Operazione Kandahar, la recensione del film con Gerard Butler

Disponibile su Prime Video dal 24 agosto, il film è stato tratto dalla vera esperienza di un ex sergente dell’esercito USA che, diventato sceneggiatore, ha scritto la sua storia.

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Il nuovo film con Gerarld Butler è per la regia di Ric Roman Wugh, che l’aveva già diretto in Attacco al potere 3 e Greenland, di cui per entrambi sta lavorando a un prossimo capitolo. Il regista, che ha fatto anche lo stuntman durante gli anni 80 e i 90, è stato tra l’altro ingaggiato per un sequel di Cliffhanger, che aveva vissuto in quel periodo proprio dal punto di vista della controfigura, pur non avendo partecipato al progetto, ma empatizzando profondamente con la mole di allenamento che aveva comportato.

 

Per Operazione Kandahar resta sul genere action a cui, appunto, è tanto affezionato, aggiungendo un’intensa quota di spionaggio internazionale ficcandosi nelle spire della violenza del terrorismo islamico.

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La sceneggiatura è infatti ad opera di Mitchell LaFortune, un ex ufficiale della Defense Intelligence Agency e analizzatore per i servizi segreti dell’esercito degli Stati Uniti che ha redatto la storia dietro ad Operazione Kandahar intitolandola inizialmente Burn Run. Gli eventi si basano sulla sua esperienza vissuta nel 2013 in Afghanistan durante la quale ci fu una pericolosa fuga di notizie da parte del consulente informatico americano Edward Snowden che diffuse dati altamente riservati di proprietà della National Security Agency.

Operazione Kandahar, la trama

Qui Gerard Butler è Tom Harris, un agente della CIA sotto copertura che sta portando avanti una delicata missione in Medio Oriente per cui deve impiantare dei virus nei sistemi di sicurezza arabi e metterli – per così dire – fuori uso. La sua vita privata è ovviamente a gambe all’aria e, ultimato il suo compito, cerca quindi di partire sbrigativamente per tornare a casa. Ma, mentre cerca di prendere il volo del ritorno, ritrova un vecchio amico (Travis Fimmel, l’attore di Vikings la cui carriera aveva visto le luci della ribalda agli inizi degli anni 2000 in uno spot per Calvin Klein, non dimentichiamolo mai) che gli affida una nuova missione che lui accetta. Tom si ritrova però improvvisamente braccato e in fuga nel deserto arabo insieme al suo interprete Mohammad Doud (Fahim Fazli) in una situazione spaventosa e sanguinaria che non gli lascerà tregua nemmeno per un attimo.

La descrizione delle violenze e i disastri lasciati in Medio Oriente

Il film di Ric Roman Waugh è un thriller di guerra a tensione continua, che ansima continuamente e a tratti dispera. Il regista indugia nel mostrare la violenza (anche se non esplicita) e i disastri lasciati in Paesi come l’Iran e l’Afghanistan dove le dinamiche di collaborazione con i nuclei terroristici esistono e sussistono anche tra le nazioni occidentali che fingono di non vedere finché la situazione permette loro un vantaggio. La struttura stessa delle riprese descrive perfettamente questa dinamica: da una plancia di comando, due alte cariche della CIA seguono i movimenti dei protagonisti osservandoli su un maxi schermo da cui si vede ogni cosa ripresa dall’alto, come se un drone seguisse sempre i protagonisti.

Esattamente come in un videogame

Il quadro che si vede alla fine è un po’ di più rispetto a una sola successione di sequenze d’azione. Certo, nell’andare in profondità non si spinge chissà quanto oltre, ma risulta interessante il modo in cui Waugh mette in scena quello che vuole raccontare. La CIA resta a guardare quello che succede: attacchi, violenze, torture, la scoperta dei covi di chi comanda e guadagna da una terra inzuppata del sangue dei civili, e non fa mai nulla. Gli uomini sembrano essere come insetti le cui vite non contano nulla.

La bravura dell’ex agente Mitchell LaFortune nel scrivere la storia e del regista nel tradurla in immagini, è per aver fatto una descrizione molto chiara di un’atmosfera attinente con la (terribile) realtà, all’interno di un film dal ritmo serrato e incalzante.

Sommario

La bravura dell’ex agente Mitchell LaFortune nel scrivere la storia e del regista nel tradurla in immagini, è per aver fatto una descrizione molto chiara di un’atmosfera attinente con la (terribile) realtà, all’interno di un film dal ritmo serrato e incalzante.

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La bravura dell’ex agente Mitchell LaFortune nel scrivere la storia e del regista nel tradurla in immagini, è per aver fatto una descrizione molto chiara di un’atmosfera attinente con la (terribile) realtà, all’interno di un film dal ritmo serrato e incalzante.Operazione Kandahar, la recensione del film con Gerard Butler