavventure romantiche, qui la ritroviamo più consapevole e presente a sé stessa. Non è più solo la single impacciata che inciampa nelle proprie insicurezze, ma una donna che ha attraversato il dolore e sta imparando a rimettersi in gioco. Non mancano quindi le situazioni imbarazzanti, marchi di fabbrica del personaggio, ma il cuore della storia è diverso: meno frivolo, più emotivo.
La nuova vita (e gli amori) di Bridget Jones
Oltre al supporto dei suoi amici storici – Shazzer, Jude, Tom e la collega Miranda – e alla presenza sempre pungente della madre (Gemma Jones) e della ginecologa Dr. Rawlings (Emma Thompson, guru meravigliosa e insostituibile, che ha esordito nel terzo film), Bridget si trova divisa tra due uomini. Da un lato, il giovane e affascinante ragazzo conosciuto su un’app di incontri (Leo Woodall, rivelazione di The White Lotus), che le offre leggerezza e passione, ma anche una differenza d’età importante, che grava sulla proiezione futura di una vita insieme. Dall’altro, il severo e razionale professore di scienze di suo figlio, interpretato da Chiwetel Ejiofor, che rappresenta una presenza stabile ma anche una sfida emotiva per la protagonista, oltre a essere una figura molto legata al suo primogenito che lei non vorrebbe mai compromettere.
E poi c’è Daniel Cleaver. Il ritorno di Hugh Grant, dopo l’assenza nel terzo capitolo, è una delle sorprese più riuscite del film. Il suo personaggio, sempre cinico e seducente, mostra inaspettati momenti di tenerezza, in una dinamica che non è più solo quella dello storico “stronzo affascinante”, ma di qualcuno che, come Bridget, è cambiato con il tempo. Il loro rapporto è uno degli elementi di maggiore piacere dell’intero film.
Una storia di rinascita
Il merito della sceneggiatura – scritta da Helen Fielding con il contributo di Abi Morgan e Dan Mazer – è quello di saper dosare il classico umorismo della saga con una riflessione più ampia sulla crescita e sulle seconde possibilità. Se Bridget Jones’s Baby aveva cercato di portare avanti la storia del personaggio facendo leva sulla “fretta biologica” di avere un figlio, questo nuovo capitolo sceglie la strada opposta: affronta il passare del tempo con delicatezza e intelligenza, mettendo al centro il tema della resilienza.
La regia di Michael Morris si distingue per un tocco più intimo e meno patinato rispetto ai precedenti film, concentrandosi sulle emozioni autentiche dei personaggi. Le scene con Billy, in particolare, sono tra le più toccanti: il rapporto tra madre e figlio è reso con una dolcezza che aggiunge profondità al film, mostrando come Bridget non sia più solo una donna alla ricerca dell’amore, ma ormai una madre che si preoccupa di proteggere il proprio bambino dal dolore della perdita e fa quello che può, come tutti. Ancora una volta la protagonista è specchio di tante imperfette realtà.
Renée Zellweger e il ritorno di un’icona
Renée Zellweger, due volte premio Oscar, dimostra ancora una volta perché Bridget Jones sia il ruolo più iconico della sua carriera. La sua interpretazione riesce a catturare con naturalezza tutte le sfumature della protagonista: dalla goffaggine che l’ha resa celebre alla malinconia di chi ha perso qualcosa di prezioso, fino alla determinazione di chi non vuole arrendersi alla solitudine. E sebbene il film sia più riflessivo, non manca lo spirito ironico che ha reso celebre la saga. Le battute taglienti e volgari, le situazioni surreali e i momenti di puro imbarazzo sono ancora lì, ma con una consapevolezza diversa. Bridget non è più la trentenne che cerca disperatamente l’amore: è una donna che ha vissuto, che ha sofferto, ma che sa ancora lasciarsi sorprendere dalla vita.
Il film non si limita a riproporre la solita commedia romantica, ma racconta la crescita di una donna che ha fatto ridere e commuovere milioni di spettatori, adattandola alla realtà di chi, nel frattempo, è cresciuto con lei.
Bridget Jones: Un amore di ragazzo
Sommario
Il film non si limita a riproporre la solita commedia romantica, ma racconta la crescita di una donna che ha fatto ridere e commuovere milioni di spettatori, adattandola alla realtà di chi, nel frattempo, è cresciuto con lei. E’ il migliore capitolo della saga.