Antonio Monda,
nuovo direttore artistico della Festa di Roma 2015, ha affidato
alla sua pagina Facebook la presentazione del
catalogo di film selezionati per l’evento che si terrà dal 16 al 24
ottobre 2015 all’Auditorium Parco della Musica di Roma.
Ecco le sue parole:
Negli ultimi anni, in ogni parte
del mondo, si è assistito ad un aumento incontrollato di festival
cinematografici, che si sono sovrapposti, a volte in maniera
irragionevole e inappropriata, a quelli con una storia consolidata
e gloriosa. Ce ne sono di ogni tipo e qualità, e nel momento in cui
sono stato chiamato ad assumere il ruolo di direttore artistico
dell’evento che si terrà a Roma dal 16 al 24 ottobre, mi sono
immediatamente detto che non avrei contribuito a rafforzare questa
tendenza, che ritengo sterile e nociva. La mia prima decisione è stata
quella di trasformare il Festival in Festa, come peraltro era stata
concepita quando fu fondata, dieci anni fa. Può apparire un gioco
formale e lessicale, ma in realtà si tratta di una differenza
sostanziale: intendo la Festa non solo come un momento di gioia e
aggregazione, ma soprattutto di celebrazione del
cinema.
Credo che questa decisione
rappresenti anche una prima risposta all’osservazione rivolta
ripetutamente ai miei predecessori: quella di aver costruito una
rassegna senza un’identità. Devo ammettere di non aver mai compreso
cosa intendesse esattamente questa annotazione negativa, e mi
auguro che quanto ho avviato stemperi eventuali argomentazioni
pretestuose e giudizi relativi al passato. Ho deciso quindi di cancellare
il concorso, le giurie, le cerimonie di apertura e chiusura: si
tratta di rituali che ritengo ingessati e impropri rispetto a
quello che ho in mente. Per lo stesso motivo ho deciso di annullare
i premi, con l’eccezione di quello del pubblico, tenuto in vita
proprio per sottolineare l’elemento di condivisione popolare: nella
Festa che ho l’onore di dirigere, ogni film ed ogni ospite è un
vincitore nel momento in cui che viene invitato. Un altro elemento che
caratterizza i festival, e rispetto al quale ho voluto dare un
segno forte di discontinuità, è quello delle anteprime. Sono felice
e orgoglioso di poter dire che la Festa avrà una maggioranza
assoluta di anteprime europee e mondiali, ma presenterà anche
alcune anteprime italiane.
Ritengo assurdo e persino ridicolo
che il pubblico che affollerà la Festa di Roma debba essere privato
della possibilità di vedere un film solo perché è stato proiettato
in precedenza a New York o a Parigi. Non credo che la qualità di un
evento si misuri dall’essere riuscito a strappare una pellicola ad
una rassegna rivale, o dall’anticiparne la programmazione di
qualche giorno, ma dal grado di emozione e condivisione che i film
riescono a generare tra il pubblico.
Sono orgoglioso di aver operato una piccola rivoluzione, stabilendo
un’alleanza con un Festival prestigioso come quello di Londra: nel
momento in cui ci siamo resi conto con la direttrice Clare Stewart
che in più di un’occasione avevamo adocchiato gli stessi titoli,
abbiamo deciso di condividere gli inviti, alternando le date delle
anteprime dei film nelle rispettive città. Nel ringraziare Clare
per la collaborazione e la lungimiranza, credo di poter affermare
che siamo riusciti a dare un segno importante, stabilendo un
rapporto curatoriale sano: i beneficiari di questa nostra scelta
saranno gli spettatori di Roma e Londra, che potranno vedere film
altrimenti negati dalla logica miope, arrogante ed egoista
dell’anteprima.
Ho avuto il privilegio di lavorare
con un gruppo di selezionatori di eccellenza, che non potrò mai
ringraziare abbastanza per dedizione e competenza: Alessia Palanti,
appassionata e sferzante; Giovanna Fulvi, saggia e acuta; Francesco
Zippel, energetico ed entusiasta; Alberto Crespi, profondo e
ironico; Mario Sesti, che del gruppo è stato il coordinatore ed ha
portato la sua preziosa esperienza di ex-direttore della sezione
Extra e poi di Taormina, e Richard Pena, che ha accettato questo
lavoro di consulenza dopo aver diretto per venticinque anni il New
York Film Festival: ricordo questi elementi e queste
caratteristiche personali per sottolineare lo spirito collegiale e
di autentica collaborazione che ha animato il nostro lavoro.
Abbiamo ovviamente gusti, formazioni e predilezioni diverse, ma
siamo accomunati dall’amore per il cinema di qualità: voglio
rivelare che sono stati pochissimi i film sui quali non ci sia
stato un parere pressochè unanime. Proprio per segnare la
differenza del nostro sguardo, che si è rivelata una grande fonte
di arricchimento, ho chiesto ad ognuno di scegliere un film
prediletto del passato, che sarà presentato nell’ambito della
Festa: si tratta di un ulteriore segno di condivisione.
