La Vendome Pictures ha dichiarato che
Morten Tyldum (Headhunters) dirigerà What Happened to Monday?: per
il
Richard Jenkins in A.C.O.D.
Tom Wilkinson sarà Latham Cole in Lone Ranger
Capodanno a New York – Trailer Italiano
Il trailer italiano del film “Capodanno a New
York (New Year’s Eve)” di Garry Marshall,
con Abigail
Breslin, Ashton
Kutcher, Halle
Berry, Hilary
Swank, Jessica
Biel, Katherine
Heigl, Lea Michele,
Michelle
Pfeiffer, Robert
De Niro, Sarah
Jessica Parker, Sienna Miller, Sofía Vergara, Zac Efron
Frankenstein Junior: il film cult di Mel Brooks
Frankenstein Junior è il film culto del 1974 di Mel Brooks con protagonisti nel cast Gene Wilder (Dottor Frederick Frankenstein), Marty Feldman (Igor), Peter Boyle (la creatura), Madeline Kahn (Elizabeth), Cloris Leachman (Frau Blücher), Teri Garr (Inga).
La trama di Frankenstein Junior
Brooks ambienta la sua storia nel 1900, a New York, dove un giovane neurochirurgo, il Dottor Frederick Frankenstein sto sostenendo con vigore, durante una lezione universitaria, che il sistema nervoso centrale non può essere riparato. Il Dottor enuncia con maggior enfasi questa tesi soprattutto per allontanare le nubi di vergogna che gravano sul suo nome; egli è infatti il nipote del famoso Barone Viktor von Frankenstein, conosciuto per i suoi esperimenti che rasentavano la necrofilia.
Così il giovane medico ha cambiato la pronuncia del suo nome in Frankenstin e cerca in ogni modo di distanziarsi dalla mediocre reputazione del nonno. Un giorno però gli viene consegnato il testamento del Barone, che lo dichiara suo unico erede e lo spinge malvolentieri ad un viaggio in Romania, per regolare le questioni burocratiche relative ai possedimenti e al castello del nonno. Nel uso viaggio incontra Inga, la sua procace assistente, Igor -un maiuscolo Marty Feldman- aiutante e nipote anche lui del famoso Igor aiutante del Barone e Frau Blücher, misteriosa domestica che si rivelerà ben più di una semplice cameriera. Frederick troverà ben presto la sua strada e scoprirà segreti e possibilità che non aveva osato immaginare.
Frankenstein Junior, il film
Facendo il verso al
Frankenstein di James
Whale del 1931 e al suo seguito La moglie di
Frankenstein, il genio di Mel Brooks
ha portato sullo schermo Frankenstein Junior, uno dei suoi film di
maggiore successo e senza dubbio una pietra miliare del cinema
mondiale con un enorme successo di critica e
pubblico.
Mel Brooks in Frankenstein Junior, rivede e corregge il romanzo di Mary Shelley, sfruttando la grande popolarità del film su di esso basato diretto da Whale, riprendendone lo stile e modificandone le situazioni rilette in chiave più che comica.
Frankenstein Junior è interamente girato in bianco e nero, lo stile di ripresa, le dissolvenze che ci portano da un luogo all’altro e i tagli di scena sono ripresi dal cinema dei primi anni ’30 e addirittura alcuni oggetti di scena usati da Whale sono stati riproposti da Brooks nella stessa posizione del film originale. L’intento del regista è quindi palesemente quello di omaggiare il classico dell’horror, pur sbeffeggiandone i personaggi e realizzando caricature efficaci ed esilaranti dei personaggi principali.
Molteplici sono le battute divenute leggendarie, dalla più famosa <<Si può fare!>> a quella eccezionale di Igor <<Potrebbe andare peggio, potrebbe piovere… (e giù il diluvio)>>. Poche sono le pellicole che entrano così tanto nel DNA dei cinefili da costituire parte integrante del loro linguaggio quotidiano.
Frankenstein Junior è riuscito proprio a far questo: penetrare nella memoria comune con una colonna sonora disturbante, una messa in scena perfettamente fedele ai canoni estetici del cinema horror degli anni ’30, un sonoro (letteralmente) da Oscar e un cast perfettamente assortito e calato in maniera addirittura seriosa nel ruolo. Ed è qui che nasce la comicità più pura, ovvero nel contrasto vivace tra la considerazione di sé che ha il personaggio e la considerazione che lo spettatore ha pian piano del personaggio stesso. Gene Wilder in stato di grazia è un magnifico professor Frankenstein che, in un percorso di formazione, prende coscienza delle proprie capacità, del proprio destino e addirittura dei veri desideri del suo cuore.
Parallelamente a lui c’è Peter Boyle, che interpreta la creatura, il mostro reietto che spaventa la società, pur dimostrando chiaramente il suo terrore per ciò che lo circonda, per il fuoco addirittura. Con lui Frederick instaura un rapporto paterno ed entrambi troveranno sostegno reciproco davanti alle avversità del finale. Infine l’uno salverà l’atro, ricevendo in dono un ‘grande’ beneficio per la sua vita…coniugale.
