La nostra terra: recensione del film di Dk e Hugh Welchman

Il celebre romanzo I contadini (The Peasants) dello scrittore polacco e premio Nobel Władysław Reymont prende nuova vita sul grande schermo grazie all'emozionante film d’animazione realizzato dai registi di Loving Vincent.

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Quando diverse forme d’arte e le tradizioni culturali di un popolo si fondono in un’unica opera, possono nascere autentici gioielli. Se a questa combinazione si aggiungono poi valori e tematiche di forte risonanza sociale, come quelli legati al femminismo, il risultato merita ancora di più l’attenzione e l’interesse del grande pubblico. È il caso di La nostra terra, il nuovo film del duo Dk Welchman e Hugh Welchman, già noti per il loro lavoro nel candidato all’Oscar Loving Vincent, dedicato agli ultimi giorni di Vincent van Gogh.

 

Presentato in selezione ufficiale al Toronto Film Festival, La nostra terra è l’adattamento cinematografico del celebre romanzo I contadini (The Peasants) di Władysław Reymont, vincitore del Premio Nobel per la Letteratura nel 1924. Come un dipinto vivo e prezioso, l’opera di Reymont prende forma sul grande schermo grazie alla stessa straordinaria tecnica utilizzata in Loving Vincent: il potere evocativo della pittura a olio sulle immagini pre-registrate secondo l’animazione al rotoscopio.

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Ogni fotogramma del film è ispirato alle opere dei pittori polacchi della fine del XIX e dell’inizio del XX secolo, il risultato di un elaborato processo tecnico che ha richiesto anni di lavoro. Distribuito da Wanted, La nostra terra sarà al cinema solo il 2, 3 e 4 dicembre.

La nostra terra – In foto Jagna e Maciej Boryna. Per gentile concessione di @Breakthrufilm.

Cosa racconta La nostra terra?

Lunghi capelli color oro, occhi tanto chiari quanto sinceri e un volto che sembra appartenere a un angelo: Jagna è una giovane donna di straordinaria bellezza, determinata a ritagliarsi il proprio spazio nel mondo. Vive con sua madre in piccolo villaggio rurale della campagna polacca, Lipce, alla fine del XIX secolo, cercando di sopravvivere in una realtà dominata dal patriarcato, anche in una famiglia priva di una figura maschile. Ben presto, Jagna si trova intrappolata tra i desideri e le ossessioni degli uomini del villaggio. Tra questi ci sono il contadino più ricco, Maciej Boryna, che la costringe a sposarlo, e il figlio maggiore di lui, Antek, di cui Jagna è perdutamente innamorata. In questo ambiente familiare e al tempo stesso spietato, Jagna scopre che la libertà che tanto desidera le è negata, e il destino che credeva di poter controllare si rivela l’ennesima trappola: lei non è altro che una pedina nelle faide familiari, un oggetto di scambio in una realtà dominata dal potere del denaro e della tradizione della sua terra.

“L’amore non dura per sempre. La terra, invece, sì.”

La nostra terra è articolato in quattro capitoli, ognuno dei quali corrisponde a una stagione dell’anno, riflettendo così i cambiamenti della natura che fanno da cornice alle vicende dei tre protagonisti. Questo suggestivo intreccio tra il ciclo della vita e quello della terra diventa lo sfondo ideale per una drammatica storia d’amore intrisa di dolore e ingiustizia. Qui le dinamiche amorose e familiari si fondono tragicamente con le spietate logiche di potere di una società in cui la terra non è soltanto una risorsa vitale, ma rappresenta anche il principale motivo di orgoglio, simbolo di identità e misura di ricchezza.

La nostra terra – In foto Jagna. Per gentile concessione di @Breakthrufilm.

Il film, realizzato con straordinaria maestria tecnica dai coniugi Welchman, trasporta il pubblico in un viaggio immersivo nella ricca cultura e nelle tradizioni polacche. Le pittoresche celebrazioni, gli abiti tradizionali, le danze vorticose e i canti carichi di emozione e pathos non sono semplici dettagli scenografici, ma elementi vivi e pulsanti che danno voce alla più intima rappresentazione della Polonia rurale. Attraverso questi dettagli, La nostra terra, oltre a celebrare un capolavoro letterario spesso poco conosciuto al di fuori dei confini del Paese, offre anche uno sguardo autentico e intenso sull’identità nazionale della Polonia.

