Per presentare il film La Corrispondenza, ultima fatica del regista Giuseppe Tornatore, si sono ritrovati all’Hotel St. Regis il regista stesso e i due protagonisti Jeremy Irons e Olga Kurylenko.

 

Il primo ad aprire le danze è il regista Giuseppe Tornatore, pronto ad affrontare una round table con la stampa.

Collegati in diretta Skype con la stampa milanese, la prima domanda arriva però da Roma e riguarda la storia d’amore – apparentemente impossibile, ma non da fantascienza- che lega Ed e Amy, i due protagonisti del film: la tecnologia permette l’impossibile, disseminando inoltre il film di elementi magici, che sospendono la dimensione dello spettacolo filmico. Tornatore spiega che la tecnologia – altra protagonista della pellicola – crea una rete tale da rendere realistico e realizzabile elementi che, altrimenti, trascenderebbero la realtà e la vita stessa. La volontà del regista era quella di dare spazio a delle percezioni che vanno oltre le nostre percezioni legate ai cinque sensi, sfiorando elementi vicini ad una sfera ineffabile legata al sesto senso, ovvero tutto ciò che non si può razionalmente capire ma che possiamo percepire. Il sogno eterno dell’uomo è sempre stato quello di sperare in forme di estensione della propria esperienza sensoriale di vita; la tecnologia sembra aver reso possibile tutto ciò, che fino a poco tempo prima era stato solo ipotizzato/ pensato/ teorizzato. Il film ruota attorno ad un sogno, perché il destino e l’esistenza umana si possono manipolare ma fino ad un certo punto, nonostante la tecnologia possa aiutarci nel modificare il nostro codice di comportamento con gli altri, facendo sì che le nostre relazioni interpersonali ne risultino influenzate: tutto ciò esercita un processo di fascinazione, e per Tornatore era necessario raccontare tutto questo attraverso le immagini.

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A proposito della tecnologia, essa cambia anche la “macchina cinema” stessa: la tecnologia permette di relazionarsi con qualcosa che non ha più la stessa forma; per il regista è lo stesso con le forme filmiche ormai desuete (ad esempio, la pellicola)?

Secondo Tornatore un certo tipo di cinema non è mai morto e mai lo sarà, si è solo trasformato; ha cambiato i codici espressivi dell’audiovisivo, si sono evoluti con la stessa velocità dei tempi, ma “la pellicola” in sé non morirà mai. Quindi la storia d’amore raccontata nel film non è un’allegoria anomala tra gli astrofisici che si relazionano con le stelle morte e un’idea di cinema scomparso: si tratta di una forzatura, perché in fondo anche il cinema è fatto di un codice particolare, anche perché nell’istante stesso in cui un fotogramma raggiunge la nostra retina, esso non è, in fondo, già passato?

Un’altra domanda riguarda la scelta dei due attori protagonisti, Irons e la Kurylenko: perché loro due? Perché ha scelto di raccontare una storia d’amore complessa- come in altri suoi film?

Il primo spunto, nato diversi anni fa, prevedeva la presenza di un uomo e di più figure femminili, ma il senso della storia veniva travisato in un racconto di pura fantascienza. Ma con l’evoluzione tecnologica, nel corso degli anni, quell’intuizione fantascientifica è diventata realistica, e l’intrusione di un elemento sci-fi non era più necessario, e la storia poteva essere così adattata. Si è arrivati in tal modo ad un’unica donna e ad un uomo. Per quanto riguarda gli attori, ne ha visti diversi, valutando diverse possibilità, parlandone con i produttori: poi quando, dopo un incontro, ha avuto una sorta di rivelazione sentendo che lì, in quel momento, c’erano davvero i personaggi, allora scegliere è stato più facile. Per quanto riguarda Jeremy Irons, pochissimi attori in verità potevano calarsi in quel ruolo: la prima – ed unico – è stato Irons, con una lunga conversazione via Skype (altro elemento dominante del film). Gli sembrò perfetto, e fu scelto come Ed.

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Per quanto riguarda la natura complessa dell’amore, il regista riflette su tale argomento in ogni storia raccontata: non esistono amori felici, storie semplici, che in fin dei conti non destino interesse negli autori. Sono gli amori che hanno a che fare con le difficoltà ad essere interessanti.

