È possibile decostruire la genealogia di un “mito” cinematografico, di un’icona dell’industria hollywoodiana? Assolutamente sì, come dimostra il regista Ariel Vromen (già sapiente mano dietro il cult The Iceman e Danika) che sceglie Kevin Costner come protagonista del suo ultimo film, trasformandolo da simbolo dell’industria mainstream statunitense, eroe romantico (basti pensare a pellicole come Robin Hood – Principe dei Ladri o The Bodyguard), tante volte incarnazione dei sogni e delle utopie nascoste della profonda America (come nel capolavoro di Clint Eastwood Un Mondo Perfetto) in un trucido criminale senza scrupoli, emozioni o sentimenti oggetto degli interessi della CIA, che lo vuole “sacrificare” per un esperimento scientifico: trasferire la memoria – e gli ultimi ricordi – di un infallibile agente dell’Intelligence morto sul campo, l’unico che poteva sventare i folli piani di distruzione di massa di un anarchico hacker spagnolo: questo è quanto accade in Criminal, ultima fatica pronta ad approdare in sala, dove il divo statunitense divide la scena con Tommy Lee Jones, Gary Oldman, Ryan Reynolds e Gal Gadot.

 

Una pellicola action ispirata dall’estetica- e dalla tensione- di illustri precedenti seventies che già avevano scavato nell’argomento: i limiti etici della scienza, la possibilità di influire sulla memoria di qualcuno, alterandola ed influenzandola fino al punto di adattarla ai propri scopi; dinamiche che si collocano alla perfezione nei dibattiti moderni e che Vromen risolve in chiave adrenalinica.

Criminal viaggia, a ritmo sostenuto, in un registro classico, tradizionale sia nella struttura che nella scrittura tanto quanto in altri aspetti tecnici – come la fotografia o il linguaggio cinematografico selezionato dal regista per raccontare la storia; i personaggi sono pedine che si muovono su una scacchiera antica, privando lo spettatore della possibilità di potersi sorprendere: eccezion fatta per il pezzo forte, il Re – ovviamente, Costner – che è incarnato dal controverso personaggio di Jericho Stewart: galeotto, assassino a sangue freddo, spietato e sadicamente cinico; ma, allo stesso tempo, uomo capace di grandi slanci umani “indotti” però dai ricordi di Billy Pope (l’agente della CIA defunto) che lentamente colonizzano il suo animo, sostituendo una collezione di ricordi negativi con qualcosa di nuovo e di buono, sentimenti che non aveva mai provato fino a quel momento.

Criminal, oltre ad essere un teso action in linea con le nuove “politiche” degli Studios hollywoodiani, sospeso tra guizzi gigioni, dovere etico ed intrattenimento, è anche un prodotto celebrativo di un’industria d’antan con un protagonista, mattatore sulla scena, calato in un ruolo inedito (sia per la sua carriera che per il suo pubblico) e pronti a dimostrarlo ad ogni costo, perfino divertendosi.

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Ludovica Ottaviani
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Ludovica Ottaviani
Ex bambina prodigio come Shirley Temple, col tempo si è guastata con la crescita e ha perso i boccoli biondi, sostituiti dall'immancabile pixie/ bob alternativo castano rossiccio. Ventiquattro anni, di cui una decina abbondanti passati a scrivere e ad imbrattare sudate carte. Collabora felicemente con Cinefilos.it dal 2011, facendo ciò che ama di più: parlare di cinema e assistere ai buffet delle anteprime. Passa senza sosta dal cinema, al teatro, alla narrativa. Logorroica, cinica ed ironica, continuerà a fare danni, almeno finché non si ritirerà su uno sperduto atollo della Florida a pescare aragoste, bere rum e fumare sigari come Hemingway, magari in compagnia di Michael Fassbender e Jake Gyllenhaal.
criminal-recensione-del-film-con-kevin-costnerCriminal, oltre ad essere un teso action in linea con le nuove “politiche” degli Studios hollywoodiani, sospeso tra guizzi gigioni, dovere etico ed intrattenimento, è anche un prodotto celebrativo di un’industria d’antan con un protagonista, mattatore sulla scena, calato in un ruolo inedito e pronti a dimostrarlo ad ogni costo, perfino divertendosi.