Un sotteso senso di mistero si mescola alla battuta di spirito, con un risultato che conduce ad una delle migliori commedie di sempre, realizzata con grande bravura da parte degli attori, ma soprattutto che porta la firma geniale e la battuta fulminante della grande stella Brooks.
Le Idi di Marzo: Clooney porta al cinema il cinismo della politica
Il prossimo 16 di
dicembre uscirà nelle sale cinematografiche italiane il nuovo film
diretto da George Clooney, Le idi di marzo, quarto lavoro
alla regia dell’attore statunitense che del film è anche interprete
co-protagonista. Le idi di marzo è un emozionante quanto
amaro thriller politico ambientato in Ohio durante le
primarie del Partito Democratico. Mike Morris (George Clooney) è il
candidato sfidante e meno accreditato ma che conquista
progressivamente consensi grazie alla sua idealista e onesta
interpretazione dei valori costituzionali.
Enter the Void: recensione del film di Gaspar Noé
La vicenda messa in scena da Gaspar Noé in Enter the Void si snoda tra gli appartamenti fatiscenti e i night club di una Tokyo dai colori contemporaneamente oscuri ed accecanti e ha come obiettivo “dichiarato” (durante uno dei dialoghi iniziali) quello di mettere in scena il contenuto del libro The Tibetan Book of the Dead, un testo che parla del viaggio che compie l’anima dopo la morte.
In Enter the Void Oscar (Nathaniel Brown) è uno spacciatore, sua sorella Linda (Paz de la Huerta) una spogliarellista. I due sono orfani e vivono insieme in un piccolo appartamento di Tokyo cercando di tenere fede ad un patto di sangue fatto quando erano ancora bambini: quello di non separarsi mai. Una sera il ragazzo, entrato in un locale per vendere della droga ad un conoscente, è vittima di una “soffiata” e rimane ucciso nel tentativo di sfuggire alla polizia. Tuttavia la sua anima, per mantenere la promessa fatta alla sorellina, si staccherà dal suo corpo, ma non abbandonerà il mondo dei vivi. Oscar, da questo momento, non avrà più consistenza corporea e sarà un semplice spettatore degli eventi. Egli, infatti, potrà solo rivedere -attraverso una lunga serie di flashback- il suo passato ed assistere impotente -fluttuando sopra e attraverso la città di Tokyo- al “presente” di Linda e dei suoi amici.
Il film di Noé, lungi dall’essere un prodotto comune, colpisce soprattutto per le scelte “di rottura” compiute dal regista: già a partire dai titoli di testa, infatti, lo spettatore si trova di fronte ad un’esperienza visiva talmente forte da risultare, a tratti, addirittura fastidiosa. Le scritte iniziali, lanciate ad una velocità/luminosità folle, lasciano subito lo spazio ad una serie di inquadrature girate quasi esclusivamente in soggettiva: il pubblico vede con gli occhi di Oscar dai primi minuti fino alla fine del film.
Enter the Void, in questo senso, è divisa in tre sezioni ben distinguibili. Durante la prima parte Oscar è ancora vivo e la soggettiva è resa in modo così realistico che lo spettatore non solo vede attraverso lo sguardo del protagonista, ma partecipa alle sue visioni allucinatorie e addirittura percepisce i suoi battiti di ciglia. Nella seconda sezione del film, invece, sono messi in scena i ricordi di Oscar e il ragazzo, nonostante sia fisicamente presente, è sempre ripreso di spalle. Infine, nell’ultima parte, quella che mostra ciò che vede l’anima del protagonista, la soggettiva si concretizza in una serie di immagini in continuo movimento: l’occhio di Oscar -che vede ma non è visto- sorpassa i muri, si avvicina ai corpi, distorce le profondità.
Nonostante le scelte coraggiose del regista facciano di Enter The Void un film sicuramente interessante, la durata esagerata (143’), la mancanza di una vera storia e l’impressione che Noé esageri con la creazione di un universo onirico -con l’uso di colori, effetti speciali e movimenti di macchina non sempre “giustificati” dalla storia- rendono la fruizione a tratti difficoltosa. L’impressione è che le ultime due ore di film non riescano a reggere il confronto con la prima mezz’ora e che il “trip dell’anima di Oscar”, con lo scorrere dei minuti, diventi sempre meno interessante. D’altra parte, però, si esce dalla sala con una sensazione duplice: l’affaticamento retinico, infatti, si accompagna alla consapevolezza di aver avuto -grazie soprattutto alla bravura di un regista che ha osato sperimentare- un’esperienza visiva fuori dall’ordinario. Letteralmente un film “da vedere”.
Jolie e Besson: finalmente insieme?