Al gruppo dei selezionatori va
affiancata la squadra dell’Ufficio Cinema: Sara Colautti, Marta
Giovannini, Jacopo Mosca, Simona Patrizi e Alessandra Fontemaggi,
che ha diretto la struttura e spesso ha lavorato intere nottate per
rendere possibile la realizzazione del programma. A lei voglio
esprimere pubblicamente un grazie particolare, per l’umiltà con cui
sceglie ripetutamente di non apparire quando meriterebbe invece di
essere al centro di un risultato positivo. All’inizio del nostro lavoro
mi sono limitato a dare ad ognuno dei selezionatori un’indicazione,
sulla quale ci siamo intesi immediatamente, e che si riassume in
tre parole: discontinuità, varietà e qualità.
La ricerca della qualità ci ha
costretto a pronunciare dei “no” dolorosi e a volte inaspettati, ma
credo di poter dire a nome di tutti di essere estremamente
soddisfatto di aver tenuto alta l’asticella. La Festa che abbiamo
organizzato è inclusiva per il pubblico, ma esclusiva per gli
invitati nella lista finale dei 37 film della selezione ufficiale.
Sono molti i titoli di cui siamo sinceramente entusiasti: alcuni
dei registi sono estremamente affermati e di culto, ma ad essi se
ne affiancano altri, più giovani o ancora poco conosciuti,
destinati ad un sicuro avvenire. Ritengo che la mescolanza tra
celebrazione e scoperta rappresenti uno degli scopi principali
della Festa.
Sono felice di aggiungere che nessuno dei selezionatori ha mai
avuto la tentazione di suggerire un film per l’opportunità di
conquistare qualche pagina di giornale grazie da un tema
pruriginoso, o per la presenza di una star: non esiste un brutto
film che trovi redenzione con un bel red carpet o per un articolo
che parli del tema affrontato. È uno dei segni con cui ho voluto
caratterizzare la Festa: troppo spesso, ultimamente, si sono
confusi festival, rassegne e persino premi planetari con sfilate di
moda. Lo dico con il massimo rispetto per chi lavora in quel
settore, ma si tratta di cose estremamente diverse, e il mio
intento è contribuire a riportare il cinema alla sua autentica
essenza: la condivisione, all’interno di uno spazio buio, di
un’emozione generata da una narrazione sul grande schermo. Il
successo della Festa sarà misurato da quell’emozione condivisa, non
altro.
Per quanto riguarda la varietà, il sottoscritto, come tutti coloro
che hanno lavorato alla selezione, crede fermamente nei “generi”, e
ritiene che non ce ne siano di più o meno nobili: esistono
semplicemente film belli e film brutti. Chi parteciperà alla Festa
potrà immediatamente accorgersi dei frutti di questa impostazione:
negli otto giorni di programmazione saranno presentati musical,
documentari, thriller, melodrammi, commedie, animazioni, film
d’azione che a volte sconfinano nel sovrannaturale, serie
televisive e opere di ricerca personale. Chi mi conosce sa quanto
sia refrattario alla schiavitù politicamente corretta delle quote,
ma sono felice di affermare che la varietà dei generi sarà
amplificata ulteriormente dalla differenza di proposte culturali:
le nostre proposte provengono da ogni parte del mondo ed offrono un
affresco ricco e affascinante su come sta evolvendo, in questo
momento, il cinema mondiale.
Riguardo alla discontinuità,
determinante per rendere possibile la rinascita della Festa, credo
che oltre agli esempi già fatti sia esemplare il disegno che ho
voluto dare alla struttura della Festa, divisa in tre fasce: i 37
film della selezione ufficiale; le retrospettive, ed una serie di
incontri, ai quali vanno aggiunti gli omaggi a grandi maestri del
cinema contemporaneo e del passato. Le retrospettive, che saranno
curate da Mario Sesti, offrono un altro segno di varietà: un grande
autore italiano troppo spesso dimenticato come Antonio Pietrangeli,
un cineasta tra i più significativi dell’attuale panorama
internazionale come Pablo Larrain, e la Pixar, che ritengo una
delle realtà più importanti e rivoluzionarie degli ultimi anni.
La retrospettiva
dedicata ad Antonio Pietrangeli e gli omaggi ai maestri si
avvalgono della collaborazione con Luce Cinecittà e la Cineteca
Nazionale: voglio esprimere per questo la mia gratitudine a Roberto
Cicutto ed Emiliano Morreale per aver compreso come l’arte e la
cultura in generale abbiano un fondamentale bisogno di essere
industria e sistema.