La nobile battaglia di Jagna

Rispetto al romanzo originale, l’opera dei Welchman concentra gran parte della narrazione sul personaggio di Jagna, trasformandola in una potente metafora della lotta femminista in un mondo “a misura d’uomo”. Jagna è una giovane donna di straordinaria bellezza, dolcezza e intelligenza, ma anche caparbietà e sensibilità artistica. Tuttavia, la terra che l’ha vista nascere e crescere non la protegge né la accoglie, anzi la disprezza fino a esiliarla. “All’inizio è invidiata e fraintesa,” ha spiegato DK Welchman, “poi maltrattata e insultata, infine emarginata: per essere bella, per essere sognatrice e artistica, per essere appassionata e, soprattutto, per mettere in discussione il patriarcato, un sistema sostenuto anche dalla chiesa.”

Jagna è dunque un personaggio contemporaneo: una donna complessa e tragicamente incompresa, ribelle e audace, che si scontra con una società in cui il patriarcato e il denaro dettano l’unica legge possibile. Eppure, a lei non importa né dell’uno né dell’altro. In questo mondo, gli uomini, per quanto ipocriti, adulteri, bugiardi o stupratori, mantengono sempre il potere, mentre le donne sono condannate a subire e ad accusarsi l’una con l’altra. Nonostante sia consapevole delle conseguenze delle sue scelte, Jagna accetta le lusinghe di Antek perché innamorata, anche se lui è un uomo sposato e padre. Tuttavia, quando la loro relazione clandestina viene scoperta, il giudizio della comunità si accanisce solo su di lei. Jagna è additata come traditrice, approfittatrice e sgualdrina, mentre Antek, pur colpevole delle stesse azioni, non subisce la stessa condanna sociale.

La nostra terra – In foto Jagna e Maciej Boryna nella scena del matrimonio. Per gentile concessione di @Breakthrufilm.

Jagna però non abbassa mai la testa, diventa simbolo di resistenza e sofferenza femminile, denunciando l’ipocrisia di una società in cui le donne sono ancora oggi condannate a soccombere alle ingiustizie della disuguaglianza di genere. La sua emarginazione non è, infatti, solo il risultato del suo essere diversa, troppo bella e troppo desiderata, ma anche un atto di punizione verso chi osa sfidare i limiti dei ruoli prestabiliti, mettendo in discussione un sistema che trae da sempre forza dalla sottomissione delle donne.

Un’esperienza visiva tanto affascinante quanto memorabile

Di primo impatto, è impossibile non ammirare il lodevole lavoro artistico e la qualità pittorica dell’animazione del duo registico. La nostra terra è un’esperienza visiva tanto affascinante quanto memorabile, capace di catturare lo spettatore e immergerlo all’interno di una storia che pennellata dopo pennellata, prende vita sotto i suoi occhi.

Partendo da un’opera letteraria di Reymont apparentemente semplice e prevedibile, i Welchman trasformano quella storia in un film che parla all’oggi e va oltre il tributo alla scrittura e alla cultura polacca. Il risultato è un’opera cinematografica potente, che si fa veicolo di riflessione e denuncia sociale. Più che un semplice adattamento, il film può essere considerato un crudo e sincero manifesto femminista, dove romanticismo, erotismo, violenza e ossessione si fondono e si scontrano sul grande schermo, evocando un profondo senso di inquietudine e urgenza all’azione.

La nostra terra è una nobile dichiarazione d’intenti: un chiaro memento che ci invita a riflettere sui conflitti di potere intrinseci all’umanità, sul precario equilibrio tra uomo e natura, e sul valore della libertà e della dignità femminile in un mondo ancora troppo spesso crudele e impari.

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Sommario

Partendo dall’opera di Reymont, il duo registico Welchman realizza un tributo alla cultura polacca che diventa anche un crudo e sincero manifesto femminista. Tra romanticismo, erotismo, violenza e ossessione, la storia prende vita come un quadro in movimento, lasciando emergere tutta la sua forza evocativa e sociale.

Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

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