Sebbene solitamente si dedichi a film particolarmente adrenalici e di azione, Luc Besson è sempre riusicto ad attrarre l’attenzione di attori rinomati per interpretare i ruoli di primo piano delle sue opere: recenti sono le indiscrezioni secondo cui al suo prossimo progetto dovrebbe partecipare Angelina Jolie. Del film attualmente si sa veramente poco, non è noto nemmeno il titolo, sebbene dovrebbe essere un thriller ad ampio respiro che prenderà le mosse da elementi scientifici reali. Besson avrebbe già terminato di scrivere la sceneggiatura e si preparebbe a dirigerlo dopo aver terminato i vari tour di presentazione di The Lady, biopic sulla politica e attivista birmana Aung San Suu Kyi.
La Jolie dal canto suo è impegnata nel suo primo progetto come sceneggiatrice e regista, In The Land Of Blood And Honey, ambientato durante la guerra in Bosnia; altri progetti che la vedono coinvolta sono il colossal Cleopatra, il fantasy Mealeficent e il film sulla vita dell’archeologa e spia britannica Gertrude Bell; tuttavia, sembra che nel caso che l’accordo per il film di Besson verrà effettivamente raggiunto, la Jolie darà al progetto la priorità.
Fonte: Empire
Il produttore del Signore degli Anelli alle prese con Philip K. Dick
Gli amanti della fantascienza ‘distopica’ di Philip K. Dick sono attesi nei prossimi mesi da un’autentica valanga di produzioni: imminente il remake di Total Recall; Ridley Scott è al lavoro su un progetto legato a Blade Runner; la BBC sta realizzando The Man In The High Castle (conosciuto in Italia come La svastica sul sole); la Disney è alle prese con la trasposizione di King of th Elves e, soprattutto, Michel Gondry sta lavorando a Ubik. In aggiunta a questa già nutrita serie di progetti, ecco giungere la notizia della collaborazone tra la figlia di Dick, Isa Dick Hackett e il produttore del Signore degli Anelli, Barrie M. Osborne che si stanno mettendo all’opera sul romanzo del 1966 intitolato Now Wait For Last Year.
Protagonista della storia un medico specializzato in trapianti, Eric Sweetscent, che viene coinvolto nei rapporti di politica interstellare tra la Terra e gli abitanti del pianeta Lilistar, in guerra con un’altra cività aliena, i Reegs. La Terra inizialmente sostiene Lilistar, ma ben presto si capisce di essersi collocati dalla parte sbagliata. Nel romanzo si fa la conoscenza della moglie di Sweetscent, che pò viaggiare nel tempo ma è dipendente da una droga allucinogena e usata da Lilistar per spiare il marito, e del personaggio di The Mole assorbe le malattie di coloro cui si trova vicino, potendole gestire, dato che è immortale. Il tipico romanzo di Dick, la cui trasposizione in questo caso sembra essere particolarmente promettente, dato che la figlia Isa solitamente comincia a lavorare ai progetti tratti dall’opera paterna anche prima che questi vengano poi scelti da un studio per la realizzazione. Il semisconosciuto Ted Kupper sio sta occupando della sceneggiatore. Al momento si è alla ricerca di un regista; le riprese dovrebbero cominciare a fine 2012.
Fonte: Empire
Thor 2: Patty Jenkins non sarà la regista
Brusca frenata per il sequel di Thor: le nuove avventure del dio norvegese sceso sulla Terra non saranno dirette da Patty Jenkins: la notizia arriva come un fulmine a ciel sereno: dopo vari rumours – per la direzione del film era stato anche fatto il nome di Brian Kirk (Game of Thrones) – l’accordo con la regista di Monster sembrava ormai cosa fatta. Ecco invece la repentina retromarcia: alla base del dietro front della Jenkins vi sarabbero le canoniche ‘divergenze creative’; la regista potrebbe comunque dirigere un altro film ispirato ai supereroi Marvel, ma non un sequel.
I tempi per la ricerca di un nuovo regista non sono larghissimi, visto che i contratti firmati con Marvel e Disney hanno già fissato l’uscita del film per il novembre 2013: si pensa che a questo punto ci si possa rivolgere ad uno dei nomi già fatti in passato, trai quali Drew Goddard, James McTeigue e Breck Eisner Chris Hemsworth tornerà a vestire i panni del dio del tuono, mentre della partita dovrebbero tornare a fare parte anche Anthony Hopkins e Natalie Portman; nulla è dato di sapere sul ritorno del personaggio di Loki (nel primo film efficacemente interpretato da Tom Hiddleston), per sapere le cui sorti dovremo prima vedere il film dei Vendicatori, dove avrà il ruolo di ‘cattivo’ della situazione.
Fonte: Empire
Arthur e la Guerra dei due Mondi – Trailer italiano
Dal 23 dicembre 2011 al
cinema – Il malvagio Maltazard è riuscito a sfruttare il potere del
raggio di luna per raggiungere il nostro mondo: ora è alto due
metri e dieci, cammina fra di noi e il suo obiettivo è distruggere
la Terra. Solo Arthur e i suoi amici Sélénia e Bétamèche, tutti e
tre in versione Minimei, potranno impedirglielo. Quest’anno a
Natale fantastiche avventure, risate ed incontri emozionanti
attendono i più piccini nel magico buio della sala!