Le prime domande milanesi via Skype non tardano ad arrivare, e riguardano sempre la tecnologia: nel film essa sembra quasi un dispositivo che rende impossibile l’oblio, l’abbandono dei ricordi. Ed in effetti, in alcune parti del film si assume questo tono, come di una sorta di amore ostinato e violento che tende a passare a tutti i costi attraverso il mezzo virtuale; spetta a noi l’abilità di bilanciare e mediare l’uso che di essa facciamo.

Proprio la distanza virtuale ha coinvolto i due attori in prima persona: nella pellicola Irons e la Kurylenko condividono solo due scene, di cui una fisica e una, invece, via Skype, girata come un vero collegamento “live”: invece tutti i messaggi che si vedono sono stati girati prima dell’inizio delle riprese effettive del film, con una troupe ridotta, rimarcando il carattere “artigianale” di quest’ultime; in tal modo l’attrice ha sempre avuto modo di relazionarsi, in ogni momento, con un interlocutore virtuale già presente (in qualche modo). Il tema della distanza è una pena ed un dolore per i due amanti, ma essa rende tutto più chiaro come una lente d’ingrandimento: si vede tutto in modo molto più limpido e lineare, a distanza di sicurezza. Spesso è anche la paura a tenerci a distanza.

La colonna sonora è stata firmata da Ennio Morricone, fresco vincitore di un Golden Globe per la colonna sonora di The Hateful Eight, cominciando a lavorare sulla partitura già all’inizio, con solo la prima stesura della sceneggiatura in mano; l’intento era quello di usare dei tappeti sonori non tradizionali, inoltrandosi in una ricerca sperimentale sui suoni elettronici che spesso non sono vicini alla produzione musicale di Moricone, più incline all’orchestrazione. Piccola curiosità post- Golden Globes: è stato Tornatore a convincere Morricone a non rifilare a Quentin Tarantino un terzo rifiuto di fila.

Il film uscirà in oltre 400 copie, di cui alcune sottotitolate.

Changer la dame, la prossima è Olga Kurylenko, che confessa di aver desiderato subito di voler fare questo film e di volere questo ruolo, immediatamente: era attratta dal ruolo, dal personaggio e dalla stravaganza della storia. Lei come affronterebbe una vicenda come quella del film del nella realtà, e com’è stato lavorare con un regista italiano?

Beh, per lei è stata la prima buona occasione per lavorare con un regista italiano, e ha incontrato un contesto così diverso: poi si trattava comunque di Tornatore, per lei uno dei registi italiani più importanti. I suoi personaggi femminili sono molto interessanti ed oggi è così difficile trovare dei ruoli scritti così bene, così sfaccettati, forti e ben delineati. Inoltre si tratta di uno di quei rari casi in cui un regista sa bene come immortalare, attraverso le inquadrature, una donna. Nella realtà una situazione come quella del film non la spaventerebbe, sottolinea la Kurylenko, perché per quanto in amore siamo tutti egoisti e c’è una forte componente legata al senso di possesso, in realtà quello che lega i due personaggi è davvero amore, puro e semplice amore.

Oggi internet, messaggi, mail e social possono sostenere una relazione e farla crescere, accorciando anche le distanze: ma l’amore vero è davvero immortale, e se finisce forse non si tratta, davvero, d’amore; quello vero resiste, sopravvive anche ad un termine, una separazione, una fine; ed è bello e poetico che Tornatore abbia creato un parallelismo così poetico tra le stelle e l’amore vero, stelle che continuiamo a vedere anche quando sono morte, colte nella loro fulgida immortalità. Non si può poi smettere di amare qualcuno così, all’improvviso: il personaggio di Amy non riesce, ad un certo punto del film, a sostenre il peso di quella relazione, e l’unico modo per scappare è chiudere; ma è impossibile, razionalmente, imporsi di non amare qualcuno. Non scegliamo razionalmente chi amare e quando.

Per quanto riguarda il suo, personale, rapporto con la tecnologia, la Kurylenko ammette di usarla per necessità: comoda per restare in contatto con le persone accorciando distanze e tempi, per il resto non ne fa un abuso, soprattutto per quanto riguarda i social media il cui uso è stato ampiamente travisato: chi ha sempre avuto un lato narcisista/egoista/egocentrico vive su di essi perdendo la percezione di ciò che lo circonda. Bisogna evitare gli estremi e trovare un equilibrio, come in tutte le cose. Comunque è impossibile non far parte di quest’onda anomala, tirandosi indietro: soprattutto per i giovanissimi, la pressione sociale è fortissima e si abbatte su di loro pesantemente.

