A due anni dalla sua opera prima 7 ore per farti innamorare, Giampaolo Morelli torna dietro – e davanti – la macchina da presa per una commedia formalmente distopica con cui chiudere in bellezza l’anno iniziato con il C’era una volta il crimine dello scorso marzo. In questo caso, questo nuovo Falla girare sarà disponibile su Amazon Prime dal 25 novembre, per allietare un periodo critico per molti e avvicinarsi al Natale con leggerezza e qualche ottimo consiglio.
Falla girare: un futuro sempre meno stupefacente
Intanto, di rilassarsi, di allontanare i pensieri cupi e le ansie, che sembrano attanagliare anche il mondo del futuro nel quale si svolge l’indagine del reporter dell’Impertinente sull’aumento dei suicidi. Tutto nascerebbe dal virus – forse creato in laboratorio, in Cina – che ha portato alla scomparsa della marijuana e all’estinzione di tutte le piantine di Cannabis… tranne due. Un esemplare femmina, conservato in Vaticano, e uno maschio, apparso per caso nella villa che l’influencer Natan ha acquistato da un losco figuro.
Una premessa surreale, a cavallo tra il fanta-action e L’erba di Grace, che si sviluppa in una commedia molto particolare, che guarda a Rain Man e a I soliti ignoti, e vive di continui strappi, trovate e siparietti. Caratteristiche che la inseriscono in un genere che dopo una premessa crime sfiora a tratti il demenziale, pur con l’ambizione di affrontare in maniera trasversale un tema fondamentale come quello della ricerca e del diritto alla felicità.
La felicità è un sistema complesso
Una direttrice non
banale, che va al di là del semplice effetto ‘stupefacente’ cui si
ammicca, ma che sembra aver bisogno di essere continuamente
ricordata, dagli stessi scombinati eroi in scena e agli spettatori,
travolti dal continuo succedersi di svolte narrative, nuovi
personaggi e situazioni critiche. Un caos organizzato che risponde
all’evidente intenzione di giocare con i modelli del cinema
d’azione e d’avventura (con Morelli che si toglie persino lo sfizio
di affrontare tre cattivi con le armi consentite dal ruolo), ma che
in alcuni momenti sconta brusche frenate ed eccessive concessioni
alla parodia.
Non quando si sceglie di attingere alla tradizione della comicità più popolare, al limite della barzelletta, anche politicamente scorretta (ma cinesi e napoletani saranno i primi a riderne), che paradossalmente paga di più di certe battute meno originali – sugli stereotipi legati al social marketing e all’immagine del giornalismo che qualcuno sembra avere davvero – o quasi dovute a una moderna sensibilità neo femminista. Per fortuna, del film e nostra, dove non arrivano la scrittura e il montaggio ci pensa la banda di impavidi composta dai Jackal, Giovanni Esposito e Michele Placido… con Leopoldo Mastelloni in versione boss.