Woman of the Hour: la recensione del true crime thriller di Netflix

Anna Kendrick debutta alla regia con un thriller inquietante che racconta la storia vera del serial killer Rodney Alcala, affrontando con coraggio la misoginia del sistema americano degli anni '70 e le sue ingiustizie.

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Tra i numerosi e folli aneddoti della cultura televisiva americana, ce n’è uno che pochi, tra il pubblico italiano, conoscono. Il 13 settembre 1978 andò in onda l’episodio più inquietante di “The Dating Game” (Il Gioco delle Coppie), ricordato ancora oggi come l’episodio del “tv dating show killer”. Due anni prima di essere condannato, infatti, il serial killer Rodney Alcala apparve sugli schermi delle case americane come scapolo nel programma di appuntamenti al buio più popolare e kitsch degli anni ’70, nonostante fosse stato segnalato più volte alla polizia come sospettato di omicidio.

 

È da questa assurda e indimenticabile storia vera che trae ispirazione il true crime thriller Woman of the Hour, scritto da Ian MacDonald (Superman Returns) e diretto (oltre che interpretato) dalla pluripremiata attrice hollywoodiana Anna Kendrick, al suo debutto alla regia. Il film è disponibile dal 18 ottobre su Netflix.

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Woman of the Hour. In foto gli attori Tony Hale (Ed), Anna Kendrick (Sheryl), Matt Visser (Bachelor #1, Josh), Jedidiah Goodacre (Bachelor #2, Arnie) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Leah Gallo Netflix © 2024.
Woman of the Hour | In foto gli attori Tony Hale (Ed), Anna Kendrick (Sheryl), Matt Visser (Bachelor #1, Josh), Jedidiah Goodacre (Bachelor #2, Arnie) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Leah Gallo Netflix © 2024.

Woman of the Hour: il racconto di un feroce serial killer e di chi ha incrociato il suo cammino

Presentato in anteprima al Festival del Cinema di Toronto lo scorso anno, Woman of the Hour racconta alcuni dei giorni più significativi della vita di Cheryl Bradshaw (Kendrick), un’aspirante attrice che cerca di farsi strada nella Los Angeles degli anni ’70, ostile e misogina. Dopo numerosi provini falliti, Cheryl accetta controvoglia di partecipare al programma più maschilista e sciocco dell’epoca, Il Gioco delle Coppie, che consiste nel fare domande a tre pretendenti misteriosi per poi scegliere il migliore scapolo con cui uscire. Quello che lei non sa è che tra i tre si nasconde il subdolo e determinato Rodney Alcala (interpretato da Daniel Zovatto, It Follows e Man in the dark), un giovane fotografo che da circa dieci anni seduce, violenta e uccide brutalmente donne, riuscendo a rimanere impunito.

La vera storia di Rodney Alcala

Nato a San Antonio, in Texas, il 23 agosto del 1943, Rodrigo Jacques Alcala, meglio conosciuto come Rodney James Alcala, è stato uno dei più crudeli predatori sessuali e serial killer americani. Per anni ha adescato bambine, adolescenti e giovani donne presentandosi come un giovane talentuoso fotografo amatoriale, che in realtà celava un’indole aggressiva e malata. Ha commesso la maggior parte dei suoi crimini in California e a New York e, sebbene le vittime accertate siano “solo” sette, si sospetta che negli anni abbia sedotto e ucciso circa 130 persone, e perlopiù donne.

Woman of the Hour. In foto (da sinistra a destra) la giovane attrice Autumn Best (nei panni di Amy) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Netflix © 2024.
Woman of the Hour | In foto (da sinistra a destra) la giovane attrice Autumn Best (nei panni di Amy) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Netflix © 2024.

Quando Alcala è apparso nel famoso show “The Dating Game”, all’età di 35 anni e presentato dal conduttore Jim Lange, aveva già commesso cinque omicidi ed era stato arrestato due volte per stupro e aggressione di minori. In quell’episodio è riuscito a rubare la scena degli altri pretendenti grazie al suo fascino e alle pungenti risposte a sfondo sessuale. Tuttavia, nonostante la protagonista, Cheryl Bradshaw, abbia scelto di uscire con Alcala al termine del gioco, la giovane è riuscita a sfuggire miracolosamente alla morte spaventata dall’atteggiamento sinistro dell’uomo.

Rodney Alcala è stato arrestato solo un anno dopo con l’accusa di omicidio della ballerina dodicenne Robin Samsoe, per poi essere condannato a morte nel 1980. Alcala è morto in carcere il 24 luglio del 2021, all’età di 77 anni, per cause naturali.

Un true crime che denuncia a gran voce le vittime di una società tanto sessista e misogina quanto spietata

Inaspettatamente, Anna Kendrick esordisce alla regia con un thriller coraggioso e ben strutturato che, pur affondando le proprie radici in una tragica storia vera, si pone l’aspirazione di affrontare temi ancora più complessi e universali. Woman of the Hour (tradotto in italiano come “La donna del momento”) si configura infatti come una netta denuncia sociale contro la misoginia, il maschilismo e la disuguaglianza di genere, che tutt’oggi è plateale anche nello scintillante e platinato mondo hollywoodiano, e, soprattutto, contro la cultura dello stupro. Queste problematiche, purtroppo, continuano a essere profondamente radicate nella società contemporanea di tutto il mondo, manifestandosi in vari contesti, dal luogo di lavoro alle relazioni interpersonali e familiari, sminuendo e oggettificando sessualmente le donne.

