La Turchia, negli anni, ha dimostrato di saperci fare con i prodotti audiovisivi. Dai film romantici, alle serie total drama, le offerte con il passare del tempo sono cresciute molto, imponendosi non solo nei nostri palinsesti televisivi, ma anche nei colossi streaming quali Netflix. E quando si parla di alto numero di visualizzazioni, la piattaforma della N rossa non può di certo lasciarsi sfuggire l’opportunità di cavalcare l’onda del loro successo. Le proposte sono perciò divenute frequenti e con esse anche la fama delle opere turche: basti pensare al più recente drama Il Sarto, l’inquietante Ambizione, o ancora Fatma. Per poi continuare con pellicole leggere, comedy travolgenti, come Tattiche d’amore o Lezioni private. Ed è proprio in quest’ultima categoria che rientra Ultima chiamata per Istanbul, rom-com firmata Gönenç Uyanık, con protagonisti Kıvanç Tatlıtuğ, conosciuto in particolare in Italia per essere stato protagonista di soap quali Brave and Beautiful e La ragazza e l’ufficiale, e Beren Saat, la quale ha spiccato in prodotti come Il secolo magnifico: Kösem e The Gift. Un film, lo diciamo subito, che dimostra, nel suo fluire, di avere valore, di poter essere uno scoglio solido in un mare di pietre dalla forma identica che si lasciano trasportare dalle onde, e di avere qualcosa da dire sull’amore senza inciampare nel trito e ritrito. Ultima chiamata per Istanbul è disponibile su Netflix dal 24 novembre.
Ultima chiamata per Istanbul, la trama
All’aeroporto di New York due sconosciuti stanno aspettando di prendere le loro valigie dal nastro. Si scambiano uno sguardo, lei ride quasi sotto i baffi, finché non si accorge che il suo bagaglio è stato scambiato con quello di un altro signore. Allora lui si avvicina, le chiede se ha bisogno di una mano, lei però non vuole fargli perdere tempo. Ma lui insiste, non può certo lasciarla da sola, senza soldi né telefono. Non si dicono come si chiamano, fino a quando non arrivano in un hotel dove dovrebbe esserci colui che ha preso la valigia di lei: allora, dato che oramai lui ha deciso di rimanerle accanto per aiutarla, decidono di chiamarsi Ryan e Samantha. Da quel momento in poi, dividersi diventa impossibile: chiacchierano davanti a un drink, si scambiano opinioni sui rapporti, figli, tradimenti, matrimonio, lealtà fra partner. Poi vanno alla scoperta di New York, dei suoi locali a luci rosse, ballano, ridono, si ritrovano persino in un quartiere malfamato, e alla fine vivono una notte di pura passione. Sembrano essersi innamorati, quel colpo di fulmine che stordisce, ma non possono dimenticare di essere entrambi sono sposati. Sposati, sì… ma con chi?
Sotto il cielo di New York
Il pattern delle rom-com spesso segue una scaletta definita e irrinunciabile: due sconosciuti si incontrano per pura casualità, scocca la scintilla dell’amore, si frequentano, poi qualcosa o qualcuno smonta il loro idillio, finché l’amore, come nelle più classiche favole, vince su tutto. Ultima chiamata per Istanbul comincia tracciando lo stesso schema, enfatizzato e supportato dalla città di riferimento, la stroboscopica New York, la quale si scopre non solo fare da sfondo alla vicenda, ma anche essere causa (oltre che prestesto) delle incrinature interne della storia. Un dettaglio – importante – che capiamo solo a metà atto (non possiamo rivelare niente), snodo centrale dell’intera narrazione, dove da lì in poi l’intero film cambia di tono e prospettiva. Ed è proprio in questo cambio di registro, di sguardi, di racconto, che si nasconde il successo della commedia. Un prodotto che sembra muoversi secondo i soliti canovacci rom-com da piattaforma, ma che cela un sub-strato inedito, per niente scontato, ma anzi profondo; e che pur restando tale nei suoi stilemi, assume un aspetto avvincente, una veste perturbante, in grado di coinvolgere e, persino, sorprendere.
Perché è la sorpresa a cambiare le carte in tavola dell’opera. Un plot twist inaspettato, il quale ribalta l’intera visione che si ha di quanto fruito fino a quel momento. Un colpo di scena deciso, netto, dal quale si arriva con gradualità a imbastire un climax finale funzionante e congeniale alla sua progressione. Il ritmo c’è, è sincopato, e si incastra bene con gli eventi; c’è armonia nella costruzione narrativa, che pur allestita di topos tipici della comedy non è mai né leziosa né stancante. E soprattutto c’è New York, la città che non dorme mai, con le sue luci accecanti, i surreali rooftop, le strade affollate e gli angoli maledetti, fotografata in tutti i suoi scorci più belli. Un luogo in cui si è liberi di lasciarsi andare e che serve a Serin e Memhet per comprendere non solo il loro rapporto, ma le loro singole vite, diventando di conseguenza la terza protagonista.
Cos’è l’amore?
Oltre all’aspetto narrativo valido, a cui vanno accostandosi soluzioni registiche e visive calzanti, e una colonna sonora che verso la fine ci rammenta essere in un prodotto turco, c’è da considerare anche la buona tridimensionalità data ai personaggi, che spesso in determinate opere è sacrificata. Intanto il ricorrere al voice over di entrambi (chi è cultore di opere turche sa che è un’opzione spesso scelta per raccontare meglio l’interiorità dei protagonisti, potremmo quasi dire un marchio di fabbrica) aiuta a comprenderne le posizioni senza risultare stonato. Non spiega, ma arricchisce, fino a quando il colpo di scena sopraggiunge per completare il puzzle. Da qui, Ultima chiamata per Istanbul avvia una propria riflessione sull’amore e sul modo di intendere i rapporti, che è in fondo fulcro del film, e che inevitabilmente rimabalza sullo spettatore quando sceglie di affidarsi, in alcune sequenze, alla rottura della quarta parete, risucchiandolo dentro totalmente.
L’amore cos’è? Come si coltiva? Il tradimento è sopravvalutato, come dice Serin, oppure è un divieto categorico come afferma Memhet? Quali sono le regole per vivere un matrimonio felice? Esistono le seconde opportunità? Posizioni e pareri diversi che suscitano di conseguenza un pensiero in un pubblico che, se dapprima solo osservava, adesso ne diventa parte integrante ponendosi le stesse domande. Una risposta, alla fine, Ultima chiamata per Istanbul la dà, ma non è quella definitiva che tendenzialmente provano a dare la maggior parte delle commedie: ognuno vede le relazioni in maniera differente, da diverse angolazioni e prospettive. Ognuno le vive secondo la propria logica e il proprio vissuto e nessuno disegna per noi uno schema da seguire pedissequamente, dandoci delle linee guida a cui fare riferimento. Trovare dei compromessi è la scelta più saggia se si vuole avere un legame più solido, ma in fondo, la verità, è che l’amore diventa una scelta ponderata. Di tutti i giorni. Bisogna solo capire se si è disposti a farla.