Un ennesimo segno di discontinuità
con il passato è offerto dalla diffusione degli eventi nella città:
oltre all’Auditorium, che rimane il centro della Festa, ci saranno
proiezioni organizzati all’interno di alcune tra le più prestigiose
istituzioni della città, a cominciare dal Maxxi e la Casa del
Cinema. È il momento di ringraziare Giovanna Melandri e Giorgio
Gosetti, ricordando parallelamente che alcuni eventi verranno
organizzati in aree finora inedite, come ad esempio il Pigneto: si
tratta di un altro modo di ribadire l’idea di condivisione che è
alla base della filosofia della Festa.
Ritengo che uno dei segni più
importanti di discontinuità sia offerto dagli incontri, che ho
voluto chiamare ravvicinati, in omaggio ad un regista che amo
profondamente e che spero in futuro di poter celebrare. Ogni sera,
nelle sale dell’Auditorium, saliranno sul palcoscenico alcune
grandi personalità dell’arte, dello spettacolo e della cultura che
racconteranno come il cinema ha influenzato la loro vita, e, in
alcuni casi, parleranno del loro amore per il cinema italiano. È il
caso, ad esempio, di due artisti che si esprimono in campi
differenti quali Wes Anderson e Donna Tartt. Credo fermamente nel
dialogo tra le diverse forme espressive, e penso che nel caso di
arte autentica, i linguaggi differenti rappresentino un modo di
intuire l’universale nel particolare, l’assoluto nel dettaglio. E,
per dare un ennesimo segno di discontinuità, ho deciso di affidare
la scelta di una riscoperta anche ad uno dei nostri ospiti:
quest’anno è stata proprio la Tartt che ha scelto un documentario
rarissimo straordinario, intitolato “Holy Ghost People.”
Abbiamo inoltre deciso di
sostituire la classica sigla che precede i film con una serie di
sequenze di scene di festa tratte da pellicole celebri: è un altro
nostro modo di sottolineare la nostra concezione dell’evento e il
nostro amore per il cinema. Infine abbiamo voluto firmare
l’immagine della Festa e il catalogo che state leggendo con una
foto di
Virna Lisi, una magnifica attrice che è
riuscita ad essere nello stesso tempo profondamente italiana, anzi
romana, e internazionale: credo che anche questo offra un segno di
cosa voglia essere la Festa.
Sarebbe ipocrita nascondere le
difficoltà nei sette mesi passati dal giorno della mia nomina, a
cominciare dalla contrazione dei giorni di programmazione (nove
anziché dieci), un budget decisamente ristretto rispetto agli anni
precedenti, e la mancata disponibilità della Santa Cecilia, la più
grande delle sale dell’Auditorium, che comporterà un’inevitabile
flessione del numero di spettatori. Ma sarebbe grave non apprezzare
l’opportunità che mi è stata offerta, pur nella difficoltà: da
molto tempo ho fatto mia la definizione di Winston Churchill, il
quale spiegava che la differenza tra un pessimista ed un ottimista
è che il primo vede difficoltà in ogni opportunità e il secondo
opportunità in ogni difficoltà. Voglio essere, anzi sono ottimista
e mi riconosco interamente nel lavoro realizzato: non c’è film o
evento del quale non sia convinto ed orgoglioso. Lotterò perché
l’anno prossimo queste problematiche scompaiano, ma credo che
queste difficoltà ci abbiano spronato a dare il meglio di
noi.
Nel ringraziare gli sponsor, generosi e illuminati, l’intero staff
della Fondazione Cinema per Roma (siete tanti, ma vi abbraccio ad
uno ad uno, a cominciare da Valeria Allegritti), e tutti coloro che
hanno riposto fiducia nel mio lavoro, voglio esprimere il mio
affetto e la mia gratitudine a Piera Detassis, che si è dimostrata
serena e affettuosa nei momenti più difficili, e a Lucio Argano e
Francesca Via, i quali non mi hanno mai fatto mancare il loro
appoggio.
Scrivo queste note a New York, la splendida metropoli nella quale
vivo da ventidue anni. Uno dei tanti privilegi della mia nomina a
direttore artistico è rappresentata dall’opportunità di passare
nuovamente molti mesi a Roma, la città nella quale sono cresciuto:
è di gran lunga la più bella del mondo, e non esiste luogo che
abbia una storia ugualmente ricca e gloriosa. Auspico che in questo
periodo complesso la Festa rappresenti un momento di gioia,
eleganza, condivisione e ulteriore arricchimento.
Come augurio voglio salutarvi scegliere le parole conclusive da
Marcello Mastroianni in “8 ½”. Dopo un momento di crisi, riscopre
la felicità e l’incanto e dice: “è una festa la vita, viviamola
insieme.”
Antonio Monda