The Artist: recensione del film di Michel Hazanavicius
Arriva finalmente al cinema The Artist diretto da Michel Hazanavicius con protagonisti Jean Dujardin e Berenice Bejo. In The Artist Hollywood, 1927. George Valentin (Jean Dujardin) è una stella del cinema muto all’apice della sua folgorante carriera. Peppy Miller (Berenice Bejo) è una giovane ed umile comparsa che cerca di sfondare nel mondo del cinema uscendo così dall’anonimato.
Un giorno, sul set del suo ultimo film, George noterà incuriosito la giovane attricetta rimanendone colpito e affascinato, lei non può che sognare ad occhi aperti l’amore impossibile con quella grande celebrità inarrivabile. Ma il cinema muto ha ormai i giorni contati, la sua fine è imminente. Il sonoro è alle porte e con esso i produttori di Hollywood cercano volti nuovi, nuovi protagonisti da dare in pasto al pubblico; Geroge Valentin all’improvviso diventa un attore superato. Al contrario con la sua giovinezza, la sua spontaneità e la sua freschezza Peppy si fa largo nel nuovo cinema emergente sino a diventarne una star acclamata e dalla popolarità incredibile.
The Artist, il film di Michel Hazanavicius
Valentin, ostinatamente
contrario al nuovo genere cinematografico, viene messo alla porta
dal cinico produttore Al Zimmer (John
Goodman), così tenterà audacemente di autoprodurre un
film muto di cui è egli stesso protagonista. Sarà un fallimento
clamoroso. Rovinato, Valentin perde villa, soldi, fama oltre alla
gelida ed infelice moglie Doris (Penelope Ann
Miller) ed inizierà così per lui un declino
irreversibile fatto di bottiglie di whisky e disperata solitudine.
Peppy, apprese le condizioni di George, ancora legata a lui da un
profondo affetto, tenterà in ogni modo di salvarlo da una fine
tragica ed inevitabile; dovrà scontrarsi suo malgrado con la vanità
e l’orgoglio della stella decaduta.
The Artist è un film di Michel Hazanavicius che uscirà nelle sale italiane il prossimo 9 dicembre. Il clamore e l’attesa che ruotano attorno a questo film derivano dal fatto che Hazanavicius propone al pubblico un progetto insolito, controcorrente e indubbiamente audace. Infatti The Artist è un melodramma in bianco e nero e … muto. Nell’epoca del 3D e delle tecnologie digitali, ripresentare un film in stile anni ’20 è quantomeno coraggioso, per certi aspetti quasi rivoluzionario. Da anni il regista francese meditava di girare un film simile e quando ha trovato la complicità dell’eccentrico produttore Thomas Langmann ha potuto dare vita al suo utopistico progetto. Il risultato di un anno e mezzo di lavoro e 32 frenetiche giornate di riprese, è un melò vecchio stile in cui le bellissime musiche di Ludovic Bource, l’espressività eclettica dei due attori principali oltre che ad un complessissimo studio delle sequenze hanno dovuto sopperire ed ovviare alla mancanza di dialoghi.
The Artist è una commedia d’amore raccontata così come erano soliti fare i melodrammi sentimentali dei ruggenti anni ’20 e ’30 hollywoodiani, impacchettata in una splendida fotografia e guidata da musiche appositamente create per seguire e assecondare l’emotività richiesta dalle varie sequenze narrative.
Fondamentale la capacità degli attori di esprimere sensazioni, stati d’animo ed emozioni senza poter usufruire dei dialoghi; in particolare Jean Dujardin è straordinario nell’assolvere a questo delicatissimo compito mostrando un’ innata capacità espressiva sia nei primi piani che nei campi lunghi, grazie ad una mirabile padronanza del proprio linguaggio corporeo. E’ lui il grande protagonista del film su cui si regge tutta la trama narrativa anche se attorno al suo personaggio ruotano una serie di attori di grande spessore e bravura, dalla già citata Berenice Bejo ad altri interpreti importanti come Penelope Ann Miller, John Goodman, Malcolm Mc Dowell e James Cromwell.
E’ evidente come Michel Hazanavicius prenda spunto da grandi capolavori del genere a cui si è apertamente ispirato; da Murnau a John Ford, da King Vidor a Erich Von Stronheim. La trama del film ricorda in qualche modo Viale del tramonto di Wilder e, per ammissione stessa del regista, il personaggio di Gloria Swanson ha indubbiamente ispirato i contorni caratteriali di George Valentin. The Artist, ovviamente, non si limita ad essere un semplice melodramma, il pubblico odierno ha necessità più ampie; il regista affronta con acume il tema del rapporto tra muto e sonoro, affidandosi a vari ammiccamenti tecnici che illustrano efficacemente il dramma di un uomo prigioniero del silenzio e al contempo terrorizzato dal sonoro.
