The Post, recensione del film di Steven Spielberg

The Post

In un momento storico in cui, negli Stati Uniti, la battaglia dei sessi è a un punto critico e la libertà di stampa è minacciata dai vertici del governo, arriva in sala The Post, il trentesimo film di Steven Spielberg, mai più attuale di oggi.

 

la storia nascosta dietro alla pubblicazione dei Pentagon Papers

Il film racconta la storia nascosta dietro alla pubblicazione dei Pentagon Papers,  i Quaderni del Pentagono, avvenuta nel 1971 sul Washington Post. L’occultamento dei documenti top secret sulle strategie e i rapporti del governo degli Stati Uniti con il Vietnam tra gli anni quaranta e sessanta è la scintilla che innesca una battaglia tra il Post e la Casa Bianca, una guerra in nome della trasparenza e della libertà di stampa.

In particolare, il film racconta la battaglia del direttore del giornale, Ben Bradlee (Tom Hanks), e della proprietaria dello stesso, Kay Graham (Meryl Streep), che hanno unito le forze per rivendicare il loro dovere di dire la verità alla nazione, in quanto giornalisti e in quanto tali il loro diritto di parola e di stampa, in base al primo Emendamento.

The Post racconta anche la presa di coscienza di una donna che ha ereditato, in quanto donna non dal padre ma dal marito, la proprietà di un giornale e che accetta finalmente di tenerne le redini, con tutti i rischi che questa responsabilità comporta.

Steven Spielberg sceglie una storia che narra eventi che sono ormai storia (sono passati quarant’anni dai fatti) e la sviluppa con il tono di un thriller pur mantenendo uno stile del racconto piano e allo stesso tempo incalzante. Il film fa parte dello stesso filone di Tutti gli uomini del Presidente, ma si distanzia dall’opera di Alan J. Pakula che invece narrava i fatti del Watergate a pochi anni di distanza. Pakula non aveva quindi la lucidità che ha avuto Spielberg e il regista di Cincinnati sfrutta questa distanza temporale come un punto di forza.

Steven Spielberg a Milano, con Meryl Streep e Tom Hanks, per The Post: “La stampa libera è il guardiano della democrazia”

the postAll’interno della filmografia di Spielberg, The Post si colloca nella stessa casella di Lincoln e de Il Ponte delle Spie, in quanto ogni dilemma messo in campo si risolve poi nella scelta morale del personaggio chiamato in causa. È l’avvocato che si trova a difendere la presunta spia, il Presidente Lincoln che trova la sua strada non convenzionale per raggiungere il suo nobile scopo, Kay Graham che decide di rischiare tutto, la vita, il giornale, l’azienda e i suoi dipendenti, per fare ciò che è giusto: non solo rivendicare il diritto di dire la verità, ma il dovere, sopra ogni cosa, di farlo.

Spielberg racconta con le sue inquadrature dall’alto la Kay di Meryl Streep, riservandole un trattamento visivo che aveva già regalato al Daniel Day-Lewis in Lincoln e che sottolinea la statura morale del personaggio, appunto, in una situazione che renderebbe molto più “comoda” l’amoralità, la mancanza di voce e di presa di coscienza.

The Post punta il dito anche contro il giornalismo, quello che a suo modo ha offerto alla politica la mano dell’amicizia, chiudendo un occhio su come venivano raccontati proprio dalla stampa quei personaggi. L’integerrimo Bradlee amico della Casa Bianca e di JFK, la stessa signora Graham in rapporti di amicizia intima proprio con Robert McNamara (protagonista del magnifico The Fog of War, sullo stesso tema), entrambi gli eroi della storia sono stati “morbidi” con chi avrebbero dovuto raccontare con più onestà intellettuale.

eroi che hanno lottato per il dovere di parola

Il film, infine, è un’ode alle macchine da scrivere, all’inchiostro e alla pressa, ma anche al tempo per fare il buon giornalismo, al tempo necessario a trovare la notizia, a verificare le fonti, pur con l’ansia di dover arrivare primi, emozioni, regole e tempi che il giornalismo di oggi non conosce più. The Post racconta di come, in quell’epoca e in quell’occasione, arrivare secondi (i primi a pubblicare parte dei fascicoli furono i giornalisti del New York Times) permise alla redazione di Ben Bradlee di combattere con i giusti mezzi una battaglia contro lo stesso Presidente Nixon, che voleva imbavagliare i giornali e che di lì a poco avrebbe dovuto fronteggiare il Watergate, che portò alle sue dimissioni.

The Post racconta di eroi, di professionisti, di donne e uomini che hanno temuto e lottato non solo per il diritto, ma per il dovere di parola.

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