Amore ed astrofisica: questi i due cardini del film, i due principali. Come si è rapportata ad un argomento così complesso, che forse non conosceva prima? Studiando, studiando, studiando! Sorprendendo anche se stessa, oltre a Tornatore, ha cercato di approfondire di cosa parlava Amy, il suo personaggio, per provare a capire e ad approfondire l’argomento nel profondo, suscitando lo stupore di Tornatore sul set, che la vedeva totalmente concentrata. Immortali le stelle, nonostante la morte, immortale l’amore; distanti loro, distanti i sentimenti. Come si è ritrovata ad affrontare un coprotagonista… praticamente un fantasma per tutto il corso del film, visto che si comunicano solo tramite video (e mai dal vivo): premettendo che era da sempre una fan di Irons, fin dalla prima visione di “Lolita”, per lei era un vero onore condividere con lui il set; i messaggi – pre- registrati precedentemente- hanno reso più facile il suo lavoro, aiutandola.

Infine, arriva Jeremy Irons: charmant e dall’inconfondibile fascino britannico, ironicamente replica a chi gli ricorda di aver dichiarato, pochi giorni fa, di aver trovato delle similitudini tra lui e il suo personaggio. In realtà, il suo personaggio è semplicemente un astrofisico e… niente più! Ma è importante riflettere sull’immortalità delle proprie opere, come per Ed dei suoi studi astrofisici, così come per gli artisti (e qui il pensiero corre a David Bowie, scomparso proprio oggi: se il lavoro comunica con il pubblico, instaurando un rapporto, esso allora è destinato a rimanere, anche quando la persona non c’è più, non è più tra noi.

Irons trova interessante cercare di capire qual è il rapporto che si sviluppa tra la coppia protagonista, un legame che si crea solo virtualmente: le due persone sono distanti e non vicine, come è già accaduto storicamente innumerevoli volte; oggi è più facile, ma le persone si conoscono prima in rete e poi si incontrano. Nel film, accade il contrario, cioè due persone si conoscono per poi “perdersi”.

Quando è stato girato il film, Irons conosceva già Olga, cercando comunque- nonostante la mancanza di scene in comune-di poter creare un background di una storia tra i due. Certo, la cosa che lo preoccupa della tecnologia è la velocità, tutto avviene in modo talmente rapido, mentre quando si scriveva una lettera c’era una procedura, un rituale lento e malinconico, che rendeva reale la possibilità di instaurare una comunicazione emotiva, una vicinanza impossibile dietro uno schermo. Il tempo che si impiegava per scrivere una lettera, rileggerla, leccarla, chiuderla ed imbucarla permetteva di riflettere e prendere tempo.

E per quanto riguarda l’amore, esso è immortale?

Secondo Irons l’amore è immortale, se letto da un punto di vista di puro spirito: ma l’amore è mortale, come noi, come gli umani coinvolti; l’amore rimane, il suo spirito resta ma tutto è destinato a passare inesorabilmente. Tutte le persone che Irons ha amato rimangono nel suo io più recondito, sia per quanto riguarda quelle che se ne sono andate, sia quelle che sono rimaste. Rimangono e non scompaiono mai definitivamente.

Cos’è l’amore? È una forma di comunicazione più che di arte. E l’arte è una forma di comunicazione e di amore tra lo spirito di chi l’ha creata e lo spettatore. Dipende da cosa si riesce a comunicare. L’amore è simile alla comunicazione perché ci deve essere qualcuno pronto a donare e qualcun altro disposto a ricevere: non sempre è così, ma è la magia della vita, essere sempre disponibili nei confronti delle possibilità dell’universo.

A proposito di tecnologia: come si è sentito a dover registrare i videomessaggi prima dell’inizio delle riprese? Ammette di aver provato un senso di solitudine, dovendo ricreare con la sua immaginazione quello che era il rapporto con Amy: ed è ciò che tecnicamente avviene ad ogni film, immergendosi in una realtà “altra” e simulando che essa sia reale. Ha desiderato in più di un momento di averla lì con lui, per instaurare una vera comunicazione fatta di compresenza fisica e reciproco scambio tra attori.

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