The Artist ha indubbiamente il merito di riproporre con efficacia ed eleganza un modo ormai dimenticato di fare e vedere cinema. La mancanza di dialoghi costringe lo spettatore a porre la propria attenzione su altri aspetti e componenti narrativi come la musica, le immagini, l’espressività degli attori. Un film che stimola le capacità critiche dello spettatore, che lo sfida in qualcosa di diverso, su un campo di gioco “antico” ma al contempo nuovo e rivoluzionario per i codici espressivi moderni. Il poter avere questa possibilità, accettare questa affascinante sfida, è già di per se un valido motivo per andare al cinema a guardare questo film diverso che pur senza parole può e sa dirci tantissimo.
This must be the place non concorrerà agli Oscar 2012!
A quanto pare This Must Be the Place deve rinunciare alla corsa agli
Oscar di quest’anno. Infatti, pare che la la Weinstein Company, non
distribuirà più il film entro Dicembre.
Noomi Rapace parla di Prometheus!
L’attrice svedese in ascesa ad Hollywood Noomi Rapace, recentemente premiata al Festival Internazionale del Film di Roma, ha spiegato espresso delle considerazioni sul personaggio interpretato in Prometheus, attesissimo film di Ridley Scott, nato da una costola del prequel di Alien e sceneggiato da Damon Lindelof, A riportare le impressioni dell’attrice ci ha pensato Collider.
E’ davvero folle. Un paio di settimane fa mi trovavo a Londra per registrare alcune sessioni di doppiaggio aggiuntivo del film: era fantastico. Mi ricordo quando ho messo piede sui set, sono rimasta letteralmente sconvolta, senza fiato grazie a quello che hanno creato. Non avevamo green screen. Penso che l’avremmo utilizzato solo un paio di volte. Hanno costruito ogni cosa. Un’autentica magia. Era sbalorditivo. L’aspetto fantastico di Ridley Scott è il suo essere un artista capace di architettare queste riprese maestose, sorprendenti, riuscendo ad essere, allo stesso tempo, brutalmente bello. Non vedo l’ora di vederlo.
Il mio personaggio è il cuore pulsante del film. Viene seguita in tutti i suoi cambiamenti. All’inizio è una credente, che ha fiducia in Dio e nella fede. E’ una scientista e un’archeologa. Ha una missione ed è piena di speranza. Poi a metà film accade qualcosa e si trasforma in una guerriera. E, alla fine, sarà una sorta di sopravvissuta. Quello fatto con Ridley e gli altri attori è stato un viaggio molto intenso e drammatico per me. Quando abbiamo finito le riprese in Islanda è stato come rimettere piede sulla Terra, dopo il tempo passato a bordo di questa astronave e questo pianeta alieno. Quando riguardo indietro alle cose che ho fatto e a quanto sono stata coinvolta, si tratta sempre di un processo affascinante, come se fossi stata occupata da qualcosa.
Vi ricordiamo che il cast del film Prometheus oltre a Noomi Rapace comprende anche Michael Fassbender, Charlize Theron, Idris Elba, Logan Marshall-Green, Sean Harris. L’uscita è prevista negli USA per l’8 Giugno 2012, mentre in Italia il 14 Settembre 2012.
Michael Bay vuole portare al cinema il suo Pain and Gain
Michael Bay non vuole più che la Paramount lo obblighi a realizzare un altro capitolo di Transformers, almeno non fino a quando non gli sarà permesso di portare a termine il suo progetto riguardante un film sul bodybuilding dal titolo Pain and Gain. Si dice che il film costi 20 milioni di dollari e che avrebbe i toni di una commedia nera. I probabili protagonisti sono gli attori Mark Wahlberg e Dwayne Johnson, che hanno già discusso con Bay ma che non hanno ancora accettato ufficialmente di partecipare al progetto.
Il film è basato su un articolo del 1999 pubblicato sul Miami New Times e seguirà le vicende di due bodybuilder che si fanno coinvolgere in un giro di estorsioni. La vicenda degenererà in un sequestro di persona. Gli sceneggiatori di Captain America, Christopher Markus e Stephen McFeely, che hanno scritto il film, ne hanno paragonato iltono a quello di Fargo dei fratelli Coen.
Fonte: worstpreviews.com
Departures
Il film si apre con l’immagine di Daigo (Motoki Masahiro), il protagonista, che guida nella nebbia. La sua voce fuoricampo racconta allo spettatore che egli, violoncellista di talento, ha lasciato Tokyo a causa dello scioglimento della sua orchestra ed è partito con la moglie Mika (Hirosue Ryoko) alla volta della sua città natale, Yamagata, per provare a dare nuovamente un senso alla sua vita.
Arrivato nel piccolo centro di campagna, Daigo, alla ricerca di un impiego, s’imbatte in un’offerta di lavoro che sembra avere a che fare con i viaggi e dopo essersi presentato al colloquio convinto di candidarsi per un posto come guida turistica, si ritrova assunto come tanatoesteta. L’idea di dover preparare i cadaveri -lavarli, vestirli, truccarli- prima della deposizione nella bara, all’inizio disgusta e spaventa il protagonista, che si vergogna a tal punto del suo lavoro da nasconderne la natura anche a sua moglie.