Dunque, Kendrick, partendo da un orribile racconto di cronaca nera, esplora la difficile condizione fisica, emotiva e psicologica delle donne, ponendo l’attenzione in particolare su un’industria come quella cinematografica, che spesso riflette e amplifica gli stereotipi di genere guardando alla figura femminile come a un puro oggetto del desiderio dello sguardo maschile. Il film diviene così il catalizzatore di una conversazione più ampia, in cui è la voce straziata e soffocata delle donne a dover indirettamente parlare al pubblico e invitare alla riflessione.

Woman of the Hour. In foto (da sinistra a destra) Tony Hale (Ed), Anna Kendrick (Sheryl) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Leah Gallo Netflix © 2024.
Woman of the Hour | In foto (da sinistra a destra) Tony Hale (Ed), Anna Kendrick (Sheryl) e Daniel Zovatto (Rodney) in Woman of the Hour. Cr. Leah Gallo Netflix © 2024.

Kendrick conquista dietro la macchina da presa con la stessa maestria che dimostra sullo schermo

Woman of the Hour trasporta fin dai primi minuti il pubblico nella California di cinquant’anni fa, con colori caldi e sgargianti e pattern psichedelici. Tuttavia, è chiaro fin da subito che non ci troviamo di fronte a una commedia. La narrazione si sviluppa con un ritmo lento e carico di suspense, articolandosi su quattro livelli: il primo dedicato agli sforzi di Cheryl Bradshaw, dove la vediamo destreggiarsi in una Los Angeles cupa e crudele, soprattutto per le donne che cercano di inseguire i propri sogni; il secondo livello narrativo presenta il perverso Rodney Alcala e il suo crudele modus operandi, con cui sceglie e si assicura che le vittime siano donne sole e indifese; nel terzo livello viene raccontato l’episodio dello show televisivo in cui Cheryl scelse come pretendente Alcala; e, infine, l’ultimo livello, che coincide anche con la conclusione, narra il fatale incontro tra il killer e l’adolescente Monique Hoyt, una delle poche donne sopravvissute ad Alcala.

Dalla regia emerge chiaramente il duro lavoro svolto da Kendrick per ricostruire, in soli novanta minuti, gli eventi più salienti della storia di Alcala. Alla buona regia e alla suggestiva fotografia si aggiunge un cast talentuoso, in cui, accanto all’attrice, spicca per inquietudine e violenza il personaggio interpretato da Daniel Zovatto. L’attore, già noto nel panorama del cinema horror, dimostra tutta la sua versatilità, dando vita a un personaggio enigmatico e cupo che, nella sua aggressività, appare così pragmatico e freddo da far accapponare la pelle persino allo spettatore più distratto. Infatti, Kendrick e Zovatto lavorano insieme per ricreare sullo schermo la controversa immagine di un serial killer angosciante prima ancora che affascinante, distanziandosi così nettamente dalla discutibile fascinazione per l’assassino, come avvenuto in passato con il Ted Bundy di Zac Efron o il Jeffrey Dahmer di Evan Peters.

Zovatto, nei panni dell’assassino, riesce dunque a ripugnare e disturbare profondamente il pubblico, al punto da far sorgere domande esasperanti: davvero la giustizia non poteva agire prima? Si potevano salvare tutte quelle donne?

Daniel Zovatto è Rodney in Woman of the Hour
Daniel Zovatto è Rodney in Woman of the Hour. Cr. Leah Gallo/ Netflix © 2024.

Un buon thriller che però rimane troppo in superficie

Al di là delle note positive dette poc’anzi che lo rendono un prodotto godibile, Woman of the Hour è penalizzato da una sceneggiatura troppo forzata ed esasperata, in cui si perde la percezione del vero. Nella storia di Kendrick, nessun uomo è degno di fiducia, perspicacia, intelligenza o sensibilità. Tutti gli uomini vengono rappresentati, chi più e chi meno, come partecipanti a un’aggressione collettiva e, soprattutto, come complici dei crimini di Alcala. Se questo può essere vero in parte, dall’altra rende il film estremamente cinico e sconfortante. Inoltre, il film naviga sempre in superficie in un mare di buone intenzioni, in cui però si perde l’efficacia e la profondità dei temi di cui si fa portavoce. Neppure la psicologia del personaggio interpretato da Zovatto viene sufficientemente esplorata, lasciando nello spettatore numerosi dubbi e interrogativi.

In conclusione, Woman of the Hour si presenta come un’opera ambiziosa ed esteticamente accattivante che, sebbene tratti temi rilevanti, attuali e di grande valore, fatica a trovare un equilibrio e una profondità narrativa che lo affermino come un thriller completo e convincente.

Woman of the Hour
2.5

Sommario

Woman of the Hour è un coraggioso esordio alla regia per Anna Kendrick che, attraverso la vera storia dell’ignobile serial killer Rodney Alcala, si pone l’obiettivo di realizzare un thriller di denuncia sociale contro la misoginia e la cultura dello stupro. Tuttavia, nonostante la buona regia, la fotografia incisiva e il talento del cast, il film si rivela un’opera ambiziosa e accattivante che fatica a trovare un equilibrio e una reale profondità narrativa.

Annarita Farias
Annarita Farias
Nata nel 1996, laureata in Lingue, Culture e Letterature Moderne Europee presso l'Università Federico II di Napoli e attualmente laureanda in Cinema, Televisione e Produzione Multimediale all'Università di Roma Tre, dove approfondisce la settima arte per scrivere di critica cinematografica con maggiore consapevolezza e passione. Iscritta all’Ordine dei Giornalisti della Campania come giornalista pubblicista dal 2022, ha collaborato per due anni con la testata online Ambasciator.it e attualmente scrive di cinema per Cinefilos.it e Scuola Consulting.

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