Quando però vede il suo principale e maestro, il signor Sasaki (Yamazaki Tsutomu), compiere il rito del nokanshi, un preciso susseguirsi di gesti in cui il cerimoniere e i parenti del defunto danno l’ultimo saluto alla salma, Daigo si accorge che il suo mestiere -lungi dall’essere quello del semplice becchino- gli piace proprio perché nasconde moltissima amorevolezza e cura. La vicinanza con la morte, inoltre, lo porta a dare più significato alla sua vita e gli permette di affrontare un passato familiare scomodo e doloroso.
Il violoncello, da questo punto di vista, è il secondo protagonista del film. Infatti, attraverso le note delle melodie imparate da bambino, Daigo fa riemergere i suoi ricordi: l’odio per il padre (un amante della musica fuggito di casa con un’altra donna e per questo mai perdonato) e il senso di colpa per aver abbandonato la madre nei suoi ultimi istanti. E sarà proprio il suo mestiere, così avversato in un primo momento, la risorsa che gli consentirà di trovare una sorta di pace interiore, un equilibrio tra passato e presente.
Il film di Yojiro Takita, vincitore del Grand Prix des Amériques al Montreal World Film Festival nel 2008 e del Premio Oscar come Miglior Film Straniero nel 2009, è una perfetta sintesi di opposti: comicità e tristezza, vita e morte convivono senza soluzione di continuità. La regia, infatti, sfronda tutti gli elementi di troppo e lascia che sia l’indugiare della macchina da presa -sui profili, sui volti, sulle espressioni- e la forza della colonna sonora di Joe Hisaishi (compositore già famoso per aver composto le musiche per diversi film di Takeshi Kitano e Hayao Miyazaki) a comunicare la profondità dei personaggi.
Departures è un film che, come suggerisce il titolo tradotto (il titolo originale è Okuribito e significa letteralmente “colui che accompagna”) racconta di “partenze” e di “ripartenze”: inizia con la partenza di Daigo alla ricerca di sé, si snoda attraverso la dipartita dalla vita della gente che il protagonista prepara prima della cremazione e finisce con una vita che sta per iniziare (una partenza se volessimo essere pedanti….).
E forse è proprio (e solo) a questo proposito che si potrebbe rimproverare qualcosa al film: una ricerca di circolarità tra vita e morte leggermente forzata nel finale e una sottolineatura del superamento del conflitto interiore di Daigo resa in modo palese e un po’ banale. Due nei che, tutto sommato, si riescono a percepire poiché emergono dal perfetto tessuto del film di Takita.
Uscite al cinema del 7, 9 e 12 dicembre 2011
1000 AE: forse nel cast Zoe Kravitz e Sophie Okonedo
The Hunger Games: James Newton Howard sostituisce Danny Elfman
New Year’s Eve: una valanga di clip
Il miglior film del 2011, per i Cahiers du cinema è Habemus Papam
Box Office USA del 5 Dicembre
Anche questa settimana, e per
la terza settimana consecutiva, la prima parte di Breaking
Dawn resiste al primo posto della classifica del box
office degli Stati Uniti, seguita, come la scorsa settimana dal
lungometraggio ispirato ai pupazzi Muppet, nella
situazione quindi identica a quella di una settimana fa, spicca la
più profonda differenza: il film sul matrimonio, e ciò che ne
consegue, di Bella ed Edward è ormai a quota 247 milioni di dollari
incassati, I muppet sono a un totale di 56.
Il film in 3d di Martin Scorse Hugo Cabret, che aveva esordito timidamente nella zona bassa della classifica la scorsa settiman, fa un balzo notevole in alto in questa: è in terza posizione con un incasso totale di 25 milioni, di cui sette aggiunti questa settimana.
In quarta posizione, una nuova uscita: il film di animazione di produzione inglese Arthur Christmas, realizzato nei famosi studi Aardman, incassa 25 milioni di dollari, 7 questa settimana.
A metà classifica c’è il secondo episodio dei pinguini di Happy feet Two, che arriva ad un totale di 52 milioni di dollari di incasso, mentre in sesta posizione resta la commedia con Adam Sandler Jack and Jill, con un incasso totale di 64 milioni di dollari.
Dopo due settimane passate a scaldare l’ultimo posto della classifica dei dieci film più visti negli Stati Uniti, il film di Alexander Payne, regista di Sideways ed ora di The descendants, un dramma familiare ambientato alle Hawaii con protagonista George Clooney, raggiunge finalmente zone più alte, incassando questa settimana un terzo del suo incasso totale che ora è di 18 milioni di dollari.
Immortals con un incasso settimanale di 4 milioni di dollari, che porta il suo totale a 75, resta in ottava posizione, mentre chiudono la classifica il film di rapina ad alto livello sullo stile Ocean’s eleven, ma diretto da Brett Ratner, Tower Heist in nona posizione con un incasso totale di quasi 71 milioni di dollari, mentre in decima posizione chiude la classifica Puss in boots, giunto alla sesta settimana di classifica e ad un incasso di 140 milioni di dollari.
La prossima settimana usciranno: il nuovo film del regista dell’acclamato Lasciami entrare, Tomas Alfredson, alla sua prima avventura in terra non scandinava con Tinker, Taylor, Soldier, Spy, la spy story che è stata ben accolta all’ultimo festival del cinema di Venezia; un nuovo film di Garry Marshall regista di commedie romantiche dalla fine inevitabilmente buona come Pretty princess e Pretty Woman, che realizza un film a tema per il periodo e che da noi sarebbe il titolo di un cinepanettone: New year’s eve, nel cast, l’inevitabile Sarah Jessica Parker, compresa nel pacchetto quando si gira un film a New York. Tra le altre uscite interessanti c’è la nuova commedia di Jason Reitman, che torna a collaborare con Diablo Cody dopo Juno, autrice della sceneggiatura di Young adult e infine esce anche il film diretto da Madonna e presentato anch’esso al festival del cinema di Venezia: W.E., sulla storia d’amore tra il principe Edward e Wallis Simpson.
Own Air.it piattaforma per la distribuzione digitale apre venerdì 9 Dicembre con Enter the Void!
Ufficiale, debutterà
venerdì 9 Dicembre, Own Air (www.ownair.it) prima piattaforma a
lanciare nel nostro Paese la distribuzione digitale dei film. Own
Air proporrà delle pellicole sia in esclusiva assoluta (che quindi
non si potranno vedere in sala), che in contemporanea sul grande
schermo. Fra i film anche alcuni dei più bei titoli degli ultimi
anni e i classici senza tempo. Le pellicole saranno disponibili per
il download ad un prezzo che andrà dai 2.99 ai 5.50 Euro.
Box Office ITA del 5 dicembre 2011
Ottimo esordio per Woody Allen con il suo Midnight in Paris, seguito dal buon debutto di Il giorno in più. Terzo posto per Anche se è amore non si vede.
Dopo il successo negli USA, Woody Allen ottiene il migliore primo week-end di sempre in Italia: Midnight in Paris esordisce infatti in prima posizione con ben 2,2 milioni di euro raccolti. La brillante commedia parigina potrebbe aspirare al tetto dei 10 milioni grazie a un passaparola incoraggiante.
Debutta in seconda posizione Il giorno in più: il film con la coppia Fabio Volo/Isabella Ragonese raccoglie 1,4 milioni nei primi tre giorni, un buon risultato in parte motivato dalla corsa nelle sale italiane da parte dei fans dell’omonimo romanzo di Volo.
Scende in terza posizione Anche se è amore non si vede: con 1,1 milioni raccolti alla seconda settimana, la commedia di Ficarra e Picone arriva a quota 4,3 milioni.
Inizia la parabola discendente di Breaking Dawn – Parte 1 dopo due settimane di dominio al box office italiano: il penultimo film tratto dalla saga di Stephenie Meyer retrocede al quarto posto con 743.000 euro, per 14,8 milioni complessivi.
Calo anche per Real Steel (673.000 euro) e Happy Feet 2 (607.000 euro), giunti rispettivamente a 2 milioni e 1,7 milioni totali.
1921 – Il mistero di Rookford apre in settima posizione con 437.000 euro, seguito da Tower Heist – colpo ad alto livello, arrivato a 1,1 milioni con altri 372.000 euro.
Il primo film natalizio che ha
aperto il mese corrente, Lo Sciaccianoci
3D, registra un esordio mediocre: solo 336.000 euro
raccolti in 200 sale e con il sovrapprezzo del biglietto.
Chiude la top10 Scialla!, giunto a 1,8
milioni con altri 218.000 euro.
Succhiami – Trailer Italiano
Dal 13 gennaio 2012
arriva al cinema la parodia sul mondo di Twilight – Era ora!!! Dopo
3 film e 5 anni di bacetti al chiaro di luna, Edward e Bella si
danno alla pazza gioia spaccando spalliere dei letti in luna di
miele ! Jacob smette di gridare “Al Lupo, Al Lupo” e amareggiato e
depresso abbandona anni di palestra e per buttarsi sui carboidrati.
Tutto sembra finito, ma dei valori del sangue sballati regaleranno
nuove sorprese al triangolo amoroso più tormentato della
storia…
The Artist: ovvero l’esaltazione dell’immagine cinematografica
Spesso la lingua e le parole non sono un
ponte di collegamento linguistico, piuttosto rappresentano un
limite, e la storia della torre di Babele ne è un esempio. Questo
Michel Hazanavicius l’ha intuito subito, e non solo ha cercato di
riportare noi, osservatori moderni, in un passato ormai quasi
dimenticato,
L’horror secondo Tagliavini e il cast di Bloodline
Alla Casa del Cinema
per la presentazione di Bloodline sono intervenuti
il regista Edo Tagliavini, i produttori di Opencinema – anche
autori del soggetto e di parte della sceneggiatura – Virgilio
Olivari e Mario Calamita, Giovanni Costantino di Distribuzione
Indipendente, gli attori: lo stesso Olivari, Francesco Malcom,
Paolo Ricci. Assenti invece Francesca Faiella e Marco
Benevento.
Bloodline: recensione del film
Sarà nelle sale italiane dal prossimo 9 dicembre Bloodline, primo lungometraggio di Edo Tagliavini, horror reduce dal successo al Tenebria Film Festival, che lo ha decretato Miglior Film. Il lavoro è simbolo della scommessa di OPENCINEMA sulla cinematografia di genere: un horror che attinge alla tradizione anni ’80 , riproponendone alcuni caratteri, ma allo stesso tempo vuole imprimere un’impronta personale al genere e modernizzarlo.
Inizialmente, infatti, sembra si tratti del classico film incentrato sulla figura del serial killer, mentre col procedere della narrazione si aggiungono elementi surreali in una contaminazione che punta ad accumulare anziché a sottrarre, e quasi a frastornare lo spettatore. Protagonisti sono Sandra (Francesca Faiella) e Marco (Marco Benevento), giornalisti mandati a filmare il backstage di un film porno “d’autore”. Non si gioca però sull’elemento pornografico: questa ulteriore contaminazione di genere viene adottata piuttosto come cornice, per sfruttarne il potenziale ironico e tenere viva l’attenzione dello spettatore nella parte centrale del film. Operazione che riesce abbastanza bene. Il set di Bloodline dove lavorano Sandra e Marco si trova nei pressi del luogo in cui, quindici anni prima, la sorella di Sandra è stata uccisa dal “Chirurgo”, serial killer che terrorizzava gli abitanti della zona. Il ritorno di Sandra in quei luoghi lo risveglierà, o meglio stimolerà qualcuno che oggi uccide al suo posto, dando il via a delitti efferati e aprendo la strada a un turbinio finale dove sembra non mancare proprio nulla: dalla follia che esplode ai corpi sfigurati e martoriati (con un occhio allo splatter), dai fantasmi agli zombi.
Per quel che riguarda il
coinvolgimento dello spettatore, gli esiti sono altalenanti: ad
esempio, la sequenza iniziale che rievoca il passato è molto ben
costruita, con atmosfere oscure e angoscianti che sono la premessa
adatta per la vicenda. Anche l’idea del climax, dell’accumulazione
finale ha un buon potenziale e le scelte di regia la sorreggono: da
tecniche di ripresa più classiche si passa alla telecamera a mano,
che alla fine dà il senso dell’ “impazzimento” (per le riprese si
utilizzano due macchine digitali). Molto efficace anche il
montaggio nel dare velocità e ritmo.
Forse però, complice anche la produzione a basso budget, la mescolanza di elementi horror, ghost, fantasy si è rivelata comunque ardua da tenere insieme e la capacità di coinvolgere emotivamente e spaventare lo spettatore non si è mantenuta costante fino alla fine. Dal punto di vista iconografico (il serial killer mascherato, il fantasma della bambina, gli zombi), poi, non ci sono grosse novità, anzi, come si è detto in conferenza stampa, c’è la volontà di richiamarsi esplicitamente a un tipo di rappresentazione già codificato nella filmografia precedente.
Bloodline riesce a essere nel complesso godibile perché, cosciente di alcuni limiti, è alleggerito da una costante vena ironica, evidente ad esempio nella caratterizzazione dei singoli personaggi (il protagonista e produttore del porno – Virgilio Olivari – con la sua “etica”, lo scambista di “larghe” vedute – Francesco Malcom – , il regista “rigoroso” – Paolo Ricci -, l’attore rumeno in cerca di rivalsa). Non solo i personaggi sono descritti con ironia dall’inizio, ma tutti svelano progressivamente nel corso del film la loro vera natura, dando spazio a risvolti divertenti. L’elemento divertente e divertito si rivela particolarmente appropriato a questo tipo di progetto. Efficaci le interpretazioni dell’intero cast, mentre maggiore attenzione avrebbero meritato i dialoghi per evitare qualche caduta. Ottima colonna sonora, che oltre ai Pazi Mine e agli Spiral 69, di cui Tagliavini ha curato alcuni videoclip, vede la collaborazione di Claudio Simonetti, fondatore dei Goblin e storico collaboratore di Dario Argento. Altra collaborazione eccellente quella di Sergio Stivaletti, già creatore di effetti speciali per lo stesso Argento, Michele Soavi, Salvatores, Lamberto Bava. I due contributi confermano ulteriormente la volontà di inserirsi a pieno titolo nella tradizione dell’horror, non disdegnando contaminazioni. Il film si rivolge certamente a un pubblico di appassionati del genere e punta al suo rilancio anche qui in Italia, sebbene per il momento guardi soprattutto al mercato internazionale.